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Lo scambio tra piano Marshall per il Sud e autonomia differenziata per il Nord messo così è la sintesi algebrica di due idiozie, una pentastellata l’altra leghista, che producono il solito pieno di parole al vento e la concreta polverizzazione dell’Italia.

Il primo (piano Marshall) ha senso se esprime un posizionamento strategico del Paese finalmente consapevole che se non vuole continuare con le crescite dello 0,1/0,2% (se tutto va bene) ha l’obbligo di porre come priorità economica condivisa la modernizzazione dell’ambiente infrastrutturale del Mezzogiorno. Non si tratta di fare un favore al Sud e di restituirgli il maltolto di spesa pubblica negli ultimi dieci anni – cosa tanto vera quanto miope tristemente accaduta – ma piuttosto di consentire al Nord di bloccare la spirale assistenzialista in cui si è avviluppato da solo facendo incetta di risorse pubbliche sottratte indebitamente alle regioni meridionali.

L’Italia tornerà a crescere per davvero e a contare qualcosa in Europa e nel mondo se recupererà alla frontiera della produttività e dell’attrazione di investimenti il suo Mezzogiorno e garantirà, in questo modo, ai prodotti ideati e fabbricati nel CentroNord un rilevante mercato di sbocco interno messo duramente a rischio dai saccheggi subiti. Con un reddito procapite del Sud che arrivasse a scendere sotto la metà di quello del Nord non solo non ci sarebbe più l’Italia ma crollerebbero consumi e reddito. Usciremmo definitivamente dal novero delle economie industrializzate.

La seconda (autonomia differenziata) ha senso se una discussione incanalata in un percorso istituzionalmente corretto potrà servire a garantire la ineludibile operazione verità sulla distorsione a favore dei ricchi operata attraverso il marchingegno della spesa storica e la ricostruzione puntuale dei flussi di spesa pubblica allargata che certifichi la violazione avvenuta dei principi fondanti costituzionali, contabili e federali.

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