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Giuseppe Conte

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C’è un Nord che nessuno vuole vedere ma esiste e “fabbrica” disastri assistenziali spendendo e spandendo con i soldi pubblici di tutti e, cosa ancora più grave, spesso sottraendo indebitamente risorse al Mezzogiorno per investimenti produttivi e spesa sociale. La relazione 2018 della Corte dei conti sugli “Organismi partecipati degli enti territoriali” è inequivoca: i quattro quinti delle perdite delle municipalizzate italiane, in termini quantitativi, sono prodotti dalle società controllate e partecipate di Regioni e Comuni del Nord; il 74% dei debiti è concentrato nella galassia di grandi e piccoli carrozzoni del Nord che alimentano la cassa pubblica del potere politico-imprenditoriale locale, un quarto del totale dei debiti appartiene alla Lombardia; tutte le partecipate del Nord contraggono (molti) più debiti e fanno (molte) più assunzioni delle consorelle del Sud, a loro volta in Calabria e Sardegna ancora meno produttive anche se su volumi di affari infinitamente più modesti.

Stendiamo un velo pietoso, in questa sede, sul proliferare sempre al Nord di nuove micropartecipate, filiate dalle società controllate, dove la politica locale continua a sistemare trombati e amici degli amici arrivando spesso a nominare consiglieri di amministrazione in numero superiore a quello dei dipendenti della società. Sempre per rimanere in Lombardia: le società controllate in perdita erano 114 nel 2014, sono diventate 126 nel 2016. 

Questi sono gli effetti nefasti di un federalismo con la pancia piena grazie al trucchetto della spesa storica che permette all’allegra brigata del Nord di aumentare, di anno in anno, tra un debito e l’altro, una assunzione in più e l’altra, i suoi “fatturati”  e di guadagnare, quindi, sempre più risorse scavate nelle pieghe del bilancio pubblico sottraendole alla spesa dovuta per asili nido, scuole, trasporti e sanità alle popolazioni meridionali.

Ricordate Cottarelli e le sue sane richieste di cura dimagrante nel variegato mondo delle municipalizzate e di enti regionali controllati, direttamente o indirettamente? Al posto di diminuire aumentano perché operano indisturbati fuori dal controllo centrale, per capire come si muovono e che cosa fanno bisogna aspettare i Conti Pubblici Territoriali che arrivano ovviamente qualche anno dopo a cose fatte.

Nel Veneto della sanità da 110 e lode raccontata dal suo Governatore, Luca Zaia, accade che una signora trevigiana, Luigina Sacco, per la precisione di Villorba, è bisognosa di terapia antalgica e chiede a novembre 2018 di poterne usufruire. Le dicono: entro 30 giorni la chiamiamo. La chiamano in questi giorni ma lei è morta da due mesi. Il marito Piercarlo, un uomo mite, dopo averla sepolta, va da Antenna 3, una emittente locale, e dice: mia moglie ha sofferto molto, con quella terapia avrebbe potuto soffrire molto di meno. Basta così.

Il ragionamento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che individua nel Mezzogiorno il posizionamento strategico della possibile crescita italiana e ne indica correttamente nel capitale umano, fisico, naturale e sociale le sue declinazioni possibili, è da noi condiviso in toto perché questo è lo spartiacque tra un progetto serio che si misura con la realtà e vuole fare le cose e il festival quotidiano delle parole al vento dove nulla accade e dove si sommano promesse di un baratto al ribasso che, per fortuna, resta sempre virtuale. Perché il piano Italia (non Sud) diventi realtà bisogna che il Parlamento conduca senza riguardi per nessuno quella imprescindibile operazione verità sulla spesa pubblica allargata che mette a nudo le mille storture assistenziali dei flussi diretti al Nord e uno squilibrio territoriale nella ripartizione che penalizza in partenza, in modo ingiustificato, venti milioni di persone.

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