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La clausola voluta da questo governo di riservare il 34% degli investimenti pubblici ordinari al Mezzogiorno è acqua fresca. Ha tanti limiti normativi incorporati. Riflette supina i diktat della politica del Nord. Non fa nulla per ridurre le diffuse debolezze amministrative locali. Diciamo le cose come stanno: non serve a nulla e, infatti, non produce nulla, non apre nemmeno un cantiere in più nelle regioni meridionali. Non siamo noi a sostenerlo, ma ovviamente con linguaggio e forme differenti, oltre che i necessari riferimenti giuridici, è l’ufficio parlamentare del bilancio (Upb) in un rapporto dedicato alla politica di bilancio 2020.

Come? Perché? Presto detto. Punto 1) La norma delimita l’ambito di sua applicazione alle risorse “per le quali non siano già previsti criteri o indicatori di attribuzione”. Punto 2) Il perimetro riguarda “le grandi imprese pubbliche nazionali”, ma si applica soltanto a “Anas e Ferrovie”. Punto 3) Vanno escluse le risorse del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie e quelle del fondo per lo sviluppo e la coesione. Punto 4) Vanno tassativamente non toccati i fondi per i quali è già presente “uno specifico vincolo territoriale”. Punto 5) Nessuna sanzione è prevista per chi non rispetta la clausola sulla quota riservata. Punto 6) Lo stanziamento di risorse nel bilancio dello Stato non è garanzia di erogazione effettiva.

Morale: su un totale disponibile di 52,2 miliardi nel 2020 le risorse oggetto di potenziale riparto territoriale si ridurrebbero a circa 9 miliardi e la quota ipoteticamente spettante al Sud sarebbe di circa 3. Avete capito bene: 3 miliardi su 52, sempre che allo stanziamento “predestinato” corrisponda poi un’erogazione effettiva. Cosa, peraltro, altamente improbabile considerando i ricorrenti vincoli di bilancio delle amministrazioni regionali meridionali e l’assenza di una macchina amministrativa dotata dei poteri necessari per coordinare e dare esecuzione ai programmi delle amministrazioni centrali e locali. Siamo, dunque, alla presa in giro. Ovviamente tutto ciò avviene in due Paesi separati che, per puro caso, si dividono una Penisola. Perché di questo si tratta se dobbiamo constatare che il Pil pro capite del Nord Ovest in termini nominali è di 36mila euro annui e quello del Sud di circa 19mila euro. Che cosa vogliamo aspettare ancora a lanciare il Progetto Paese dove chi governa ci mette la faccia e gli investimenti in infrastrutture si fanno negli unici territori che esprimono la crescita potenziale italiana? Vogliamo continuare a nasconderci dietro qualche normetta inutile?


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