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Mario Draghi

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Per dare credibilità e stabilità al Paese servono le riforme. Noi siamo fiduciosi in Draghi, ma deve finire l’azione scriteriata dei partiti di distrazione dai problemi veri. Entro martedì deve essere pronto il decreto Sostegni, mercoledì il decreto unico delle semplificazioni con dentro quelle amministrative, ambientali e dei beni culturali. Se qualcuno pensa di spacchettare il provvedimento finisce la semplificazione e si piomba nel caos. Poi nell’ultima settimana di maggio deve arrivare il decreto sulla nuova governance e sui reclutamenti per dare guida certa e intelligenze esecutive al processo che il Pnrr deve rimettere in moto. Entro giugno tutte le riforme basiche, a partire da quelle della giustizia, devono essere approvate dal consiglio dei ministri e in via di approvazione da parte delle commissioni parlamentari

I prezzi alla produzione in Cina hanno fatto un balzo all’insù del 6,8%. L’inflazione negli Stati Uniti in aprile è arrivata a salire fino al 4,2%. I tassi dei titoli pubblici italiani sono tornati a crescere e il Bund tedesco è pressoché a zero. I mercati si interrogano su queste infiammate inflazionistiche.

Sono temporanee e, cioè, dovute alla riapertura dell’economia del mondo dopo un anno e mezzo di chiusura? Sono dovute al fatto che riaprendo tutte insieme molte delle economie chiuse non trovano i chip per le auto? Che manca il palladio, che scarseggia il rame e che rischia di scarseggiare ancora di più per la crescita della domanda dei campi eolici? Che difettano, insomma, le materie prime e salgono i prezzi? Che, inevitabilmente, la ripresa dell’economia post pandemica non potrà non portare un po’ di inflazione?

La Federal Reserve, che è la banca centrale americana, crede che sia così, i mercati non ne sono così sicuri. Temono che ci siano fattori che rischiano di non essere temporanei che non è solo la carenza di lungo termine, non di breve, delle materie prime, ma anche un persistente carico cumulato di tutti gli stimoli fiscali e monetari messi in campo che portano a surriscaldare l’economia.

A quel punto, molto dipenderebbe dal lavoro perché se i tassi di disoccupazione restano alti, allora la fiammata inflazionistica non sarà strutturale perché nelle tasche delle persone non ci sono soldi da spendere e non si surriscalda un bel niente in quanto la ripresa dell’economia resterà debole. Probabilmente la verità sta nel mezzo, la crescita dell’inflazione è un po’ l’una (temporanea) e un po’ l’altra (strutturale).

Di certo la Lagarde ritiene per ora che la fiammata sia temporanea e prosegue con la Bce nella sua politica accomodante. Powell e la Federal Reserve non cambiano linea e fanno sapere che alzeranno i tassi solo quando l’America avrà riassorbito tutta la disoccupazione. Certo se l’inflazione dovesse arrivare al 6% le cose cambierebbero. Diciamo così, per capirci. Oggi il rischio vero è che l’inflazione sfugga di mano alle banche centrali. È un discorso globale che vale per tutti. Gli Stati Uniti sono partiti più velocemente prima e alla grande. L’Europa molto meno e molto più tardi. L’Italia è ancora il fanalino di coda con pezzi molto vitali di manifattura e, a situazione invariata, il divario tra il nostro Paese e l’Europa si allarga invece di restringersi. Serve “un’inversione a u”.

Il rischio che non possiamo permetterci di correre è che l’Europa riparta, che gli stimoli monetari vengano ridotti e noi siamo ancora indietro a ciarlare di migranti, dell’ora in più o in meno di coprifuoco, dei candidati per le elezioni autunnali nelle grandi città.

Tutto per noi dipende da quanto velocemente usciremo dalla campagna vaccinale, da quando finiranno le moratorie e da come si faranno i sostegni a ristoratori, proprietari di palestre e a tutti quelli colpiti frontalmente dagli obblighi di chiusura per cause pandemiche. Soprattutto, però, tutto dipende da quando, quanto e come partono gli investimenti pubblici del Recovery, se saremo capaci di mobilitarne di privati e se riusciremo così ad attaccarci al carro europeo. Altrimenti avremo perso la grande occasione. Noi siamo fiduciosi perché abbiamo fiducia in Draghi, ma deve finire l’azione scriteriata dei partiti di distrazione dai problemi veri.

Bisogna che entro martedì sia pronto un decreto Sostegni che funziona e che entro mercoledì prossimo arrivi il decreto unico delle semplificazioni con tutte le anime dentro. Che sono quelle amministrative, ambientali, digitali e dei beni culturali. Se qualcuno pensa di spacchettare il provvedimento finisce la semplificazione e l’itinerario spacchettato in diverse commissioni parlamentari produrrà inevitabilmente il caos impedendo financo di andare in porto alle finte semplificazioni spacchettate.

Viceversa il provvedimento deve essere unico e vero. Poi nell’ultima settimana di maggio deve arrivare il decreto sulla nuova governance e sul reclutamento. Per dare guida certa e intelligenze esecutive al processo che il Piano nazionale di ripresa e di resilienza deve rimettere in moto. Successivamente entro il 21 giugno tutte le riforme basiche, a partire da quelle della giustizia, devono essere approvate dal consiglio dei ministri e in via di approvazione da parte delle commissioni parlamentari di riferimento.

Tutto questo, alla voce fatti, serve per dare stabilità, credibilità e forza al Piano nazionale di Ripresa e di Resilienza italiano (Pnrr) e garantire tassi di crescita almeno spagnoli per i prossimi tre anni e per quelli successivi. Dobbiamo fare tutto presto e bene prima che finisca la bonaccia globale dei tassi che non è nelle nostre disponibilità. Non è importante che i partiti lo capiscano fino in fondo, l’importante è che non intralcino Draghi. Perché lui sa bene dove dobbiamo andare e è l’unico che può portarci fuori dal guado spaventoso in cui ci siamo infilati da soli.


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