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Draghi chiede conto sulla macchina esecutiva del Recovery Plan così come ha fatto per i decreti attuativi. Appare inconcepibile che si ipotizzi di fare un comitato di valutazione di impatto ambientale due e si impieghino mesi perché i dirigenti ministeriali specializzati in queste competenze sono dentro il comitato di valutazione uno e fanno la guerra a quello nascituro. Che cosa si aspetta a fare il comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici che è l’organo designato dove tutto si può accelerare?  Non devono saltare solo molti colli di bottiglia, ma va cambiata proprio la bottiglia

BISOGNA fare un controllo di chi ha fatto che cosa. La “frusta” che Palazzo Chigi ha usato con tutti i ministeri per i decreti attuativi che sono la spina nel fianco del  sistema Paese e misurano la miope farraginosità della nostra amministrazione, si risentirà con maggiore forza per i provvedimenti attuativi del Recovery Plan italiano. Perché se nel primo caso si rallenta la spesa di ciò che è stato deciso di spendere con soldi del bilancio pubblico italiano, nel secondo caso si rischia di fare sparire del tutto la spesa programmata perché scatta a rendicontazione verificata a partire addirittura dai singoli atti amministrativi preparatori. C’è, quindi, la probabilità concretissima che questi fondi europei di cui tutti parlano si volatilizzino prima di arrivare.

Girando l’Italia per presentare “Mario Draghi il ritorno del Cavaliere bianco” ho detto più volte che il Quotidiano del Sud-l’Altravoce dell’Italia è un impegno professionale troppo importante e una sfida che non si può perdere perché altrimenti avrei voluto mettere in scena un nuovo spettacolo teatrale e lo avrei intitolato “Soldi, soldi, soldi!”. Che rappresenta meglio di ogni altra considerazione tutto ciò che di sbagliato c’è nell’approccio italiano verso quella che è la prima prova di un’Europa finalmente solidale che fa debito comune per favorire la riunificazione delle due Italie e la sua crescita competitiva nei settori chiave della transizione ecologica e delle infrastrutture immateriali e materiali.

Abbiamo cominciato raccontando la favola “ho portato tutti questi soldi europei in Italia, siamo stati i più bravi” e così via omettendo di chiarire che abbiamo avuto da soli ciò che tutti insieme hanno avuto gli altri eccetto la Spagna per la semplice, esclusiva ragione che siamo il grande malato d’Europa e alla Ricostruzione italiana con la conseguente risoluzione dell’unico grande squilibrio territoriale europeo sopravvissuto a tutto e a tutti, è legata la sola possibilità della ripartenza europea.

Sotto le insegne di un assetto federale  finalmente compiuto dove politica economica, difesa, esteri esprimono sempre più un sistema di governance europea integrato. Capirete che se questa è la sfida tutto ci possiamo permettere meno che di lasciare in mano ai burocrati di prima centrali e regionali con le teste di prima l’attuazione del piano italiano di Next Generation Eu e che un ricambio di mentalità di analoga dimensione quantitativa e qualitativa deve riguardare tutte le autorità cosiddette indipendenti e tutte le giustizie a partire da quelle amministrative e contabili fino a quelle civili e penali.

Questa è la portata autentica della sfida che abbiamo davanti e in questa direzione si muovono le riforme di struttura già approvate dal governo Draghi che riguardano le semplificazioni, i reclutamenti nella pubblica amministrazione e la governance del Next Generation Eu.    

Tutto bene fino ad ora, ma adesso viene il bello. Per questo tutti i ministeri sono stati invitati a indicare un loro rappresentante per la cabina di regia che farà il monitoraggio sulle procedure di attuazione dei singoli provvedimenti. Per questo del tema se ne parlerà molto probabilmente già in consiglio dei ministri e nella prossima cabina di regia. Per le amministrazioni ministeriali e quelle regionali si avvicina l’ora della verità. Se continueranno  a giocare con le unità di missioni, mille formalismi, e i loro calcoletti che a livello regionale diventano la difesa organizzata di interessi individuali, non andiamo da nessuna parte. Come si è cercato di dare una spinta ai decreti attuativi che oggettivamente c’è stata, ancorché insufficiente, un modello analogo di efficacia sicura con poteri assoluti di richiamo dovrà essere utilizzato sul fronte dell’attuazione del piano europeo.

Ai nostri occhi appare semplicemente inconcepibile che ci sia un ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili che passi il tempo a rilasciare interviste in cui annuncia l’apertura di cantieri che restano chiusi e non trova il tempo di varare il  Comitato speciale del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici che è l’organo tecnico designato dove tutte le procedure esecutive vengono accelerate e ristrette. Possiamo andare avanti con lo stesso ministro che continua a fare bandi di gara regionali per asili nido e opere varie che devono fare i comuni con soldi europei decisi da un programma nazionale? Perché si vuole ostinatamente coinvolgere l’unica istituzione, quella regionale, che non c’entra niente, ignorando che i comuni hanno già detto  che con questa trafila non riusciranno a spendere un euro?

Così come ai nostri occhi appare inconcepibile che si ipotizzi di fare un comitato di valutazione di impatto ambientale due e si impieghino mesi perché i dirigenti ministeriali specializzati in queste competenze sono dentro il comitato di valutazione di impatto ambientale uno e fanno la guerra a quello nascituro. Non sarebbe stato, forse, meglio intervenire lì sul primo comitato cambiando regole, poteri e procedure? Non siamo davanti all’ennesimo collo di bottiglia italiano, qui manca proprio la bottiglia.

Abbiamo troppa fiducia in Mario Draghi per pensare che il gioco di squadra che ha segnato la prima fase riformista si blocchi davanti al muro delle consorterie burocratico-politiche italiane tanto incapaci quanto rocciose nella difesa dei propri minuti interessi. Si ricordi, però, anche Draghi che non devono saltare solo molti colli di bottiglia, ma che va cambiata proprio la bottiglia. Anche la pubblica opinione deve esserne consapevole e dare una mano perché il cambiamento di cui abbiamo bisogno è di sostanza, non di facciata, e l’intero Paese deve desiderare e condividere lo sforzo comune.


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