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Joe Biden e Mario Draghi

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Ogni giorno si allarga di un po’ il campo di guerra. Ogni giorno si allarga di un po’ il campo di scontro militare e economico. Ogni giorno si allarga di un po’ lo scontro di civiltà tra mondo libero e mondo autocratico. La posizione di Draghi nel suo rapporto speciale con gli Stati Uniti è un punto di forza assoluto per l’Italia e per l’Europa in questa grande guerra delle materie prime e di conflitto di civiltà tra democrazia e autocrazia. Siamo di fronte a un problema di potenze mondiali dentro una nuova organizzazione mondiale in divenire e c’è chi pensa in Italia di continuare a fare propaganda politica. Non è più tempo di neutralismi. Siamo parte di quel sistema occidentale, americano e europeo, che è ancora l’avanguardia economica e civile del mondo. Non siamo la Svizzera e non possiamo stare in piedi da soli

La partita di Putin sul gas può diventare una cosa seria e, anche se i mercati non ci credono, non va sottovalutata. Si è cominciato a giocare con i Paesi periferici, Polonia e Bulgaria, in mattinata c’è stata per la verità una riduzione di flussi anche verso l’Italia subito rientrata. Il senso di queste operazioni da parte di Mosca è quello di avvertire un po’ tutti i Paesi europei.

Attenti a non esagerare con frasi tipo “lavoriamo tutti per sottrarci alla dipendenza russa, lavoriamo tutti per dare armi a Kiev”. I mercati, ripetiamo, non credono all’escalation della guerra russa del gas e si fermano tutti sopra la parità perché ritengono che il canale finanziario adottato del doppio pagamento – io ti pago in euro e tu sullo stesso conto con il tuo intermediario lo converti in rubli – soddisfi le esigenze finanziarie di Putin. Che sono quelle del capo assoluto di un Paese che ha sempre più problemi economici e ha un disperato bisogno di vendere gas e di avere rubli. Perché l’isolamento produttivo e finanziario dal mondo occidentale e l’esaurimento delle riserve sopravvissute ai tagli europei e consumate a comprare rubli per difendere la moneta, cominciano a produrre effetti seri. Abbiamo il rublo che è tornato a riprendere quota, ma abbiamo anche finito i rubli che ci permettono di comprare e fare salire le sue quotazioni. Anche perché non si può stampare moneta all’infinito.

Ciò che impressiona davvero è che ogni giorno si allarga di un po’ il campo di guerra. Ogni giorno si allarga di un po’ il campo di scontro militare e economico. Ogni giorno si allarga di un po’ lo scontro di civiltà tra mondo libero e mondo autocratico con la Cina che di certo non ne può più dei problemi che questa guerra russa produce alla sua economia aggiungendosi a quelli da Covid zero con i suoi lunghi lockdown. Questa guerra mette a rischio o no il commercio internazionale cinese? Fa crollare o no la sua crescita dando un bell’aiuto, al lockdown, in termini di peggioramento del quadro economico presente e di aspettative sul futuro perché la guerra rende sempre tutto più drammatico? Alla fine sono sempre loro, Cina e America, che dovranno prendere in mano questa matassa intricatissima e provare a sbrogliarla.

Proprio per questo, però, la posizione di Draghi nel suo rapporto speciale con gli Stati Uniti, frutto di stima vera per quello che lui ha fatto nella sua vita, è un punto di forza assoluto per l’Italia e per l’Europa in questa grande guerra delle materie prime e di conflitto di civiltà tra democrazia e autocrazia. La visita di Draghi a Washington subito dopo il nove maggio russo di Putin è un punto di forza, non di debolezza.

Siamo di fronte a un problema di potenze mondiali dentro una nuova organizzazione mondiale in divenire e c’è chi pensa in Italia di continuare a fare propaganda politica. Questo la gente che ha più sale in zucca dei capi dei partiti populisti lo capisce al volo ed è questo il motivo per cui guarda con simpatia a chi, come Draghi, sa fare politica internazionale e, prima degli altri, ha scelto tra chi vuole tenere in piedi Putin e l’egemonia cinese secondo uno schema che la storia europea non regge più e chi invece ha capito subito di fare sponda, guidandola, sull’Europa e sulla comunità europea assolutamente schierate con l’America per ragioni geopolitiche che chi sa come e dove si fa politica non può ignorare.

La riproposizione delle vecchie stupidaggini di correre dietro alle pulsioni che ci sono in una parte del Paese che le ha assorbite in quasi sessant’anni di populismo dal ’68 in poi è l’alternativa a tutto ciò e, purtroppo, non è solo l’espressione di un diverso modo di pensare. Legata a questa prospettiva c’è l’alternativa eterna di una Italia che sta fuori da tutto e, soprattutto, di un’Italia neutralista che non si vuole identificare con l’Occidente a guida americana e, tanto meno, si può identificare con la Russia dopo gli orrori in Ucraina e con la stessa Cina. Un’Italia che ripropone oggi la vecchia lezione della terza forza o della terza via di berlingueriana memoria esprime l’eterna illusione di inseguire uno spazio che non c’è.

Perché quando c’è lo scontro di civiltà, come ha anche ieri da Strasburgo acutamente risottolineato Mattarella, non ci sono più per l’Italia né uno spazio politico né uno spazio economico per chiuderci in noi stessi. Perché viceversa siamo costitutivamente parte di quel sistema occidentale, americano e europeo, che è ancora l’avanguardia economica e civile del mondo. Non siamo la Svizzera e non possiamo stare in piedi da soli.


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