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Sono gli stati di avanzamento dei lavori da venti anni il problema italiano. Sono oggi il problema numero uno del Mezzogiorno che coincide con il problema numero uno della rinascita italiana. Il governo non si può lavare le mani dall’onere assoluto di garantire il massimo di consulenza tecnica affinché progettazione e esecuzione diventino realtà anche quando i soggetti attuatori sono Regioni, Comuni, Università del Mezzogiorno. Allo stesso tempo, però, in modo assoluto e addirittura preliminare le classi dirigenti politiche e amministrative delle regioni meridionali devono almeno avere la decenza di cambiare registro. Non se ne può più di chi continua a perdere tempo, quasi sempre sbagliando i conti, per dire che il Sud ha avuto meno di quello che gli spetta senza neppure rendersi conto che si è avuto come non mai nell’intera storia repubblicana e non si è capaci di spendere

SOLDI, soldi, soldi! Si parla solo di soldi europei che piovono dal cielo, i 191 miliardi del Next Generation Eu. Siamo ai riti propiziatori di una follia collettiva perché la manna piova in questo o quel territorio. Se continua così si arriverà a prenotarli per pagare il conto del meccanico o dell’idraulico o, magari, per poterli depositare direttamente sui propri conti correnti. Non si parla mai di debiti che gravano sulla testa di ognuno di noi perché abbiamo il primato di un debito pubblico italiano che ammonta alla modica cifra di 2700 miliardi.

Qui soffriamo di amnesia. Collettiva come la follia. Si parla con disinvoltura di soldi che non abbiamo avuto e che avremo invece solo se saremo capaci di spenderli. Si parla enfaticamente di soldi che si sarebbero strappati in sede europea come trofeo politico senza mai avere l’onestà di chiarire che questi soldi in parte a  fondo perduto in parte a tasso di favore ci sono stati assegnati come atto dovuto perché siamo portatori dell’unico grande problema di squilibrio territoriale irrisolto in Europa. Ci dimentichiamo sistematicamente di dire che questi soldi sono legati a emissioni di bond della Commissione europea che vanno collocati sul mercato e ne avranno il gradimento se il mercato capirà che a fronte di quei bond ci sono reali avanzamenti degli stati di lavoro delle opere capaci di colmare i divari strutturali nel capitale umano come nelle infrastrutture immateriali e materiali tra Nord e Sud del Paese.  Ce li danno se facciamo quello che fino a oggi non siamo stati capaci di fare.

Questo significa occuparsi con serietà di rinascita. Abbiamo centrato tutti i 51 target dell’anno scorso e faremo altrettanto per i 100 di quest’anno. Dove non arriveremo a essere tecnicamente inappuntabili coprirà la garanzia di credibilità  di Draghi che assicurerà che centreremo gli obiettivi e verrà creduto. Attenzione, però, oltre gli interventi di sistema assolutamente rilevanti come le riforme fatte da rendere esecutive e quelle ancora da fare, in questi due anni siamo ancora nella doppia fase già problematica della assegnazione delle risorse e delle aggiudicazioni delle gare, ma ciò che sarà decisivo non sono né la prima né la seconda quanto piuttosto la capacità reale di trasformare quei soldi europei e quelle aggiudicazioni prima in buoni progetti, poi in cantieri aperti, infine in opere realizzate.

Sono gli stati di avanzamento dei lavori da venti anni il problema italiano. Rappresentano ancora di più con tutta evidenza il problema di oggi. Sono, a maggior ragione, il problema numero uno del Mezzogiorno che coincide con il problema numero uno della rinascita italiana. Non ne possiamo proprio più di questi ragionieruncoli delle quote che in modo immorale continuano a perdere tempo, quasi sempre sbagliando i conti, per dire e ridire che il Sud ha avuto meno di quello che gli spetta senza neppure rendersi conto che in venti mesi venti per il Sud alla voce infrastrutture si è avuto come non mai nell’intera storia repubblicana e si è speso pressoché zero euro, per la precisione 198 milioni per la rete ferroviaria italiana su progetti già avviati con la legge obiettivo.

Sì,  avete capito bene, questa è la realtà. Si continua a mistificare, dico mistificare, su numeri e assegnazioni trasparenti del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che attribuiscono da un minimo del 40% a un massimo del 55/60% a seconda dei capitolati di spesa a un territorio che è pari al 28% di quello nazionale. Si attua con ancora più forza in questa Nuova Ricostruzione la coerenza meridionalista degasperiana del Dopoguerra che determinò l’unico, vero, grande miracolo economico italiano. Si continua a mistificare ignorando che  per assegnare al Mezzogiorno oltre 2 miliardi per rifare gli asili nido il ministero dell’Istruzione si è dovuto inventare un bando su misura dei Comuni del Sud fatto interamente dagli uffici centrali del ministero. Perché altrimenti non si sarebbe visto proprio niente e si sarebbe continuato con le disparità di sempre per cui a Reggio  Emilia gli asili nido pubblici sono 157 e a Reggio Calabria 3. Non è possibile continuare questa commedia degli equivoci su numeri e comportamenti.

Bisogna dire con forza che il Pnrr riscatta i torti di venti anni di spesa storica che in modo miope ha dato ai ricchi togliendo ai poveri come ha documentato questo giornale in assoluta solitudine e fino alla nausea. Perché il disonore di chi si è macchiato di queste gravissime responsabilità deve essere pubblico e fornire base comune di un sentimento di rinascita etico prima ancora che morale.  Un sentimento che ha nella ripartizione geografica delle risorse del Pnrr la sua prova di verità, ma deve tradursi in cose che si toccano, in fatti che avvengono. Bisogna, a questo punto, con la medesima forza che dà a Cesare quel che è di Cesare, ribadire che il governo non si può lavare le mani dall’onere assoluto che ricade su di esso di garantire il massimo di consulenza tecnica affinché progettazione e esecuzione diventino realtà anche quando i soggetti attuatori sono Regioni, Comuni, Università del Mezzogiorno.  Allo stesso tempo, però, in modo assoluto e addirittura preliminare le classi dirigenti politiche e amministrative delle regioni meridionali devono almeno avere la decenza di cambiare registro.

È intollerabile che si dia finalmente e giustamente, priorità assoluta a Regioni come Sicilia, Campania, Puglia nella assegnazione delle risorse sanitarie e capi e capetti di questi territori passino il tempo a consumarsi in logoranti battaglie di fazioni politiche l’una contro l’altra armata. Sulla sanità che è il capitale pubblico dei bilanci regionali la guerra costante tra fazioni a Palermo come a Napoli e a Bari non ha l’obiettivo di migliorare la qualità del servizio sanitario regionale e di fare gli investimenti necessari, ma piuttosto di prenotare bottini finanziari da sventolare come trofeo elettorale e da spendere all’occasione per fare i soliti piaceri agli amici degli amici. Questo non è più tollerabile. Perché le diseguaglianze frenano lo sviluppo e vanno rimosse mettendo a disposizione la cassa fino a oggi indebitamente sottratta, ma se chi beneficia di risorse da impiegare in questa direzione non si dimostra all’altezza di superare i suoi ritardi la cassa non serve a niente.

Siccome di altre casse non ce ne saranno più è bene cogliere questa occasione per dimostrare di essere capaci di organizzarsi per progettare e spendere meglio di tutti. Altro che continuare a elemosinare spiccioli quando sono stati consegnati forzieri.


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