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Il Btp decennale arriva fino a un rendimento dell’1,90%. Siamo davanti a un piano inconsapevole per fare saltare il titolo Italia messo in campo da capi partiti in forte difficoltà della coalizione di maggioranza che per mera propaganda si rifiutano di prendere atto che la stagione della spesa pubblica facile è finita. Fanno un gioco contro l’Italia nelle battaglie decisive del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e del nuovo Patto di stabilita europeo senza neppure rendersene conto. Fanno finta di ignorare che il Pnrr esiste per risolvere il problema dell’Italia e che il nuovo patto di stabilità europeo esiste come discussione per risolvere il problema dell’Italia. Si muovono a tutto campo, di fatto riuscendoci, per bucare le ruote della macchina Italia ai nastri di partenza del suo doppio Gran Premio della vita. La soluzione del problema del gas è europea e si chiama Nord Stream 2. In Italia si deve fare il giusto senza sforamenti e ricordarsi la lezione del 2011

Siamo tornati a ballare con il titolo Italia come avevamo ampiamente previsto. Siamo tornati ai massimi dell’estate del 2020 con il Btp decennale che arriva fino a punte dell’1,90% di rendimento e uno spread che supera quota 166 e poi ridiscende ma viaggia con un 10% di variazione all’insù da inizio anno.

Siamo tornati alla reputazione di quando eravamo in pieno lockdown e non sapevamo nemmeno come uscirne. Quando il Piano nazionale di ripresa e di resilienza era ancora un oggetto misterioso e tutti scommettevano sulla nostra incapacità di mettere su una proposta organica di Piano Italia.

Eravamo stati molto chiari, appena finisce il periodo bello iniziano i guai: quando la Lagarde smentisce il comunicato stabilizzatore della Bce che presiede, fa intendere che non esclude di alzare i tassi entro quest’anno e si affretta a precisare che prima di alzare i tassi terminano gli acquisti di titoli pubblici, il mercato mette sotto osservazione di nuovo l’Italia e iniziano i nostri guai. Anche se la Lagarde poi si ri-corregge.

Lo avevamo detto e lo ripetiamo: quando si rialza il vento dei mercati, noi paghiamo dazio doppio. Perché abbiamo il debito pubblico più pesante di tutti. Perché si è giocato con la disinvoltura dei dilettanti di provincia sulla forza internazionale della carta Draghi. Perché si fa fatica a capire che non esiste il salvatore della patria, anche se si chiama Draghi, ma può solo esistere un paziente lavoro di squadra condotto da un allenatore rispettato nel mondo per fare l’esatto contrario di tutto quello che si è fatto negli ultimi venti anni e, in modo particolare, nei primi due e qualcosa di questa legislatura. Temevamo allora e temiamo ancora di più oggi che ci sia un piano inconsapevole per fare saltare il titolo Italia messo in campo da capi partiti in forte difficoltà della coalizione di maggioranza che per motivi di mera propaganda si rifiutano di prendere atto che la stagione della spesa pubblica facile è finita.

Questo è il punto strategico che tutti ignorano o fanno finta di ignorare. Draghi e Franco hanno messo su una diga che è fatta di un rapporto debito/pil che ridiscende brutalmente nell’anno peggiore da verso 160 a verso 150 e forse un po’ sotto e di un deficit che avrebbe dovuto superare il 9 e si ferma al 5,6%. Hanno potuto fare tutto ciò grazie al successo della campagna di vaccinazione che ha consentito la ripartenza dell’economia in sicurezza prima degli altri e ha consentito dopo mezzo secolo di fare una crescita (6,5%) con tassi da miracolo economico. Si è mostrato anche in termini quantitativi qual è l’unica strada percorribile da parte dell’Italia per uscire dalla grande crisi del nuovo ’29 mondiale e si avrà nella capacità di attuazione del Pnrr a partire dalla velocizzazione della macchina pubblica degli investimenti l’unica concreta possibilità di proseguire su quella stessa strada.

A fronte di tutto ciò assistiamo sconvolti alla riffa propagandistica degli scostamenti di bilancio che taglia le gambe all’Italia mandata in scena da Salvini, Conte mezzo destituito, e chi più ne ha più ne metta tra correnti e sottocorrenti di partiti e partitini. Si confonde un problema reale globale, il caro energia, con un problema domestico. Per cui si invocano sforamenti di bilancio italiano di 30 e passa miliardi senza nemmeno un ghigno di risata vista la nostra situazione di finanza pubblica e di mercati quando è noto a tutti che la soluzione non può che essere europea. La borsa dei conti pubblici in Italia va aperta subito e in modo mirato per le emergenze più importanti, ma dall’incubo reale di una brutale recessione per tutti si esce facendo ragionare la neoministra degli Esteri verde tedesca e lo stesso Biden affinché la smettano di continuare a giocare sulla pelle di tutti gli europei. Non può essere consentito a nessuno di congelare gli effetti benefici di 11 miliardi di investimenti fatti rinviando la messa in azione del gasdotto Nord Stream 2 che permette di aumentare di cinque volte l’offerta di gas in Europa calmierando fortemente il prezzo.

Ci ritroviamo invece a fare i conti con una classe politica presuntamente di governo che gioca sistematicamente contro l’interesse dell’Italia. Fanno un gioco contro l’Italia nelle battaglie decisive del Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) e del nuovo Patto di stabilità europeo senza neppure rendersene conto. Fanno finta di ignorare che il Pnrr esiste per risolvere il problema dell’Italia e che il nuovo patto di stabilità europeo esiste come discussione per risolvere il problema dell’Italia. Fanno finta di dimenticarsi che l’Italia è il grande malato d’Europa e si muovono a tutto campo, di fatto riuscendoci, per bucare le ruote della macchina Italia ai nastri di partenza del suo doppio Gran Premio della vita.

Non sanno, non capiscono, giocano inconsapevoli con lo spread che è il misuratore della credibilità del Paese e determina i tassi che tutti gli italiani devono pagare per collocare sul mercato i titoli pubblici che a loro volta servono per pagare gli stipendi e le pensioni ai dipendenti pubblici e al funzionamento della macchina statale e territoriale. Siamo davanti a comportamenti che assomigliamo a quelli di chi ti dice che i vaccini non valgono perché ci sono i contagi.  Siamo davanti a comportamenti che ignorano che quasi il 30% dei titoli del debito pubblico italiano è comprato dalla BCE e questo da fine anno o da giugno non avverrà più, che un altro 30% è detenuto da istituzioni finanziarie internazionali e che il restante 40% è in mano a banche e assicurazioni italiane con al suo interno una quota retail che appartiene alle famiglie di poco più del 5%.  Capirete da soli che se non dimostriamo di tenere sotto controllo la dinamica del debito la fiducia degli investitori internazionali crolla e il peso che si scarica sugli investitori finanziari italiani è così elevato da incidere perfino sul finanziamento già problematico delle imprese italiane e, quindi, della crescita del Paese.

In questo contesto delicatissimo può addirittura accadere che ci sia qualcuno che dica a Draghi di avere più coraggio negli stanziamenti pubblici contro il caro energia, ma siamo nel mondo al contrario dove si vuole continuare a muoversi con parametri irrealistici mentre stiamo andando verso un nuovo patto di stabilità europeo che adotterà parametri realistici e punirà con sanzioni vere i Paesi che non li rispetteranno come rischia di fare prima tra tutte l’Italia se dovessero prevalere le spinte populiste. Ci mettiamo a sforare i conti e facciamo, cioè, l’esatto contrario di quello che serve oggi all’Italia perché l’Europa accetti la proposta franco-italiana di un’agenzia che condivida i debiti da Covid e perché la Germania accetti una pur parziale condivisione del rischio. Non si sottovaluti quello che sta accadendo da inizio anno con lo spread. Anche qui lo abbiamo detto e lo ripetiamo: fa sempre così. Prima bolle un po’ e lo fa sempre un po’ di più di settimana in settimana delineando una traiettoria di costante risalita, poi a un certo punto come con la pentola a pressione il coperchio salta e esce tutto fuori. È esattamente quello che è accaduto con il tracciato dello spread da marzo a dicembre del 2011 quando l’Italia è arrivata a un passo dal default sovrano argentino. Allora a tirarci fuori dal baratro con più di una gamba già dentro fu l’atto risolutore della crisi dell’euro compiuto da Mario Draghi in assoluta solitudine nel luglio del 2012 come presidente della Bce. Se almeno in questo campo i partiti e i megafoni mediatici di contorno si fidassero un po’ di più il cambiamento strutturale del Paese avrebbe qualche possibilità di successo in più.  Dubitiamo di questa consapevolezza, ma tenacemente la auspichiamo.


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