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La realtà che tutti fanno finta di ignorare è che il primo partito che si mette a parlare con il Paese, che ha donne e uomini che si mettono ad ascoltare la gente, ha già vinto. Come si può pensare che vada a votare un Paese che non ha più un parlamentare con l’ufficio nel suo collegio? Uno schema maggioritario sul territorio come quello con i sindaci va benissimo. Ciò cheè necessario per un Paese è che il primo che arriva comandi per cinque anni. A pensarci bene, il ritardo della politica italiana è lo stesso che mostrano con le loro paure Olanda e Germania in sede europea, così come a livello di G7, nello stringere intorno a Putin il cappio del tetto al prezzo massimo di gas e petrolio. Questa guerra mondiale a pezzetti esige visione e capacità di azione comuni da parte del mondo occidentale distinguendo tra Russia e Cina, capendo i problemi di India e Africa e agendo di conseguenza

È cominciato un mescolone interessante della politica italiana che si vuole molto riduttivamente legare a un problema vero dei Cinque stelle. La realtà che tutti fanno finta di ignorare è che il primo partito che si mette a parlare con il Paese, che ha donne e uomini che si mettono ad ascoltare la gente, ha già vinto. Come si può pensare che vada a votare un Paese che non ha più un parlamentare con l’ufficio nel suo collegio? Come un cittadino può ancora pensare che la politica affronti i suoi problemi se non sa neppure con chi parlare?

Non si fa la riforma elettorale perché quelli che debbono cambiare si “suiciderebbero” politicamente e, con loro, tutti i nominati che fanno parte della corte personale di ognuno di loro. Uno schema maggioritario sul territorio come quello con i sindaci va benissimo. È chiaro chi è il sindaco, dura cinque anni di sicuro, ciò che è necessario per un Paese è che il primo che arriva comandi per cinque anni. Questo, che è fondamentale in democrazia perché funzioni, perché si mettano insieme solidarietà e efficienza, nessuno lo ritiene più possibile per le elezioni politiche. Nemmeno intellettualmente lo si ritiene più possibile. Il combinato disposto tra la scissione dei Cinque stelle, i risultati elettorali, la rissa a destra, ci si chiede, farà pur muovere qualcosa?

È possibile gettare un ponte tra un Paese esportatore che fa faville, parliamo di giugno di quest’anno, non del 2021, e una politica che decide di fare propria l’agenda di riforme del governo Draghi e decide convintamente di cambiare la sua macchina pubblica perché gli investimenti pubblici finalmente si attuino e quelli privati si moltiplichino? Che cosa ci vuole a capire che se il turismo va come non è mai andato, l’edilizia è ai livelli post bellici e i servizi sono in pieno boom si deve essenzialmente al tasso di fiducia che i cittadini ripongono in Draghi e alla credibilità che ha saputo restituire al suo Paese a livello internazionale?

È così difficile capire che se il filo della nostra economia, che cresce più di Stati Uniti e Francia, e marcia addirittura a un ritmo più che doppio di quello tedesco, non si è spezzato, è proprio perché il sistema produttivo fa i conti con i rischi innescati dalla guerra di Putin all’Ucraina ma ha fiducia che a livello europeo o interno Draghi saprà gestire questo passaggio delicatissimo? A pensarci bene, il ritardo della politica italiana è lo stesso che mostrano con le loro paure Olanda e Germania in sede europea, così come a livello di G7, nello stringere intorno a Putin il cappio del tetto al prezzo massimo di gas e petrolio facendo cartello e cercando le modalità più opportune.

Anche un bambino ha capito che Putin usa taglio delle forniture e giochetto sui prezzi per finanziare la sua guerra e i suoi disegni di espansione. È evidente che ulteriori esitazioni a livello europeo, nel caso olandese addirittura per motivazioni pelosissime legate agli indebiti vantaggi che traggono dalla speculazione, riporterebbero in auge i populisti nelle comunità dei principali Paesi europei e farebbero tornare indietro le lancette della storia. Significherebbe che le democrazie perdono e le autocrazie vincono. Dietro alla guerra contro la speculazione energetica di natura politica si combatte una battaglia di democrazia che, se non vinta, se non combattuta distinguendo tra Russia e Cina, capendo i problemi di India e Africa e agendo di conseguenza, può spingere paradossalmente i Paesi proletari di tutto il mondo a unirsi. Questa guerra mondiale a pezzetti esige visione e capacità di azione comuni da parte del mondo occidentale.


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