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Il saluto di Mario Draghi alla Camera dei Deputati

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Chiunque vincerà si troverà davanti a una prova del fuoco terribile. Dovrà di sicuro fare la legge di bilancio più difficile degli ultimi dieci anni. Vogliamo avvisare tutti ora, prima settimana di agosto, perché la distanza tra il linguaggio della irrealtà della campagna elettorale in corso e la realtà con cui si dovrà misurare chi stapperà la bottiglia di spumante della vittoria assume giorno dopo giorno misure addirittura stellari. Questo tipo di atteggiamento inquieta e deve mettere in guardia gli elettori perché il tasso di comprensione della realtà e di responsabilità in chi si candida a guidare la barca italiana è oggi un elemento decisivo. Si tratterà di fare una politica espansiva e di sostegno all’economia senza risorse perché gli spazi fiscali sono compressi e il quadro internazionale obbliga a fare la prima manovra espansiva non aiutata dalla politica monetaria e non aiutata dall’economia. L’unico alleato vero del prossimo governo è l’eredità del governo Draghi. Che si misura anche con gli investimenti che crescono più al Sud che al Nord.

Siamo stati i primi in assoluta solitudine a cercare di aprire gli occhi a chi proprio non voleva vedere. Non è vero, avevamo l’ardire di argomentare, che avremmo avuto un primo semestre 2022 in recessione profonda o quanto meno tecnica, come tutti sostenevano, ma piuttosto la migliore crescita europea addirittura superiore a quella cinese sulla base di evidenze empiriche nettissime. Avevamo ragione noi. Perché un anno e mezzo con una crescita 2021 del 6,6% e una crescita di un altro 4,6% sul 6,6% storico dell’anno precedente alla fine del primo semestre 2022 sono dati che permettono all’Italia di raggiungere e superare i livelli pre Covid come la Germania e i principali Paesi europei ancora si sognano di fare.

Soprattutto sono dati che misurano l’entità dell’abbaglio dell’informazione specializzata italiana, e ancora di più del ruolo deleterio sganciato dalla realtà svolto da un certo mondo politico, televisivo, di una parte del sindacato e della rappresentanza produttiva, che hanno contribuito attivamente tutti insieme a nascondere la realtà. Hanno ridotto gli effetti benefici del moltiplicatore della fiducia collettiva che alimenta i consumi e fa correre le economie di tutto il mondo. Riteniamo che questi comportamenti in modo cumulato integrino le responsabilità di un attentato al bene comune che pagano tutti gli italiani.

Vogliamo provare ora di nuovo a aprire gli occhi a chi si contende il governo della Repubblica italiana e a chi con il suo voto dovrà sceglierli. Come? Dicendo semplicemente la verità. Chiunque vincerà si troverà davanti a una prova del fuoco terribile. Dovrà di sicuro fare la legge di bilancio più difficile degli ultimi dieci anni. Vogliamo avvisare tutti ora, prima settimana di agosto, perché la distanza tra il linguaggio della irrealtà della campagna elettorale in corso e la realtà con cui si dovrà misurare chi stapperà la bottiglia di spumante della vittoria assume giorno dopo giorno misure addirittura stellari. Questo tipo di atteggiamento inquieta e deve mettere in guardia gli elettori perché il tasso di comprensione della realtà e di responsabilità in chi si candida a guidare la barca italiana è oggi un elemento decisivo.

Si tratterà di fare una politica espansiva e di sostegno all’economia senza risorse perché gli spazi fiscali sono compressi e il quadro internazionale obbliga a fare la prima manovra espansiva non aiutata dalla politica monetaria e non aiutata dall’economia. Perché ti troverai a fare i conti con la crescita zero della Germania che con il suo mercato interno bloccato è il primo campanello d’allarme per l’interscambio commerciale italiano, rappresenta il nostro principale mercato di destinazione. Perché la catena di valore cinese messa a dura prova dalla politica zero Covid a noi fa danni. Perché la bolla monetaria degli Stati Uniti nonostante continuerà a buttare soldi nella sua economia produce comunque sempre a noi altri danni.

Perché la domanda interna italiana è a forte rischio a causa di caro inflazione e di crisi di fiducia dovuta alla caduta del governo Draghi nel quale famiglie e imprese hanno molto creduto, come dimostrano i comportamenti dei consumatori e delle imprese in questo anno e mezzo.

Il risveglio dalle elezioni per molti dei vincitori, in particolare quelli populisti mascherati oggi in misura differente nei due schieramenti in corsa per il governo del Paese, sarà come passare in un giorno solo dai sogni della adolescenza al mondo della realtà e alle sue rigidità su cui si vanno a infrangere i tuoi sogni. Parliamoci chiaro. Chi vince le elezioni del 25 settembre non avrà più marchi da vendere in quanto appariranno subito tutti contraffatti. Perché dal giorno dopo della vittoria chi governa sarà costretto a dovere usare le leve dell’economia con circa un punto in più di deficit di partenza per l’abbassamento del Prodotto interno lordo (Pil) e il raffreddamento potente dell’economia globale.

Tutto avverrà in contemporanea con lo stappo delle bottiglie della vittoria perché quello è il momento in cui l’economia avrà acceso il freno e chi ci governa dovrà fare l’esatto contrario di quello che fu costretto a fare Monti che vuole dire non rinunciare a una legge di bilancio espansiva ma con tutto contro per farla. Capite la delicatezza della situazione.

L’unico aspetto positivo è che questo futuro governo avrà avuto dal governo Draghi l’eredità migliore di sempre. Che vuol dire crescita da primato europeo, debito in forte discesa, niente deficit aggiuntivo e addirittura un Mezzogiorno che nel 2022, dati Svimez, supera negli investimenti il Nord (+12,2 contro il +10,1%) e esce dalla grande crisi segnata dalla tassa ingiusta dell’inflazione che moltiplica inevitabilmente le diseguaglianze con una crescita del Pil che non ha mai avuto in circostanze simili. L’unico alleato vero del prossimo governo è l’eredità del governo Draghi. Che è anche, però, un punto di confronto delicato perché gli italiani hanno capito quello che è successo e aspettano i partiti al varco della capacità di governo, non delle parole. Fughe retoriche dal pragmatismo del fare e dalla solidità dell’ancoraggio europeo non saranno tollerate.


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