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Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti

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Da qui al 2025 sono 130 miliardi per le pensioni e 17 per gli interessi passivi. Se si indulge troppo alle bandierine che la Lega vuole sventolare giorno e notte, a partire dai barconi, rischiamo di finire su un crinale di approccio “prudente, realistico e sostenibile” che ci porta all’isolamento in Europa dopo l’incidente diplomatico con la Francia e dritti dritti a un conto ancora più salato per imprese e famiglie e a un nuovo rischio di default sovrano. Sarebbe semplicemente masochista visto che su finanza pubblica e Europa Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti si muovono giustamente nel solco tracciato da Draghi e stanno facendo il massimo come dimostra il decreto aiuti per l’energia e la revisione del superbonus. Non scherziamo, dunque, con il fuoco e giochiamo la sola arma che abbiamo che è quella di fare crescere gli investimenti pubblici che a loro volta sono capaci di mobilitarne di altrettanti se non di più da parte dei privati. Questa partita si vince senza fare follie in Europa e innovando la macchina in casa per accelerare la capacità di aprire i cantieri.

Non vorremmo guastare la festa mediatica identitaria a nessuno e, soprattutto, non ci permettiamo neppure di chiedere di interrompere il trambusto permanente di tv e giornali su barconi e dintorni con il suo carico agghiacciante di vite umane in pericolo e l’isolamento diplomatico del nostro Paese richiesto dalla Francia che non promette nulla di buono. Perché rischia, ad esempio, di produrre contraccolpi gravissimi che pagherebbero imprese e famiglie italiane.

Visto che non c’è dubbio alcuno che l’incidente diplomatico non può non indebolire l’asse strategico italo-francese che è oggi l’unico motore in campo a spingere perché avanzi la macchina di quegli interventi europei di debito comune e contro la speculazione che sono i soli capaci di dare risposte strutturali all’emergenza di origine bellica dell’economia e dei bilanci familiari italiani. Non ci permettiamo di chiedere di fermare il nuovo trambusto nazionale e i suoi esplosivi corollari di natura interna e internazionale perché sappiamo che le cavallette mediatiche che succhiano a ogni ora il sangue del Paese non ci rinuncerebbero per nulla al mondo.

Non vorremmo guastare la festa delle parole che continua perché non si smette di promettere regali a destra e a manca e a dare segnali identitari che riguardano il contante, con il tetto già elevato a 5 mila euro, o come il condono mascherato da tregua fiscale in arrivo, o come la flat tax e le pensioni per le quali non si può non fare qualcosa.

Vogliamo essere molto chiari. Apprezziamo totalmente l’approccio prudente, realistico e sostenibile che ha spinto la premier Meloni e il ministro dell’Economia Giorgetti a concentrare quasi tutto l’intervento di finanza pubblica contro il caro bollette e a ipotizzare uno scostamento di bilancio che porta il deficit al 4,5% ma preservando una traiettoria di discesa (1,1 punti) nel rapporto debito/Pil. Condividiamo la revisione del superbonus e la concentrazione degli interventi contro il caro bolletta. Non possiamo, però, non avvertirli che se si indulge troppo con le bandierine che la Lega vuole sventolare giorno e notte contro tutto e contro tutti corriamo il pericolo di finire su un crinale di approccio “prudente, realistico e sostenibile” che ci porta all’isolamento in Europa e dritti dritti a un nuovo rischio di default sovrano.

Deve essere chiaro a tutti, e prima di ogni altro a chi ci governa, che da qui al 2025 c’è un colpo di 147 miliardi sui conti pubblici italiani che è la spesa aggiuntiva cumulata nei tre anni in soli due voci che sono pensioni e interessi passivi. Senza nemmeno ipotizzare scenari di maggiore flessibilità in uscita di cui si parla quasi come cosa fatta e ignorando l’inevitabile nuovo scostamento di aprile, le maggiori uscite cumulate per la spesa previdenziale sono pari a 130 miliardi.

Quella degli interessi passivi che si pagano per collocare i nostri titoli pubblici e riflettono le problematicità degli scenari mondiali inflazionistici e monetari, sempre nei termini cumulati dei tre anni ammonta a 17 miliardi dopo un balzo da 63 a 77 già avvenuto in un solo anno dal 2021 al 2022. Nella navigazione futura dell’economia italiana, che è l’unica che oggi conta davvero, non ci sono le acque placide di una spesa stabile, ma quelle tempestose di un mare forza dieci.

Questi numeri da brividi che sto esponendo non sono quelli di qualche analista rigorista di altri tempi, ma sono i numeri messi nero su bianco dalla prima nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2022 – versione rivista e integrata – presentata e approvata dal nuovo governo. Sono tutti puntualmente annotati nella tavola I.3A titolata “Conto della Pubblica amministrazione a legislazione vigente”, pag 13 della Nadef 2022 che pubblichiamo all’interno evidenziando le evoluzioni degli ammontari previste di anno in anno. I 147 miliardi di cui stiamo parlano sono la spesa aggiuntiva cumulata nei tre anni per le sole voci pensioni e interessi passivi. Non è neppure finita, sempre nella stessa Nadef altra tabella pag 14, si scopre che la spesa previdenziale italiana balzerebbe dal 15,6% del Pil del 2022 al 16,5 del 2025 toccando un picco del 16,6% nel 2024 che si preannuncia come l’anno in cui dovrebbe entrare in vigore il nuovo Patto di stabilità e crescita europeo e dove l’andamento di questo tipo di grandezze economiche dovrà passare l’esame di molte lenti di ingrandimento. Se non altro per la semplicissima ragione che è la spesa pensionistica più alta al mondo rispetto al Pil.


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