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Il ministero dell'Economia

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I capi e capetti di produzione, servizi, commercio e, più di tutti, del carrello alimentare fanno finta di non sapere che da mesi il prezzo dell’energia è crollato e non abbassano i prezzi finali di vendita o peggio li alzano facendo sussidiare i loro indebiti profitti e trasferendo a tutti non un costo da inflazione, ma da profitto indebito. Perciò i crediti di imposta sopravviveranno per le famiglie, ma spariranno per le imprese. Si attua una strategia tipo metadone che si è usata per uscire dal mostro Superbonus drogato dagli aiuti pubblici. Fa bene il ministero dell’Economia a eliminare la “droga” dei furbetti dai costi del bilancio pubblico italiano, ma si muova di più sul piano delle verifiche e delle sanzioni. Basta giocare contro l’Italia in un contesto dove gli alti tassi hanno fatto saltare una banca americana e noi rischiamo più di tutti.

Fanno finta di non sentire, ma la festa è finita. Al ministero dell’Economia e delle finanze stanno pensando a una reazione molto dura che pagherà anche chi non ha speculato. I crediti di imposta sopravviveranno per le famiglie, ma spariranno per le imprese. Si avrà solo per le famiglie una transizione regolare dai prezzi “energetici” ai prezzi normali mentre per le imprese si attuerà una strategia tipo metadone che riflette la stessa logica usata per uscire dal mostro Superbonus drogato dagli aiuti pubblici.

Anche gli orientamenti di bilancio della Commissione europea sono stati peraltro inequivoci e chiedono di normalizzare l’economia. Per cui si adotta una strategia che conduce naturalmente alla fine immediata del credito di imposta “energetico” progressivamente elevato in termini percentuali da 20 a 30, 40 poi 45. Si è partiti con il prezzo di agosto a 350 euro a megawattora si è ora a 50 euro e sotto questa soglia elevata all’insù in modo ragionevole non scatterà più nessun aiuto per le imprese.

Si è avuto un range lungo di osservazione dei comportamenti datoriali durato quasi sei mesi che diventerà ancora più stringente per i prossimi tre durante il quale i furbetti della produzione, del commercio, dei servizi e più di tutto – cosa ignobile – del carrello alimentare nella migliore delle ipotesi hanno mantenuto i prezzi alti preservando un indebito profitto per di più sussidiato dal bilancio pubblico attraverso il credito di imposta. Addirittura in molti casi hanno continuato ad aumentare i prezzi per elevare ulteriormente i loro già elevati margini e trasferendo al Paese intero il costo non dell’inflazione energetica, ma dell’inflazione da speculazione.

Se l’inflazione è in sé la più odiosa delle tasse perché costitutivamente ingiusta quella dell’inflazione dei furbetti che assomiglia ai magheggi che si fecero all’ingresso nell’euro rappresenta un attentato al bene comune. Quello a cui assistiamo impotenti è un processo pericolosissimo. Che è il seguente. Mentre continuano a scendere i prezzi energetici, non scendono i prezzi finali di vendita della produzione e crescono quelli del carrello alimentare, dei servizi e del commercio. A tutti questi capi e capetti non fanno alcun effetto le parole del Governatore Visco di qualche giorno fa. Che qui ci piace riprodurre: “(…) se i profitti delle imprese, dopo il trasferimento sui prezzi finali degli straordinari aumenti del costo dell’energia, non ne riflettessero nei prossimi mesi il drastico recente ridimensionamento, la politica monetaria non potrebbe che continuare a contrastare gli effetti di questi comportamenti sul complesso dei prezzi al consumo”. Sono parole non di un falco olandese, ma di un banchiere centrale italiano stimato che non apprezza le dichiarazioni dei suoi colleghi sui rialzi prolungati dei tassi e, dunque, ha una posizione rigorosa molto chiara.

È evidente, però, che dietro questo allarme c’è un messaggio ben preciso: se continuate a fare i furbi, cari imprenditori italiani, la Bce non potrà che alzare i tassi per perseguire la stabilità monetaria, che è la sua responsabilità primaria, e saremmo proprio noi italiani tutti insieme a pagare il costo più alto. Siamo di fronte a un circolo perverso tipicamente nostro per cui si aumentano i prezzi di vendita dei prodotti per incorporare il caro bolletta energetica, si chiedono e si incassano sussidi più o meno consistenti, ma quando i prezzi energetici crollano i prezzi di vendita finali restano stellari e sussidiano i profitti acuendo la delicata questione salariale.

È ovvio che c’è un effetto trascinamento di cui bisogna tenere conto per evitare valutazioni azzardate e bisogna vedere bene che cosa accade su imballaggi, semilavorati e componentistica, è tutto ovvio e anche giusto, ma quello che sta accadendo e soprattutto che rischia di accadere nel silenzio generalizzato è davvero preoccupante oltre che pericolosissimo per la stabilità complessiva dell’economia del Paese. Anche questo lo abbiamo già detto, ma è utile ripeterlo perché aiuta a capire. Se il caro energia aumenta il costo di costruzione di una macchina e simbolicamente il suo prezzo di vendita sale da 100 a 120 ora che non c’è più almeno va ridotto a 110 se no invece di compensare i costi si aumentano i profitti e si trasferisce al sistema non un costo da inflazione ma da profitto.

Fino a quando questo muro della avida ottusità italiana non verrà abbattuto, sarà impossibile per la Bce non fare fronte all’inflazione ingiustificatamente alta alzando i tassi. Che a noi fa più male di tutti a causa di un debito pubblico gigantesco e a differenziali sui rendimenti dei titoli pubblici da collocare ogni anno per pagare stipendi e pensioni dell’impiego pubblico, sostenere i costi del welfare a partire da sanità e scuola e molto altro. Le stime preliminari di febbraio dell’Istat sono inequivoche. L’inflazione su base mensile scende dal 10 al 9,2%, ma a fronte di un calo dei prezzi energetici regolamentati del 16,7%, aumentano tutti i prezzi degli alimentari lavorati e non lavorati, di quelli dei Tabacchi, dei servizi ricreativi, culturali e dell’intera filiera dei trasporti. Aumentano tutti ovviamente dopo essere già aumentati o restano inspiegabilmente alti per quella stessa produzione che beneficia della discesa del caro energia.

Altrimenti non ci si ritroverebbe con un’inflazione complessiva che scende per effetto esclusivo della caduta verticale dei prezzi energetici, ma con una componente di fondo – al netto del fenomeno energetico congiunturale – di quella stessa inflazione di origine bellica che sale invece del 6,4% e, addirittura, quella del cosiddetto “carrello della spesa” che risale a +13% dopo il rallentamento registrato a gennaio. Non c’è più tempo da perdere. Fa bene il ministero dell’Economia a eliminare la “droga” dei furbetti dai costi del bilancio pubblico italiano, ma dovrebbe muoversi di più sul piano delle verifiche e delle sanzioni. A nessuno deve essere consentito di giocare contro l’Italia in un quadro globale dove gli alti tassi hanno già fatto saltare una banca americana e i rischi geopolitici restano elevatissimi. Vorremmo ricordare a tutti che siamo noi italiani a rischiare più di ogni altro.


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