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Si è pensato di chiudere il rubinetto dei bonus sismici, ma non si può fare perché un Paese che blocca gli aiuti per la ricostruzione non esiste più. Si agisca sulle distorsioni dello sconto in fattura e della cessione dei crediti. Cominciamo a pagare un salatissimo conto lungo in termini di Paese, 30 miliardi di debito ogni anno, e di credibilità della tecnocrazia. I soldi regalati si ripagano con gli interessi. Questo nuovo debito da 150 miliardi di Superbonus non aumenta di una virgola il potenziale di crescita del Paese nel lungo termine e altri regali nascosti vanno bloccati. Siamo un’economia forte di mercato e abbiamo la leva del Pnrr per sostituire gli investimenti sussidiati in edilizia privata con quelli pubblici finanziati dal Pnrr.

Il deficit del 2023 è stato di 60 miliardi più alto di quello previsto e per quest’anno si prepara un conto salato che riguarda la responsabilità di tutti. È una colpa oggettivamente collettiva che appartiene alla politica, di maggioranza e di opposizione, ma anche alla qualità del dibattito pubblico che si occupa di banalità, non di cose serie. Che non ha mai avuto nulla da ridire seriamente rispetto a chi vuole ostinatamente elargire soldi pubblici o promettere regali in un Paese superindebitato per comprare consenso con il bilancio dello Stato, cioè, di tutti.

È una colpa doppiamente grave perché va ad incidere su un’economia italiana che sta mostrando una vitalità di lungo corso dal 2015 a oggi e che ha, quindi, dentro la forza delle sue imprese esportatrici e di una ritrovata capacità di fare spesa pubblica produttiva le due leve su cui premere per mettere in sicurezza il nuovo boom italiano. Invece no, dopo i cascami pesanti del superbonus che sono qualcosa che vale 150 miliardi, sì avete capito bene 150 miliardi, che vuol dire 30 miliardi di debito pubblico in più ogni anno per quelli a venire, arriva ora anche la droga del sisma bonus ordinario che è stato utilizzato con gli stratagemmi dello sconto in fattura e della cessione crediti che sono all’origine della bolla di superbonus e dintorni e sui quali il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, intende porre subito un freno.

Si è parlato addirittura di azzerare questo tipo di bonus, è possibile che si andrà ad incidere sui lavori non ancora iniziati. Di certo, il decreto non è andato per ora in Gazzetta anche perché si tratta di materia politica molto delicata visto che riguarda le aree terremotate gestite dal commissario, Guido Castelli, di Fratelli d’Italia, e due regioni, Abruzzo e Lazio, guidate da Marsilio e Rocca, sempre esponenti di spicco dello stesso partito. È evidente che se azzeri questa roba, azzeri anche la ricostruzione, cosa ovviamente impossibile, ed è per queste ragioni che il presunto testo iniziale di Giorgetti “prendere o lasciare” non è arrivato in porto. D’altro canto, è altrettanto evidente che agli occhi del mondo un governo che dovesse arrivare a bloccare gli aiuti fiscali alla ricostruzione del dopo terremoto darebbe a tutti la sensazione di essere alla canna del gas.

Ancora una volta il problema vero è nei dettagli e riguarda il sisma bonus ordinario che avrebbe avuto un’impennata dei costi perché sarebbe stato utilizzato in tutte le aree a minore rischio sismico per alzare di una o due classi l’efficientamento energetico, ma soprattutto avrebbe ricalcato il modello superbonus e dintorni con un ricorso massiccio agli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito che sono state le distorsioni più evidenti della filiera dei bonus edilizi e della crescita abnorme della spesa.

La battuta più dura che circola nei corridoi del ministero dell’economia è che ciò che sta avvenendo è un po’ quello che accade per i drogati. Che non avendo più l’eroina del superbonus e dei bonus edilizi si fumano quella dei bonus sismici. Ciò che viene fuori di strutturale, sul piano operativo, è che non c’è ancora un meccanismo di monitoraggio preventivo della spesa che dovrebbe scattare con il nuovo decreto e riguardare l’intera materia dei bonus. Ciò che viene fuori di strutturale, sul piano politico generale, è che stiamo cominciando a pagare un conto lungo e salatissimo sia in termini di Paese, trenta miliardi di debito in più in partenza ogni anno, sia in termini di credibilità della struttura e della tecnocrazia.
Di tutto ciò non si può non tenere conto nello scrivere il nuovo Documento di economia e finanza (Def).

Perché si è riusciti a fare crescere anche artificialmente la spesa per comprare il consenso regalando soldi che ora dobbiamo ripagare con gli interessi. Perché è vero che i bonus edilizi hanno sostenuto anche la crescita degli investimenti privati ma producono i loro effetti solo per quegli anni mentre la crescita da bonus fiscali alle imprese determina investimenti in macchinari e in innovazione di prodotti che producono effetti di lungo termine. Questo nuovo debito da 150 miliardi di Superbonus e altri regali nascosti non aumentano di una virgola il potenziale di crescita del Paese nel lungo termine. Siccome siamo un’economia forte di mercato e abbiamo la leva del Pnrr per sostituire gli investimenti in edilizia privata con quelli pubblici tuteliamoci attrezzando un meccanismo di controllo preventivo nella comunicazione dell’utilizzo di ogni tipo di bonus.


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