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Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina

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La ex ministra De Micheli senza vergogna ha fatto studiare a spese dei contribuenti tutto ciò che era stato ampiamente studiato e scartato a partire dal tunnel subalveo. Si esclude che il ministro Giovannini non abbia la consapevolezza che qualunque ulteriore studio abbia in testa di far fare, lo esponga come minimo a risponderne davanti alla Corte dei Conti. Se De Luca junior vuole continuare a “regalare posti” nei Comuni con i soliti metodi, il Pd non ha altra strada che “licenziare” lui dagli incarichi di comando. Perché anche al doppio gioco e alle più incallite delle ipocrisie ci deve essere un limite. Il futuro del Mezzogiorno e, quindi, dell’Italia non è barattabile

Bisogna avere il coraggio di dire che gli ultimi tre ministri delle Infrastrutture e dei Trasporti, Delrio, Toninelli, De Micheli, hanno lasciato marcire nei cassetti tutti i grandi progetti che riguardano il Mezzogiorno. Non hanno fatto niente e, quindi, hanno fatto moltissimo per affossare il futuro dell’Italia.

Prigionieri delle tecnostrutture, che hanno sviluppato ogni genere di potere di interdizione in misura inversamente proporzionale alle capacità professionali e esecutive, hanno la responsabilità politica della casella tecnica vuota della alta velocità/capacità Salerno-Reggio Calabria, ma anche dell’asse ferroviario Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia e della Roma-Pescara.

Dove, però, hanno dato il meglio di loro è sul Ponte sullo Stretto perché qui era tutto pronto: bisognava solo premere un pulsante e dire “si proceda” con ciò che è stato studiato dai migliori strutturisti del mondo, approvato nelle sedi competenti e autorizzato fino alla soglia dell’ultimo atto del Cipe. Non lo hanno fatto e, paradossalmente, chi ha disturbato meno è stato Toninelli.

Chi ha superato in indecenza tutti è la ministra De Micheli perché, senza vergogna, ha avuto il coraggio di fare studiare a spese dei contribuenti tutto ciò che era stato ampiamente studiato e scartato da uomini di sicura competenza tecnica nemmeno lontanamente comparabili a quelli da lei ingaggiati. Ha rimesso in gioco il “tunnel subalveo” bocciato perfino da chi ha nominato lei. Siamo al ridicolo e lo abbiamo superato di molto.

Ora chi può fare ancora peggio, e francamente speriamo proprio che non avvenga, può essere solo l’attuale ministro dei Trasporti e delle Mobilità sostenibili Giovannini. Essendo tutto pubblico e tutto noto si esclude a priori che non abbia la consapevolezza che qualunque ulteriore studio su campate e altro abbia in testa di far fare, lo esponga come minimo a risponderne personalmente davanti alla Corte dei Conti.

Perché si può benissimo dire in modo del tutto irragionevole che il Ponte sullo Stretto non lo si vuole fare per ragioni politiche grilline o piddine, ma di sicuro non si può neppure ipotizzare di caricare altre decine di milioni in studi e progettazioni per fare finta di cercare la soluzione migliore per fare il Ponte e continuare a schermirsi dietro questo paravento. No, questo no, è troppo.

Nella più strepitosa opera di coerenza meridionalista che è il Progetto Italia del governo Draghi dove tra Pnrr e piano parallelo si vuole attuare un intervento produttivo, non assistenziale, per il Mezzogiorno che almeno raddoppia quello fatto nel decennio d’oro 1951/1961, non ci può essere spazio per questi giochetti da quattro soldi.

Anche perché se per fortuna si dice sì a tre progetti di cui per colpe politiche chiare del passato si dispone solo di studi di fattibilità e si dice invece no a un progetto che può essere cantierato domani e che moltiplica il valore di tutti gli altri interventi programmati nell’alta velocità e capacità ferroviarie, logistica e portualità, vuol dire che siamo molto oltre il solito gattopardismo italiano. Siamo alla presa in giro.

Qualcosa di molto simile a quello che sta accadendo con il concorsone per la assunzione di 1.873 nuove unità nella pubblica amministrazione.  Qui siamo a un tema di civiltà che è la pre-condizione di ogni disegno di attuazione della coerenza meridionalista del piano. Che è, a sua volta, l’unica strada possibile per fare ripartire l’Italia dopo venti anni di inerzia che hanno prodotto la peggiore crescita europea e il più grave allargamento di divario interno europeo.

Se il Ponte sullo Stretto non può non essere la bandiera del piano di rinascita dell’Italia a patto che si vogliano fare le cose seriamente, qui ci si misura con l’ostinazione del rampollo De Luca, la furbizia paterna dello sceriffo e addirittura la mobilitazione sotterranea di mani amiche sempre del Pd campano che vogliono spacciare prove pubbliche preliminari per quella fondamentale di merito conclusiva abolendola.

Tutti questi comportamenti rischiano di minare dalle fondamenta lo spirito e l’attuazione di un Piano che, cumulando le altre risorse comunitarie, da qui al 2027 può valere per l’intero Mezzogiorno qualcosa come 250 miliardi e, cioè, più di quanto si ritiene di potere spendere nell’intero Piano nazionale tenendo conto della rilevantissima quota attribuita al Mezzogiorno.

Non daremo tregua al segretario del Pd, Enrico Letta, fino a che non avrà preso provvedimenti nei confronti di Piero De Luca che indegnamente lo rappresenta come vice capogruppo alla Camera del Pd. Se vuole insistere con le marchette di sempre per piazzare nei Comuni della Campania gli amici degli amici senza alcuna cognizione di digitale e di inglese a fini esclusivamente elettorali, gettando un’ombra pesantissima sul disegno di rinnovamento meritocratico della pubblica amministrazione e condannando il Mezzogiorno alla solita incapacità esecutiva, allora vorrà dire che almeno il suo di posto il rampollo De Luca dovrà cederlo.

Se vuole continuare a “regalare posti” con i soliti metodi, il Pd non ha altra strada che “licenziare” lui dagli incarichi di comando. Perché anche al doppio gioco e alle più incallite delle ipocrisie ci deve essere un limite. Il futuro del Mezzogiorno e, quindi, dell’Italia non è barattabile. Questo piccolo episodio segnerebbe la pietra tombale della modernizzazione della pubblica amministrazione e può valere quanto un impresentabile stop alla riforma della giustizia. Basta!


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