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Per l’Italia diventa essenziale avere subito un governo di alto profilo in quanto un intervallo lungo, dopo il voto, non ce lo possiamo permettere sia perché in mezzo c’è una complicatissima legge di bilancio sia perché in mezzo c’è un quadro internazionale esplosivo da cui dipende molto del futuro della nostra economia e della nostra vita sociale. Diciamo che dipende da Putin quasi tutto. Abbiamo bisogno di un governo di altissimo profilo che non riguarda solo il Presidente del Consiglio, ma l’intera squadra di ministri e la qualità complessiva delle forze di coalizione che lo sostengono. Non ci possiamo presentare con chi al primo appuntamento dove sarà richiesto un minimo di intelligenza politica, se non altro per inesperienza si sentirà terrorizzato o potrà fare pasticci.

La cosa fondamentale sulle parole di Putin è capire che cosa farà la Cina, perché è necessario rendersi conto se è ancora disposta a coprirlo oppure no. A Samarcanda l’alleanza tra i due è stata confermata, ma Xi Jinping ha detto chiaro e tondo a Putin “non puoi fare saltare il mondo perché ti gira”. Il bene della stabilità è prezioso per un Paese come la Cina che ha come mercato il mondo e che non vuole rinunciare alla sua forza economica. Dopo la fuga di capitali, dalla Russia ora fuggono le persone. Le parole di Putin sui pseudovalori dell’Occidente e sugli ucraini carne da cannone fanno paura. La missione di Mosca, le atrocità degli altri e il valore morale dei referendum fino a un crescendo che porta a mobilitarsi per la patria e al ricatto nucleare misurano la gravità del momento e la delicatezza dei rischi a essa connessa.

Non si può liquidare tutto semplicisticamente dicendo che è pazzo. Siamo piuttosto alla classica mossa di un disperato, questo sì, stretto nella doppia tenaglia di un Consiglio di sicurezza che lo critica perché troppo morbido e di un’economia rasa al suolo dalle sanzioni occidentali. Questa disperazione ne misura la pericolosità. Perché Putin è costretto a fare i conti con la caduta potente del prodotto interno lordo mentre l’Europa cresce, ma soprattutto percepisce che aumenta la presa di coscienza collettiva del suo Paese che a differenza delle economie europee alle prese con il suo ricatto congiunturale energetico la caduta russa è viceversa strutturale e, quindi, non recuperabile.

Perché il gas Putin da qui ai prossimi sei anni può venderlo solo all’Europa mentre i Paesi europei possono diversificare molto prima le loro fonti di approvvigionamento e chiudere loro il rubinetto, come ha fatto l’Italia che dipendeva dalla Russia prima della guerra al 40% e ha già ridotto di oltre la metà la sua dipendenza.

Può Putin virare sul Caucaso, sulla Cina e sull’India, ma i gasdotti da costruire si fanno almeno in sei anni, non prima. Il richiamo dei riservisti e alla mobilitazione fatto ieri dallo zar del Cremlino ha riempito gli aerei di russi in fuga e, cosa ancora più importante, ha consentito a una piccola organizzazione di opposizione come Vesna (primavera) di mobilitare i giovani e di cominciare a scendere nelle piazze principali, a partire dalla Siberia fino a Mosca e a San Pietroburgo. Putin in questo momento è davvero al minimo di reputazione sul fronte internazionale e sul fronte interno perché le sanzioni occidentali alla Russia, da un lato, e il riarmo dell’Ucraina, dall’altro, operato dal mondo occidentale delineano i contorni di una strategia diplomatica vincente nella difesa di uno stato libero aggredito nella sua sovranità e nella tutela dei diritti umani e delle ragioni della democrazia rispetto all’autocrazia.

Con questi dittatori che mettono in gioco sempre i loro problemi personali o la loro sopravvivenza e possono fare sempre di tutto almeno per provarci, non si può rimanere inerti. Quando il disegno diventa imperialista non si fermano mai, vogliono sempre allargare il campo. Fino a che lo zar o il dittatore di turno commette l’errore capitale. Perché, a quel punto, prima o dopo, gli altri fanno muro intorno a lui. Putin è partito per riconquistare l’Ucraina e rischia di perdere la Crimea o anche uno spezzettamento dei suoi territori. Oltre che diventare se stesso il punto di coagulo di un’alleanza mondiale che ha lui nel mirino. Di sicuro la Russia è ora tagliata fuori dal sistema delle grandi potenze perché non ce la può fare e perché è indifendibile.

Lui poi non trasmette neppure più fiducia al suo popolo che per un dittatore è il punto di rottura dell’inganno che è quello dell’infallibilità. Non stiamo parlando di altro da noi, ma di noi e di tutti i nostri Paesi vicini a cui siamo legati. Se crescono i venti di guerra, francesi, tedeschi, spagnoli si rinchiuderanno sempre di più dentro le proprie economie. Non solo. Faranno calcoli un po’ più egoistici, da un lato, e guarderanno con sempre maggiore severità ai loro partner internazionali. Ecco perché per noi diventa essenziale avere subito un governo di alto profilo in quanto un intervallo lungo, dopo il voto, non ce lo possiamo permettere sia perché in mezzo c’è una complicatissima legge di bilancio sia perché in mezzo c’è un quadro internazionale esplosivo da cui dipende molto del futuro della nostra economia e della nostra vita sociale.

Diciamo che dipende da Putin quasi tutto. Per cui non regge più il fatto che uno su cinque dei membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu sia la Russia di Putin che si è collocata da sola fuori dal quadro di stabilità internazionale. Se salta l’Onu non è proprio una robetta. Abbiamo bisogno di un governo di altissimo profilo che non riguarda solo il Presidente del Consiglio, ma l’intera squadra di ministri e la qualità complessiva delle forze di coalizione che lo sostengono. Non ci possiamo presentare con chi al primo appuntamento dove sarà richiesto un minimo di intelligenza politica, se non altro per inesperienza si sentirà terrorizzato o potrà fare pasticci. Diciamo che non è proprio il caso.


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