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I leader africani ricevuti da Mattarella

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Centrali idroelettriche, porti, assi autostradali e ferroviari, ogni tipo di diga, estrazione e lavorazione del gas da pozzi sottomarini. Questo è il grande Piano Mattei italiano realizzato da Pescatore e dai suoi eredi che è 14 volte la proposta della Conferenza di Roma, vale meno di quanto si spese allora di progettazione. Il merito della Conferenza di Roma è spingere l’Europa a agire con 300 miliardi per l’Africa su capitale umano e energia. Alla Meloni servono Parigi e Berlino a fianco e la mobilitazione di tutti i fondi europei. Il nuovo Piano Mattei può avere un carattere di esemplarietà per l’Europa. Dimostrare che nella sfida globale non ci sono solo Cina e Usa

QUANTI sanno che le imprese italiane hanno già realizzato un mega Piano Mattei da 70 miliardi in Africa fatto di grandi centrali idroelettriche, porti, assi autostradali e ferroviari a alta velocità, ogni genere di diga, estrazione e lavorazione del gas proveniente da pozzi sottomarini? Quanti sanno che gli eredi italiani della grande Cassa delle opere, guidata da Gabriele Pescatore, che fu il motore della trasformazione infrastrutturale dell’Italia dal Dopoguerra alla metà degli anni Settanta facendo di un Paese agricolo di secondo livello una potenza economica mondiale, hanno fatto progettazione di altissima qualità in Africa per 6/7 miliardi che non sono proprio bruscolini con tutti soldi del bilancio pubblico italiano o dei suoi grandi player ad azionariato pubblico? Che se nella stagione di solidarietà nazionale il PCI non avesse chiesto la testa di Pescatore per la colpa non vera e ai loro occhi irredimibile di essere “l’unico caso al mondo attuazione del dogma della pianificazione comunista a vantaggio dei potentati democristiani” oggi la regia, la guida effettiva e l’esecuzione dei grandi progetti strategici di infrastrutturazione, di educazione, di formazione tecnica e professionale in Africa sarebbe stata già italiana?

È o non è Webuild ad avere realizzato il 70% della più grande centrale idroelettrica africana, che è in Etiopia e si allunga per 15 chilometri, sì avete capito bene, con una potenza installata di 6,45 gigawatt? Siamo sempre noi, sì o no, ad avere fatto il porto di Gibuti e gli assi autostradali e ferroviari da Gibuti rispettivamente verso Mogadiscio e Adis Abeba? E l’asse ferroviario Il Cairo-Alessandria d’Egitto oppure quello autostradale tra Tobruk e Tripoli? Che cosa vogliamo dire di un progetto offshore da 30 miliardi di dollari, Coral South FLNG, che permette di processare sulla terraferma e esportare il gas proveniente da 24 pozzi sottomarini? Non partirono con Salini e vanno avanti con Webuild le dighe di Arror, Kimwarer e Itare in Kenya? Non è opera dell’Enel l’impianto idroelettrico di Akosombo sul fiume Volta nella Repubblica del Ghana?

Fermiamoci qui perché non vogliamo annoiare i lettori, anzi chiediamo scusa, ma lo abbiamo fatto perché vogliamo dare il senso reale delle cose prima che la grancassa delle propagande di casa nostra obnubili ogni riferimento con i meriti effettivi della intuizione strategica di Giorgia Meloni di rimettere l’Italia al centro del nuovo mondo collegando Nord e Sud con un disegno non predatorio di sviluppo alla pari, ma anche con il lavoro enorme ancora da fare perché questa intuizione esca dal recinto delle buone idee per diventare qualcosa di concreto, di importante, con effetti di lunga durata.

Per capire fino in fondo e non ripensarci mai più che il nuovo Piano Mattei ha senso solo se diventa europeo, se viene convintamente sostenuto da Parigi e Berlino oltre che da Roma. Se non si ha la consapevolezza assoluta che i nostri 5,5 miliardi di dotazione messi in campo hanno un grande valore strategico e di segnalazione di rotta geopolitica, ma non valgono assolutamente niente se non sono attaccati e congiuntamente esecutivi con i 300 miliardi già stanziati dall’Europa, ma destinati a rimanere nei tanti cassetti dell’ignavia burocratico-politica europea.

Ce la facciamo almeno a renderci conto che all’Africa non servono 305,5 miliardi ma 3 trilioni di dollari solo per sostenere la transizione energetica dei suoi 54 Paesi? Vogliamo almeno domandarci che in Africa ci sono 500 milioni di cellulari cinesi e noi ci presentiamo con una frazioncina di risorse finanziarie e di investimenti digitali tali da potere fare al massimo il solletico, se non destare addirittura irritazione? Abbiamo avvisato tutti già da qualche giorno che non si va da nessuna parte se non si toglie il cappio del debito dal collo dell’Africa visto che i default sovrani di Paesi africani sono già tre in meno di due anni, che l’Etiopia non è riuscita a rimborsare una cedola di 33 milioni di dollari e che il Paese più popoloso, la Nigeria, spende il 90% delle sue entrate fiscali per pagare gli interessi del debito. Allora in questo contesto, il merito assoluto possibile del Piano Mattei del governo Meloni è quello di stanare l’Europa e di dare la spinta decisiva per uscire dalla nuvola della grande incertezza e dare urgente concretezza all’azione europea nel dire come e dove spende quei 300 miliardi proprio perché stimolata dall’Italia. Che cosa è venuta a fare a Roma la von der Leyen se non fa subito queste cose? Se non dice qual è il progetto organico con cui si spendono questi quattrini che devono riguardare l’energia e il capitale umano prima di tutti proprio come il Piano Mattei segnala esprimendo politica strategica di indirizzo.

È ovvio che il Sud italiano, è la battaglia del nostro giornale iniziata prima che il tema venisse messo sul tappeto, si avvantaggerebbe più di tutti, ma è altrettanto ovvio che l’Europa intera e l’Africa hanno bisogno come locomotiva del primo dei Sud del mondo, qual è oggi il nostro, per ragioni geografiche e storiche. È ovvio che tutto ciò deve essere concepito e attuato avendo bene a mente le cose che già funzionano come la rete home banking in Nigeria, che è tra le più grosse del mondo, e quella più avanzata che appartiene al piccolo Ruanda. L’Italia d’ora in poi non faccia nessun passo senza avere sempre al suo fianco Parigi e Berlino perché tutto si può fare meno che procedere in ordine sparso. Questa Conferenza di Roma passerà alla storia solo se riuscirà a fare scattare la mobilitazione di tutti i fondi europei. C’è un carattere di esemplarietà che la Conferenza di Roma e il Piano Mattei possono avere per l’Europa. È quello di dimostrare con i fatti la necessità di agire insieme sulle partite strategiche. Altrimenti l’Europa confermerà a tutti ancora di più di non esistere arrivando perfino a non esserci dove si gioca un pezzo strategico della sfida globale che rimarrebbe, quindi, appannaggio di una contesa esclusiva tra Stati Uniti e Cina.


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