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Il premier Mario Draghi con il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi

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In questo autunno bollente dove via Kabul il mondo brucia mettendo a rischio la stabilità globale e il Pil esportatore italiano con un cratere sociale in casa di cinque milioni di posti di lavoro
a rischio da disinnescare, non c’è più spazio per le sceneggiate dell’autonomia differenziata che sono la misura del miope egoismo del federalismo della irresponsabilità. I governatori e le Regioni vogliono mettere le mani sulla scuola invece di assicurare i trasporti in sicurezza. La Lega sulla previdenza, i Cinque stelle sul reddito di cittadinanza, il Pd sugli ammortizzatori sociali. Tutte richieste che vengono sistematicamente ignorate. Per fortuna

È RITORNATO sulla scena il partito della spesa pubblica. Fa prove tecniche di propaganda in vista delle amministrative di autunno. Non si tocca il reddito di cittadinanza, gridano i Cinque stelle. Sugli ammortizzatori sociali non badiamo a spese, fanno eco dall’ala massimalista del Pd. Salvini e molti esponenti della Lega hanno ripreso a parlare di quota 41 sulla previdenza.

Farebbero bene a ricordare che questo giochetto costa nove miliardi e che questi nove miliardi non ci sono. Farebbero bene a ricordare che ciò che succede nella previdenza nei prossimi venti/trenta anni è fondamentale per continuare a garantire la sostenibilità del gigantesco debito pubblico italiano.

Qui sulle pensioni, insomma, il tema non è quanto costa quest’anno e quanto costa l’anno prossimo quello stesso provvedimento, ma quanto determina nel tempo in un Paese nel quale c’è una forte denatalità. Per cui oggi si parla della pensione di persone nate in una stagione in cui ne venivano al mondo ottocentomila, oggi non ne nascono più di quattrocentomila che è l’esatta metà. C’è una bella differenza, mi pare, e non tenerne conto è  da incoscienti.

D’altro canto, anche Salvini avrebbe dovuto capire che il metodo della vecchia propaganda non funziona più. La Lamorgese si deve dimettere da ministro dell’Interno? Non se ne parla neppure. Vanno rinviate le cartelle fiscali? Sono in partenza. Gufiamo il green pass? Avanti tutta, anzi si parla di obbligo vaccinale. Quella stagione, per fortuna, è finita. La stagione di chi gridava di più e guidava il dibattito è finita. Non funziona più, appunto. La prova evidente è che tutte le richieste vengono sistematicamente ignorate.

Le pensioni saranno in autunno la cartina di tornasole e Draghi farà quello che deve fare. I governatori e le Regioni vogliono mettere le mani sulla scuola. Al posto di fare quello che devono fare per assicurare trasporti in sicurezza che consentano di riaprire le aule in presenza senza doverle frettolosamente richiudere, manovrano sottobanco per rimettere in discussione programmi scolastici, nominare i dirigenti loro, scegliere i funzionari loro, decidere loro gli stipendi, differenziare insomma tutto a modo loro con i soldi degli altri. Vogliamo continuare  con questo spettacolo inverecondo delle navette gratis per gli studenti dell’Emilia-Romagna e delle zero navette per gli studenti della Calabria? Fino a quando potremo tollerare che il Veneto si impegna a fornire ai suoi studenti un milione di tamponi molecolari totalmente gratis, mentre dove la povertà esiste per davvero e i tamponi per davvero non si possono pagare semplicemente non ci sono o costano l’ira di Dio?

Per piacere, in questo autunno bollente dove via Kabul il mondo brucia mettendo a rischio la stabilità globale e il Pil esportatore italiano con un cratere sociale in casa da cinque milioni di posti di lavoro a rischio da disinnescare, non c’è più spazio per queste sceneggiate dell’autonomia differenziata che sono la misura del miope egoismo del federalismo della irresponsabilità e del baratro che esso ha determinato. Vale a dire: venti anni di crescita zero e un Paese spaccato in due con una parte che ha un reddito pro capite pari a poco più della metà dell’altra e il Paese intero impoverito e diseguale. I partiti del rumore, nessuno escluso, hanno due doveri assoluti.

Il primo è di evitare gaffe e doppi giochi interni che danneggino l’iniziativa internazionale di Draghi sperando che abbia fortuna. Il secondo è dimostrare di avere capito la lezione della Nuova Ricostruzione tenendo a bada manovrine  e mugugni dei capi delle Regioni e dei sindacati. Perché la riapertura della scuola  non può essere messa in discussione e loro sottobanco invece ci stanno provando.

Perché il Recovery Plan della riunificazione delle due Italie non può fallire e ha bisogno in tempo reale di nuove professionalità nei ministeri e, ancora prima, di una task force centralizzata presso Cdp che assista piccoli e grandi Comuni del Mezzogiorno. Teniamo fuori in modo assoluto le Regioni e il “grasso” delle loro intermediazioni clientelari.

Solo così riqualificheremo i nostri Borghi pieni di storia e costruiremo gli asili nido che servono a donne e bambini in un Mezzogiorno colpevolmente dimenticato. Che ha oggi il diritto di chiedere e il dovere di fare. Senza se e senza ma.


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