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Il giuramento del Governo Draghi

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Dobbiamo aumentare stabilmente la produttività, il tasso di occupazione femminile e quello nelle aree più svantaggiate, la quota non solo degli investimenti pubblici, ma anche di quelli privati. Tutta roba (vera) che nel dibattito interno dei partiti e in quello televisivo non c’è. Loro parlano di altro, parlano del nulla. Parlano di non fare i vaccini. Di fare i prepensionamenti. Di mandare Draghi al Quirinale perché così si fanno le elezioni. Parlano senza capire e così il nuovo spread sale alle stelle. Ma nessuno fuori dell’Italia dà loro credito e anche in casa la gente, sempre di più, comincia a capire con chi stare

Proprio ora che il costo medio del debito pubblico italiano è al minimo della storia recente (2,4%) ed è ulteriormente in discesa perché i nuovi titoli costano ancora meno, sale invece un altro spread che accende un’ipoteca sul futuro dell’Italia. Qualcuno potrà ironizzare dicendo che siamo alla maledizione eterna dello spread, ma è un fatto che è altissimo il differenziale (appunto, lo spread) che separa l’agenda del governo da quella dei partiti che lo sostengono.

Non abbiamo oggi il solito problema dello spread dei mercati, ma quello inutilmente dimostrativo della Lega sui vaccini o della stessa Lega che vuole rifare quota 100 per le pensioni. O di chi sproloquia, di qui e di là, come Cinque stelle e Italia viva, sul reddito di cittadinanza, quando bisogna invece impegnarsi altrove per aumentare il tasso strutturale di nuova occupazione. O, ancora, di chi agita bandiere di improponibili patrimoniali, come fa il Pd, quando il problema è quello di pensare a una nuova tassazione che incida sulla anomalia del cuneo fiscale italiano contenendola, che riduca la imposizione sul ceto medio, e torni così a garantire al Paese le condizioni di contesto per acquisire una prospettiva di creazione di lavoro su scala trentennale. O, infine, abbiamo il problema di chi, come fa l’ala massimalista del Pd, si occupa di una questione seria quale è quella degli ammortizzatori sociali all’uscita del nuovo ’29 mondiale, ma lo fa dando la sensazione che sta giocando con il pallottoliere delle decine di miliardi che non ci sono.

Capite, adesso, quale è il nuovo spread da abbattere? Capite perché la mano ferma che guida l’azione del governo e si è vista all’opera con la campagna di vaccinazione e le riforme del Recovery Plan non lascia campo libero al rumore dei partiti e al chiacchiericcio televisivo che lo accompagna? Bisogna salvare l’agenda di governo e la capacità di decidere facendo peraltro un piacere agli stessi partiti che rumoreggiano sul nulla, ma usufruiranno del dividendo politico legato alla Nuova Ricostruzione di cui oggi non sono nemmeno consapevoli.

Parliamoci chiaro. Come ha opportunamente sottolineato il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ritrovatosi subito in buona compagnia con le conclusioni del rapporto dell’Ocse sull’Italia reso pubblico ieri, avere fatto bene con un rimbalzo più vigoroso degli altri che consente di ritrovarsi con un deficit e con un debito un po’ più bassi delle previsioni, non può aprire la strada a misure di spesa pubblica facile. Non può essere usato per continuare a dare a questo o a quello a seconda delle proprie presunte esigenze elettorali. Servono viceversa misure strutturali che puntano su produttività, investimenti pubblici e mobilitazione di capitali privati, nuovo lavoro e riunificazione sociale e economica delle due Italie.

Serve che si attui il più meridionalista dei piani di rilancio del Paese mai concepito dopo gli anni del miracolo economico italiano del Dopoguerra. 

Non si può nemmeno ipotizzare di fare una riforma delle pensioni che costi un sacco di soldi, utilizzando gli spazi fiscali aperti dai dati della crescita. Non è così che si cambia la situazione, anzi la si aggrava. Quello spazio fiscale va usato per accompagnare le riforme di struttura e la barra va tenuta ben dritta, a differenza del passato, perché è in gioco la finale della partita italiana che non ha a disposizione tempi supplementari o partite di ritorno. L’Ocse ci promuove invece della solita bocciatura e lo fa anche con soddisfazione perché dietro i risultati del Pil vede la conferma che si è intrapreso seriamente il cammino delle riforme (governance degli investimenti, pubblica amministrazione e giustizia) e è convinta che si proseguirà su questa strada. Questo è il punto di fondo.

A un mese dalla manovra e a tre settimane dalla Nadef lo spread tra l’azione di governo e l’agenda dei partiti tocca vette mai raggiunte, ma nessuno fuori dell’Italia dà credito ai partiti del rumore e anche in casa la gente, sempre di più, comincia a capire con chi stare. Sapete perché? Perché si è capito quello che non si voleva capire. Si è afferrato che noi siamo arrivati alla crisi del Covid dopo venti anni di stagnazione e non ci possiamo permettere il lusso di tornare alla situazione di prima.  Noi no, i tedeschi sì.

Dobbiamo, al contrario, sfruttare la grande occasione della reputazione internazionale della carta estrema Draghi per cambiare la situazione italiana partendo dalla buona attuazione del Piano nazionale di ripresa e di resilienza. Partendo, dunque, perché è fondamentale questa partenza, ma non fermandoci alla partenza perché non basta. Dobbiamo aumentare stabilmente la produttività, il tasso di occupazione femminile e quello nelle aree più svantaggiate. Dobbiamo aumentare stabilmente la quota non solo degli investimenti pubblici, ma anche di quelli privati. Tutta roba (vera) che nel dibattito interno dei partiti e in quello televisivo non c’è. Loro parlano di altro, parlano del nulla. Parlano di non fare i vaccini. Parlano di fare i prepensionamenti. Parlano di mandare Draghi al Quirinale perché così facciamo le elezioni. Parlano senza capire e così il nuovo spread sale alle stelle.


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