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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, a Bruxelles per il Consiglio europeo di ieri

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Siano i partiti e i loro capi a chiedere a Draghi di proseguire dal Quirinale il ruolo di guida e di indirizzo di cui questo Paese ha vitale bisogno. Perché questo è il modo più sicuro per assicurare all’Italia l’uscita strutturale dal declino. Altrimenti i partiti si impegnino pubblicamente a sceglierlo per un periodo molto lungo di governo del Paese dichiarando di volere proseguire l’esperienza dell’esecutivo di unità nazionale e dimostrando con i fatti di crederci. Alternative non esistono se si vuole che la Ricostruzione Nazionale si trasformi da obiettivo possibile in realtà. Questo ci insegna la storia

“Agendo con una rapidità e una efficienza non usuali, l’Italia ha presentato domande di contributi per progetti regionali, per un ammontare superiore del 20% della quota a lei riconosciuta, molto prima della scadenza. Il merito va riconosciuto alla Cassa per il Mezzogiorno, l’ente straordinario che gestisce il fondo per il Sud, che ha selezionato i progetti e ha provveduto a tutti i necessari adempimenti operativi”. Il 25 ottobre del 1976 “The Economist” riconosce a Gabriele Pescatore e alla sua struttura tecnica di trecento persone, quasi tutti ingegneri, il primato in Europa con un titolo “Lepri e tartarughe” che non consente dubbi e equivoci. Eravamo i migliori nella capacità di fare spesa pubblica facendo investimenti produttivi e ricucendo l’Italia con strade, dighe, acquedotti e molto altro.

Mi è venuto in mente questo articolo il giorno dopo il riconoscimento della prestigiosa rivista britannica al governo Draghi perché “l’Italia è il Paese che ha migliorato di più nel 2021” grazie proprio “a un primo ministro competente e rispettato internazionalmente” che ha persuaso “una ampia maggioranza politica a sostenere un programma di riforme complessive che dovrebbe permettere all’Italia di ottenere i fondi ai quali ha diritto in base al piano di Recovery europeo”. I meriti del governo Draghi sono sotto gli occhi di tutti. Non li vede solo chi non li vuole vedere. Dalla campagna di vaccinazione che si è rivelata un modello per l’intera Europa a una crescita dell’economia con tassi da miracolo economico (minimo +6,2%) che è molto di più di un rimbalzo perché incorpora una ripresa dei volumi degli investimenti fissi lordi pubblici e privati superiori a quelli del 2019.

Non si è ancora recuperata tutta la crescita persa con il nuovo ’29 mondiale da pandemia, ma lo si è già fatto con gli investimenti che sono da sempre il tallone di Achille del Paese e la matrice di un ventennio di crescita zero. Dietro questa super-crescita italiana c’è un pacchetto di riforme strutturali, dalla pubblica amministrazione alla giustizia, che consente di ipotizzare consapevolmente una nuova stagione di Ricostruzione Nazionale. Che dichiaratamente si vuole riferire agli anni del miracolo economico del Dopoguerra di cui la Cassa di Pescatore fu il braccio operativo e che ancora a metà degli anni Settanta dava il suo contributo da lepre europea nell’utilizzo dei fondi comunitari.

Scrive il resocontista dell’Economist nell’ottobre del ‘76: “La Cassa ha impresso un carattere sempre più incisivo alla sua azione. Le sue erogazioni sono salite da 779 miliardi di lire (circa 550 milioni di sterline) nel 1973 a 1086 miliardi per lo scorso anno e a 1800 nel presente anno”.

Ancora: “Ha costruito 18 mila miglia di strade cucendo lo stivale di autostrade così come Cavour aveva erroneamente predetto per le ferrovie un secolo prima. Ha inoltre arricchito l’arido paesaggio meridionale di 1500 miglia di argini, 8400 miglia di canali e 7500 miglia di acquedotti. Nemmeno l’ombra di uno scandalo ha toccato la Cassa durante tutti questi anni, guidata dalla sicura mano del signore Gabriele Pescatore, un energico e duro avvocato di Avellino che vanta amicizie su un arco di 360 gradi”.

C’è anche una parte di racconto personale di Pescatore in quell’articolo che merita di essere ricordata qui: “Quando fui chiamato alla Cassa nel 1954 senza che nessuno mi chiedesse a quale fede politica appartenessi, trovai una certa proposta che consentiva di cospargere in tutto il Mezzogiorno circa 300mila ettari di canalette, destinate all’irrigazione; c’era in sofferenza un contratto con una società Italo-francese che aveva lavorato in Algeria. Feci proprio di tutto per farlo saltare in aria, e oggi me ne trovo contento e soddisfatto. D’altra parte, quando si costruisce un invaso non si deve credere di potere utilizzare prontamente l’acqua. Nei terreni del Meridione i tempi di costruzione sono assolutamente imprevedibili. Pur avvalendoci della consulenza dei tecnici più qualificati d’Italia, abbiamo avuto sorprese non lievi; però il tempo medio di costruzione delle 45 dighe realizzate non ha mai superato i sei e mezzo-sette anni, che è poi il tempo medio riconosciuto dall’Ocse per terreni di questa complessità”.

Non è finita. Sempre in quell’articolo del ’76 la prestigiosa rivista inglese si schiera apertamente a favore di Pescatore e della sua Cassa e segnala un pericolo da non sottovalutare. “Il partito comunista, scrive il resocontista inglese, ha lanciato una campagna nello scorso luglio affinché l’attività della Cassa non venga rinnovata alla scadenza di fine anno. Il progetto di legge comunista prevede il passaggio dei poteri di spesa dalla Cassa direttamente alle Regioni e la Cassa stessa dovrebbe divenire un’Agenzia per dare solamente una consulenza tecnica”. Aveva ragione l’Economist. Questo pericolo non andava sottovalutato. Il Pci considerava la Cassa di Pescatore l’unico caso al mondo di attuazione con successo del dogma della pianificazione comunista, ma a suo avviso a vantaggio dei potenti democristiani. Sbagliavano di grosso capi e capetti del Pci, ma questo non impedì loro di chiedere e ottenere la testa di Pescatore (apprese la notizia della sua defenestrazione dal Tg1 delle 20) dal governo di Solidarietà Nazionale, guidato da Andreotti, di cui loro erano potenti azionisti politici di maggioranza.

La struttura tecnica della Cassa fu rapidamente smantellata. Con la nuova agenzia lottizzata pure nella nomina degli uscieri i trecento tecnici diventarono 10 mila. Una pletora di amministrativi assunti con il bilancino della politica e delle correnti dei partiti, di tutti i partiti, dalle tante Dc ai tanti Pci. Il risultato fu che non si fecero più opere, si erogarono solo stipendi. Quella scelta segnò l’inizio del declino italiano nella capacità di fare investimenti pubblici. A chi oggi fa finta di non capire che cosa significa la carta Draghi per l’Italia, in casa e nel mondo, abbiamo voluto ricordare questo episodio. Perché non si ripetano gli errori del passato.

Allora si mise fuori gioco una macchina da guerra nella capacità di fare investimenti che il mondo ci invidiava. Una macchina da guerra di persone oneste e capaci. Oggi si rischia di fare saltare il cambiamento di un Paese che ha bisogno di una guida di lungo periodo che ne è garante fuori e motore all’interno per fare la sua Nuova Ricostruzione. Questa guida ha un nome e cognome. Si chiama Mario Draghi e non esistono sostituti possibili. Siano i partiti e i loro capi a chiedere a Draghi di proseguire dal Quirinale il ruolo di guida e di indirizzo di cui questo Paese ha vitale bisogno. Perché questo è il modo più sicuro per assicurare all’Italia l’uscita strutturale dal declino. Altrimenti si impegnino pubblicamente a sceglierlo per un periodo molto lungo di governo del Paese dichiarando di volere proseguire l’esperienza del governo di unità nazionale e dimostrando con i fatti di crederci. Alternative non esistono se si vuole che la Ricostruzione Nazionale si trasformi da obiettivo possibile in realtà. Questo ci insegna la storia. Questa è la verità. Tutto il resto è rumore.


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