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Il discorso di Berlusconi di ieri a Napoli significa che questo è un Paese che rimane fermo nelle figure dei leader, ma anche dei problemi. Che non riesce a produrre futuro e quindi resta indietro rispetto a tutti gli altri Paesi che sono impegnatissimi a produrre futuro. È il tentativo di fermare il tempo dove forse Berlusconi è solo più sincero degli altri in quanto tutti cercano di fermare il tempo, ma lui ha la sfrontatezza di renderlo palese. Dove sparisce il senso della nuova storia globale in cui il Sud d’Italia diventa per l’intera Europa non solo la porta sul Mediterraneo e l’hub energetico del futuro, ma anche il territorio di messa in sicurezza delle sue filiere produttive europee più strategiche. Oggi Forza Italia dovrebbe reinventarsi piuttosto come il nuovo partito liberale e della modernizzazione che “fa a pugni” con il partito trasversale delle corporazioni che blocca le riforme della concorrenza come quelle degli appalti e del fisco. Che rischia di fare perdere all’Italia centinaia di miliardi di futuro e non cogliere il senso della nuova storia.

“Sarò di nuovo in campo” dice Silvio Berlusconi. E lo annuncia in un discorso di oltre un’ora con cui chiude la due giorni di convention di Forza Italia a Napoli. Lo fa iniziando pimpante e parlando a braccio. Prosegue leggendo un testo scritto, saltando pagine, fermandosi, alternando pause, battute, nuovi ricordi, con un tono perfino pacato quando tocca il tasto della giustizia, e finendo un po’ provato ma con la forza di continuare a gridare e a spronare i suoi: «Io sarò con voi in ogni passaggio, tornerò dopo 9 anni in tivù e nelle città. Sarò di nuovo in campo”.

Viene da chiedersi all’istante, ascoltandolo, ma dov’è Prodi, che di fronte a Berlusconi è un ragazzo, che cosa aspettano a chiedergli di scendere in campo? Che fanno nel “campo largo”, dormono? Questo è il futuro del Paese. Siamo un Paese buffo. Potremmo dire, perché no, che sono anche troppo giovani. Potremmo dire che un concorso tra Berlusconi e Prodi sarebbe molto divertente. Potremmo dire che è il tentativo di fermare il tempo dove forse Berlusconi è solo più sincero degli altri in quanto tutti cercano di fermare il tempo, ma lui ha la sfrontatezza di renderlo palese. Vuole fare come nei film, vuole fare il secondo episodio, il remake, oppure la vendetta, fate voi.

Il discorso di Berlusconi di ieri a Napoli significa che questo è un Paese che rimane fermo nelle figure dei leader, ma anche dei problemi. Che non riesce a produrre futuro e quindi resta indietro rispetto a tutti gli altri Paesi che sono impegnatissimi a produrre futuro. Significa che questo problema del Sud seriamente non lo si vuole affrontare, siamo sempre all’intervento straordinario. Siamo sempre all’appello all’intervento straordinario. Si perde l’occasione storica di un Piano nazionale di ripresa e di resilienza che non è stato concepito, non è e non potrà essere l’ennesima integrazione di intervento straordinario, ammesso che si sia capaci di attuarlo. Dovrà piuttosto essere l’intervento che parte dall’investimento e dalla valorizzazione strutturale del capitale umano, come priorità mentale-culturale e effettiva, e che rimette il Sud d’Italia ordinariamente al centro della politica economica del Paese e diventa per l’intera Europa non solo la porta sul Mediterraneo e l’hub energetico del futuro, ma il territorio di messa in sicurezza delle sue filiere produttive europee più strategiche.

Una straordinaria opportunità, non un problema, da capitale del Mediterraneo di una nuova Europa federale, che inverte la logica storica dell’economia e dei comportamenti degli investitori globali e interni. Che, partendo da questa logica e mettendo in campo con coerenza i comportamenti conseguenti, farà in modo che un giorno, si spera vicino, la questione meridionale diventi un ricordo. Sì, pensateci bene, la questione meridionale che diventa un ricordo come è avvenuto per l’arretratezza delle campagne del Nord d’Italia. Come è diventata un ricordo per il Trentino del Dopoguerra e degli anni ’40 quando era una delle regioni più sottosviluppate, mentre ora è una delle regioni dove si vive meglio e dove c’è il reddito più alto.

A dimostrazione che quando si investe con le cose giuste e muovi le forze profonde di una società, la trasformazione si può fare. Mi viene in mente l’imprecazione di uno storico presidente della provincia autonoma di Trento, Bruno Kessler, quando urlò: basta con il Trentino piccolo e solo! Oggi dovremmo urlare: basta con un Sud grande e decadente o grande e abbandonato! E aggiungerei: basta con l’idea che i giovani meridionali solo se vanno al Nord o nel mondo possono fare qualcosa di buono!

La storia con la pandemia e la guerra in Ucraina e le sue tre grandi crisi connesse – inflazionistica-monetaria, energetica e alimentare – in un quadro di straordinaria complicazione internazionale, combatte attivamente per il Sud d’Italia e pone le basi perché questo territorio e venti milioni di persone diventino la nuova, unica, grande opportunità di crescita per l’intero Paese, e perfino per la nuova Europa federale da costruire.

Tutto ciò può e deve essere il cemento della fiducia che ribalta il luogo comune.

In questo la ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, che è una donna appassionata del Mezzogiorno ed esponente di primo piano di Forza Italia, dimostra di avere colto il senso della nuova storia anche se la fase attuativa della nuova storia, che riguarda la politica come l’amministrazione, l’economia e la società, è quella più complicata. È una fase ben impostata, ma ancora tutta da costruire e da essa (non da altre) dipenderà se la storia si farà o non si farà.

Questo, a pensarci bene, vale anche per Forza Italia. Bisogna inventare un altro tipo di Democrazia cristiana che non è più sotto il cappello della religione ma del moderatismo. Tutto ha un inizio e una fine. La Dc è durata 40 anni, Forza Italia ne ha quasi 30 di anni, i migliori cervelli non spariscono mai, non spariscono le loro idee, non sparisce la forza che esprimono, magari migrano altrove. Le esperienze politiche invece no perché sono storicamente destinate a finire. Sono storicamente destinate a diventare un’altra cosa.

Oggi Forza Italia dovrebbe reinventarsi come il nuovo partito liberale e della modernizzazione. In senso forte e compiuto, privo di tentennamenti, che “fa a pugni” con il partito trasversale delle corporazioni che blocca le riforme della concorrenza come quelle degli appalti e del fisco. Che rischia di fare perdere all’Italia centinaia di miliardi di futuro per le rendite di chi ha vissuto lunghe stagioni d’oro sfruttando beni che appartengono a tutti gli italiani. Questa politica nuova se vuole esistere deve fare i conti con il calendario e molte altre cose.


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