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Draghi sa di avere vinto e lui, che lo ha capito prima di tutti, vuole dire ai rappresentanti del popolo italiano: guardate che si sta realizzando un fatto che apre una prospettiva di mutamento dei rapporti internazionali e sta nascendo una nuova Europa. Può anche fallire questo progetto, ma c’è una prova in atto e conviene esserci uniti e in prima fila. Perché è Putin ad avere generato la necessità di una nuova Europa. Succede quando il nemico attacca e minaccia tutti. Di fronte a uno che dice “voglio ridisegnare gli equilibri del mondo” e opera, non puoi più avere 27 particelle che vanno ognuna per conto suo. L’accostamento della foto di Draghi, Macron e Scholz a Kiev con i Padri fondatori Schumann, Adenauer e De Gasperi è giusta. Con un’avvertenza, però. Adenauer portava sulla sua schiena il fardello del nazismo tedesco e De Gasperi quello del fascismo suo alleato. La grandezza politica di De Gasperi fu di partire dall’ultima posizione e tirarsi dietro il Paese in macerie. Oggi l’Italia parte avvantaggiata perché Draghi non ha sulle spalle un fardello negativo, ma positivo che è quello di essere stato il presidente della Bce che ha salvato l’euro e, quindi, non si aggiunge a Macron e a Scholz ma quasi li guida. Draghi ha il consenso di chi in Europa gli riconosce questa posizione. Dobbiamo solo sperare che altri, in casa non in Europa, non provino a bucare le gomme o a inceppare il motore della macchina italiana da lui guidata. Successe anche quando dovevano nominarlo alla presidenza della Bce. Fecero prima in Europa che in Italia a capire che era la scelta giusta.

L’Europa deve muoversi con rapidità e decisione per tutelare i propri cittadini dalle ricadute della crisi innescata dalla guerra. L’Italia ha stanziato 30 miliardi in parte con un contributo straordinario delle grandi aziende energetiche secondo un principio di solidarietà. La colpa della crisi non è delle sanzioni, ma della Russia che ha dichiarato guerra all’Ucraina. Oppure, ancora più diretto: ma che cosa vogliono questi ucraini, lasciamoli morire!

L’Italia cerca pace, la Russia continua la guerra e le armi servono a questo, servono all’Ucraina che si deve difendere con le armi. Un Draghi rassicurante e liberato usa queste parole per ringraziare i parlamentari del sostegno unitario ricevuto di fronte a decisioni da prendere sul piano personale che sono profonde, complesse, di ordine morale, come è sempre quando un Paese è coinvolto anche indirettamente in una guerra. Draghi sa di avere vinto ed è consapevole che Conte e Salvini si sono rivelati tigri di carta.

Soprattutto, lui che lo ha capito prima di tutti, vuole dire ai rappresentanti del popolo italiano: guardate che si sta realizzando un fatto che apre una prospettiva di mutamento dei rapporti internazionali e sta nascendo una nuova Europa. Può anche fallire questo progetto, ma c’è una prova in atto e in questa prova conviene esserci uniti e in prima fila. Perché è Putin ad avere generato la necessità di una nuova Europa. Perché come sempre, così insegna la storia, le unità nascono davanti al nemico. Succede quando il nemico attacca e minaccia tutti. Se Putin non lanciava il guanto di sfida, l’Europa rimaneva il Club di 27 soggetti che continuavano a fare finta di fare qualcosa e a litigare tra di loro. Se invece sei di fronte a uno che dice “voglio ridisegnare gli equilibri del mondo” e opera in questa direzione, allora non puoi più avere 27 particelle che vanno ognuna per conto suo. Chi ha un minimo di visione politica non può non capire che bisogna fare fronte comune.

Questa è la dinamica nuova che ha colto Draghi che ha, a sua volta, prima convinto Macron e poi Scholz. Serve un fronte comune che sappia usare come non ha mai fatto prima le armi della difesa e della economia per fermare il genocidio di Putin e, ancora di più, il suo disegno egemonico in Europa che ha perseguito e persegue usando esattamente quelle stesse armi che servono oggi all’Europa e, cioè, unendo insieme carri armati, gas e grano giocando abilmente su prezzi e forniture e non lesinando risorse sugli investimenti ad hoc. Che è un disegno, quello di Putin, alla fin fine, dell’Europa dell’Est contro l’Europa dell’Ovest.

Siamo, azzardando un po’, davanti al ragionamento delle “Considerazioni di un impolitico” di Thomas Mann scritto tra il 1915 e il 1918 quando più o meno faceva sostanzialmente lo stesso tipo di ragionamento che sta facendo oggi Putin. Noi Germania, Austria, Ungheria siamo l’opposizione alle decadenti democrazie e questo tipo di ragionamento, non fermato in tempo utile, portò poi a Hitler e alla seconda guerra mondiale. Dopo Mann fece autocritica e naturalmente oggi dobbiamo sperare che sconfitte le autocrazie le democrazie non riprendano a litigare.

C’è un passaggio di Enrico Letta nel suo intervento alla Camera di ieri che fotografa bene la situazione. Quando dice: bisogna riconoscere un fatto storico. La foto con cui l’Europa entra nella guerra della Russia alla Ucraina è quella del cancelliere tedesco e del capo di stato francese, la foto di oggi dell’Europa che racconta la guerra a tutto il mondo è quella del treno di Kiev con il cancelliere tedesco Scholz, il presidente della Repubblica francese Macron, e il premier italiano Draghi. Dice anche Letta che la nostra è una storia in bilico tra i primi in serie B o tra i primi in serie A.

Oggi siamo tra i primi in serie A e dobbiamo batterci per aprire la stagione di una Convenzione europea che faccia piazza pulita del diritto di veto e del voto all’unanimità per evitare che il solito Orban, alleato di Putin, blocchi tutti i paesaggi per una scelta di comunità politica europea o di comunità geopolitica europea o di confederazione europea. Che sono tutte declinazioni della Nuova Europa che si apre ai nove candidati, a partire dall’Ucraina, dimostra di condividere lo sforzo multiraterale e dà a questa Unione di minoranze il peso che merita nel nuovo ordine mondiale. Condividiamo in toto il ragionamento e anche l’accostamento ai Padri fondatori con Schumann, Adenauer e De Gasperi.

Con un’avvertenza, però. Adenauer portava sulla sua schiena il fardello del nazismo tedesco e De Gasperi quello della potenza alleata di quella stagione terribile. La grandezza politica di De Gasperi fu quella che partendo dall’ultima posizione è riuscito a tirarsi dietro l’Italia in macerie ed a farla arrivare nel gruppone di testa. Oggi l’Italia parte avvantaggiata perché Draghi non ha sulle spalle un fardello negativo, ma positivo che è quello di essere stato il presidente della Bce che ha salvato l’euro e, quindi, non si aggiunge a Macron e a Scholz ma quasi li guida. Draghi ha la fortuna di partire in poll position e ha il consenso di chi in Europa gli riconosce questa posizione. Dobbiamo solo sperare che altri, in casa non in Europa, non provino a bucare le gomme o a inceppare il motore della macchina italiana da lui guidata. Successe anche quando dovevano nominarlo alla presidenza della Bce. Fecero prima in Europa che in Italia a capire che era la scelta giusta.


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