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Matteo Salvini e Mario Draghi

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Il Paese deve avere il coraggio di uscire dal circolo vizioso della spesa storica che rende il cittadino meridionale di serie B rispetto al cittadino del Nord di serie A in tutti i trasferimenti che riguardano scuola, ospedali, trasporti, ma allo stesso tempo serve un’assunzione di responsabilità collettiva della società meridionale a partire dalla sua classe dirigente. Impressiona che in corsa per sostituire Boris Johnson alla guida della Gran Bretagna ci sono un curdo iracheno, Nadhim Zahawi, il figlio di un ex autista pakistano e un ex indiano. Questo può succedere in nazioni dove c’è un’idea forte di Paese. Fare in Italia le opere del Pnrr e restituire i diritti violati significa creare quella cittadinanza nazionale della comunità meridionale che perfino l’Inghilterra della Brexit ha concesso addirittura ai figli delle loro ex colonie. I Cinque stelle sono stati eletti in gran parte in quei collegi del Mezzogiorno ma a farli votare è stata “la rabbia del Sud” che loro hanno deluso dicendo di abolire la povertà. La gente del Sud ha aperto gli occhi e non vuole più vivere di assistenzialismo e di lavoretti in nero.

SIAMO al rinvio del rinvio delle parole della politica politicante che è quella della demagogia. Per fortuna, chi governa le cose le fa, la fiducia passa, gli aiuti per oltre 20 miliardi scattano, il processo per fare il termovalorizzatore a Roma parte. Il governo fa, ma i suoi azionisti politici in dissolvimento conflittuale non lo riconoscono e dicono “devi fare di più, devi fare altro”.

Questo fanno i Cinque stelle. Questo fa Salvini che si intrufola senza successo in ogni angolo con le stesse finalità dei grillini. Sono tanti soldi, sono scelte giuste, sono medicine ricostituenti per la fiducia, servono ad aiutare chi non ce la fa, ma non si vuole che il messaggio arrivi e, di conseguenza, ci si chiede come si fa a consolidare l’immagine dell’Italia Paese affidabile con una politica del genere. Discontinuità, ecco la parola magica che sostiene il rinvio del rinvio.

Discontinuità, di che cosa? Discontinuità, rispetto al miracolo della terza crescita economica mondiale nel pieno di grandi shock da pandemia e guerra, per mettere in campo quali strumenti e quali iniziative? Che cosa vuol dire discontinuità? Vuol dire, forse, fare un altro scostamento di bilancio che fa scappare chi compra il nostro debito pubblico con il quale paghiamo stipendi e pensioni, teniamo aperte le scuole e facciamo funzionare gli ospedali pubblici? Vuol dire volerlo fare nel pieno di una tempesta monetaria legata alla lotta al mostro inflazione che rende più vulnerabili i titoli sovrani dei Paesi del Sud Europa? Per fare in modo, magari, che le casse dello Stato siano ancora più esangui e le aziende che devono essere liquidate per un lavoro o che fanno affidamento su contributi pubblici devono attendere ancora di più?

In questo Paese prima o poi si dovrà avere il coraggio di uscire dalla droga di un’economia farlocca e anche il coraggio di distinguere tra chi paga il conto della crisi che fa pulizia delle imprese di rapina che operano in contesti soprattutto al Nord molto favorevoli e chi invece rischia di essere spazzato via dalla stessa crisi soprattutto perché paga il conto di un contesto avverso bancario, logistico, digitale, ferroviario, scolastico, come troppo spesso avviene nel Mezzogiorno. Il Cerved ha condotto un monitoraggio capillare ed è arrivato a prevedere che 100 mila micro imprese sono a rischio   fallimento con un numero doppio al Sud rispetto al Nord. Quale sarebbe allora la risposta a tutto ciò? Il bonus finestre oltre il bonus facciate? Nuove elargizioni ad personam senza controlli e magari all’infinito? Bisogna piuttosto mettere in campo cose che possono stare in piedi, opere stabili che producono effetti per l’oggi e per il domani.  Se fai un grosso investimento sull’alta velocità ferroviaria, se coinvolgi capitali privati oltre a quelli pubblici, fai una cosa seria perché avrai un impiego strutturato e un indotto di qualità subito e metterai le basi per una crescita competitiva di quel territorio.

Logistica dell’energia, industria del mare, capitale umano con istituti tecnici  e rete delle intelligenze universitarie, grandi arterie infrastrutturali immateriali e materiali, questo significa occuparsi davvero di ridurre la povertà, accrescere le opportunità di lavoro, fare azioni di geopolitica che restituiscono al Mezzogiorno d’Italia la leadership nel Mediterraneo e, per suo tramite, all’Europa. Questo significa occuparsi della crescita italiana e del suo Mezzogiorno, non difendere l’indifendibile delle lobby dei tassisti e dei balneari per quel presunto mezzo voto in più che toglie il futuro ai nostri giovani. È ovvio che, in mezzo a una guerra mondiale a pezzetti e con gli shock depressivi da inflazione di caro materie prime energetiche e agricole e conseguente politica monetaria restrittiva,   devi imporre uno standard generalizzato perché se salvi cinque amici tuoi e altri cinquecento si sentono penalizzati e vanno per aria viene giù tutto. Il problema del Sud è il primo problema della politica economica italiana e taglia trasversalmente tutti i campi di intervento. Se nemmeno con il Piano nazionale di ripresa e di resilienza e le centinaia di miliardi in gioco tra Next Generation Eu, vecchio e nuovo programma di fondi di coesione, fondi strutturali e decontribuzione in atto da rendere strutturale, riusciamo ad evitare la solita demagogia assistenzialista e facciamo in modo che si riapra questa faglia interna al Paese, allora è bene che tutti sappiano che il Mezzogiorno sarà la palla al piede definitiva dell’Italia intera, non del solo Mezzogiorno.

Perché le forze populiste che hanno già avuto, su questo punto, la loro nefasta stagione di governo torneranno a dire che per non far morire il Sud si deve subito allargare la borsa pubblica dell’assistenza che viene poi scambiata con indebiti vantaggi al Nord. Alla fine, tutto questo circolo perverso non può non pagarsi salato con la legge di bilancio e le elezioni regionali in Sicilia senza una mano ferma alla guida del governo che impedisca di moltiplicare per mille i danni comuni già prodotti da queste idee nefaste sul piano mediatico. Il Paese deve avere il coraggio di uscire dal circolo vizioso della spesa storica che rende il cittadino meridionale di serie B rispetto al cittadino del Nord di serie A in tutti i trasferimenti basici che riguardano scuola, ospedali, trasporti, ma allo stesso tempo serve un’assunzione di responsabilità collettiva della società meridionale a partire dalla sua classe dirigente.

Impressiona che in corsa per sostituire Boris Johnson alla guida della Gran Bretagna ci sono un curdo iracheno,  Nadhim Zahawi, il figlio di un ex autista pakistano e un ex indiano. Il più accreditato è il primo che è arrivato in Inghilterra a nove anni, una storia di successo alle spalle, ottimo ministro per le vaccinazioni, che ha scelto di entrare in politica non nel partito laburista ma in quello conservatore. Questo che cosa vuol dire, mi chiederete, perché ne parli qui? Perché queste cose possono succedere in nazioni dove c’è un’idea forte di Paese che passa per un’idea di azione di assorbimento compiuta. Se pensiamo ai disordini razziali in Inghilterra negli anni Sessanta con gli arrivi dalle ex colonie che scardinarono l’equilibrio sociale, dobbiamo concludere che di strada ne è stata fatta parecchia. Fare in Italia le opere del Pnrr e restituire i diritti violati nella scuola come nella sanità e nei trasporti, significa creare davvero quella cittadinanza nazionale della comunità meridionale che perfino l’Inghilterra della Brexit ha concesso addirittura ai figli delle loro ex colonie.

I Cinque stelle non parlano più del Mezzogiorno e sono stati eletti in gran parte in quei collegi. La verità è che loro sono stati eletti nel Sud, ma a farli votare è stata “la rabbia del Sud” che loro hanno deluso dicendo di abolire la povertà da un balcone. La gente del Sud ha aperto gli occhi e non vuole più vivere di assistenzialismo e di lavoretti in nero. Hanno detto i grillini che avrebbero rovesciato il tavolo, ma non è stato così. Hanno solo, con più forza del passato, somministrato la solita minestra della elemosina e del lavoro nero.  Che sono la condanna dell’Italia prima ancora che del Mezzogiorno.


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