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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nella sua visita all'Ucraina

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Siamo di fronte a esigenze di misure di finanza pubblica da 40/50/60 miliardi e non hai i saldi di bilancio da cui attingere, non hai la crescita che ti paga le misure, e avrai in più le pressioni internazionali per riportare Draghi al timone del Paese con messaggi che potranno essere convenzionali e non convenzionali e che prescindono dalla linearità assoluta dei suoi comportamenti. Abbiamo bisogno ora di interventi nel segno dell’unità nazionale perché non ci sono i tempi tecnici per aspettare le elezioni, la nuova maggioranza, l’elezione del presidente del senato e della camera, le consultazioni per formare il nuovo governo. Chi ha fatto cadere Draghi nascondendosi ed esponendo questo Paese al rischio politico di una campagna elettorale anzitempo che paghiamo noi, abbia almeno la dignità di non ostacolare l’azione urgente per fare quello che si deve fare in Italia e in Europa nei limiti in cui è possibile farlo. Il mondo che esisteva prima della grande crisi del 2008/2009 non esiste più e bisogna che tutti ne prendano atto.

La dinamica del prezzo del gas che tocca i 323 euro a megawattora fa paura, mette in crisi i bilanci familiari e rischia di fare chiudere le aziende. Soprattutto accorcia il calendario. Gli hedge fund scommettono, per ora a vuoto, contro il debito italiano con la cifra più alta dai tempi della grande crisi finanziaria globale. Qualcosa che vale, secondo i dati di S&P Global Market Intelligence, oltre 39 miliardi di obbligazioni italiane prese in prestito dagli investitori per scommettere su un calo dei prezzi e che rappresenta in assoluto il livello più alto dal gennaio 2008. Motivo: le crescenti preoccupazioni per le turbolenze politiche a Roma e per la dipendenza del Paese dalle importazioni di gas russo.

Basta balle, siamo costretti a ripeterci. Speriamo che al posto di farci risentire i loro nauseanti comizi quotidiani i capi di Cinque stelle, Forza Italia e Lega che hanno staccato la spina al governo Draghi che ha fatto miracoli per miserevoli calcoli elettorali senza neppure metterci la faccia, abbiano ora almeno la decenza di nascondere in qualche sgabuzzino quella stessa faccia e di non parlare più di pagliacciate fino al giorno del voto. Perché il tasso di irresponsabilità dei loro comportamenti ha privato il Paese del punto massimo di credibilità raggiunto nella sua storia che alleviava gli impatti recessivi della guerra e produce viceversa ora danni concretissimi che incidono oggi, non domani, sull’economia italiana, sul futuro delle imprese e dei nostri figli.

Parliamo di danni certi e calcolabili. Tutto ciò li priva agli occhi della comunità nazionale e internazionale del benché minimo livello di affidabilità. Non è più sopportabile il loro comizietto quotidiano a base di decine se non centinaia di miliardi di promesse che riducono la finanza pubblica italiana a un gioco di prestigio per cui si fabbricano e vendono sogni mentre la barca italiana deve navigare tra flutti tempestosi e ha bisogno di trovare decine e decine di miliardi che non ha. Altro che regali in libertà. La Meloni che avverte l’umore di queste elezioni politiche e sente il peso di quello che può cadere sulle sue spalle non fa che ripetere che non metterà a rischio i conti e invita i suoi alleati a smetterla con le promesse senza fondamento. Il punto è che la frittata è stata fatta e il conto lo paghiamo noi.

Il problema ormai non è più la manovra, ma cosa fare adesso. Ricordiamo ai nostri politicanti in campagna elettorale sotto l’ombrellone che i crediti di imposta per le imprese sul gas sono scoperti dal primo di ottobre e valgono 3 miliardi a trimestre, ma per calmierare un prezzo a 150/200 euro non a 323 a megawattora. Quindi serve il doppio. Ricordiamo a questi signori della politica di lunga militanza e età anagrafica e ai loro eredi giovanotti, che hanno attentato tutti insieme al bene comune del Paese, che oggi servono 25 miliardi solo tra conferme di cuneo fiscale, indicizzazione delle pensioni, impegni sui contratti pubblici, e altri 15 miliardi per un punto di deficit in più causa minore crescita per la crisi del resto del mondo.

Qualcuno si ricorda poi che, oltre i crediti di imposta, ci sono da rinnovare le misure dell’energia non solo per il gas ma anche per la benzina e in termini di oneri di sistema tra bonus fiscali, iva al 5% e piano degli aiuti bis prorogato fino a fine anno senza fare i conti con una bolletta che decuplica i suoi costi?

Facciamola finita, non abbiamo più tempo di aspettare l’autunno! Siamo davanti peraltro a una discussione su palliativi che hanno inevitabilmente un’efficacia limitata, perché per risolvere   il problema serve una barcata di soldi. A questo punto, nell’attuale quadro geopolitico globale e con le nostre emergenze strutturali sopraggiunte, se non intervieni subito, il processo non lo fermi più perché stai allegramente creando le condizioni dell’autunno per la tempesta perfetta. Siamo di fronte a esigenze di misure di finanza pubblica da 40/50/60 miliardi e non hai i saldi di bilancio da cui attingere, non hai la crescita che ti paga le misure, e avrai in più le pressioni internazionali per riportare Draghi al timone del Paese con messaggi che potranno essere convenzionali e non convenzionali e prescindono dalla linearità assoluta dei suoi comportamenti.

Poiché il default dell’Italia causa stazza e performance della sua economia comparate con le altre grandi economie europee è un evento impossibile non improbabile – è bene essere sempre corretti anche quando si lanciano gli allarmi – a maggior ragione dobbiamo almeno avere la consapevolezza che se si scatena un fronte speculativo internazionale che incrocia i 323 euro del gas a megawattora e le scommesse  speculative miliardarie di cui parla il Financial Times ti ritrovi davanti a un conto di quello che serve non l’anno prossimo ma adesso e che ti obbliga a chiudere all’istante l’ombrellone dei comizi. Il Piano di razionamenti intelligenti che le aziende stanno già facendo come gli uffici pubblici perché gli inviti sono partiti da tempo e sono stati raccolti va ulteriormente affinato e esteso. Soprattutto, però, a settembre non in autunno, in Italia e in Europa, serve ora una unità nazionale che metta al riparo le misure giuste dai fuochi di artificio di una campagna elettorale. Servono un decreto di sicurezza per l’attuazione del Pnrr e gli interventi possibili italiani e europei contro il ricatto putiniano sul gas che sta facendo ballare le economie europee. Rispetto al quale sono semplicemente meschine e/o infantili le manovrette politiche putiniane di casa nostra che conseguono il solo risultato di indebolire il fronte europeo.

Abbiamo bisogno ora di interventi nel segno dell’unità nazionale perché non ci sono i tempi tecnici per aspettare le elezioni,  la nuova maggioranza, l’elezione del presidente del senato e della camera, le consultazioni per formare il nuovo governo. Chi ha fatto cadere Draghi nascondendosi ed esponendo questo Paese al rischio politico di una campagna elettorale anzitempo che paghiamo noi, abbia almeno la dignità di non ostacolare l’azione urgente per fare quello che si deve fare nei limiti in cui è possibile farlo. Il mondo che esisteva prima della grande crisi del 2008/2009 non esiste più e bisogna che tutti ne prendano atto.


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