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Giorgia Meloni

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Assistiamo alla lotta tra circoli della burocrazia pubblica e delle principali istituzioni italiane che a fronte di una manifesta volontà della Meloni di operare scelte competenti, a partire dall’economia, che sappiano fare le cose nel solco tracciato da Draghi e riassicurino Europa, Bce e mercati attingendo fuori dai partiti, non riescono a fare di meglio che dividersi in fazioni contrapposte e non contribuiscono di certo a favorire scelte tanto ponderate quanto necessarie. Vorremmo ricordare sommessamente a tutti che la qualità e la coesione della composizione della squadra di governo è la premessa indispensabile per attraversare indenne un girone infernale che ci vede già sotto osservazione delle principali agenzie di rating ancora prima che il governo sia insediato

Non giochiamo con il Paese. Non possiamo permettercelo. Non possiamo fare passare la convinzione che la Meloni è una donna sola al comando ancora prima che abbia ricevuto l’incarico di formare il governo dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Non c’è solo il tema dei partiti e dei capi partito della coalizione vincente che non hanno percepito fino in fondo la gravità della situazione altrimenti non avrebbero fatto cadere il governo Draghi. Non c’è solo il problema ulteriore che non hanno cambiato idea ancora oggi con una situazione mondiale di alti tassi che ci lega mani e piedi e con la prova provata fornita dal governo conservatore inglese che ha fatto saltare per aria reputazione, sterlina e conti pubblici solo annunciando di volere fare la copia della flat tax italiana del duo Salvini-Berlusconi.

No, a tutto ciò, in un quadro di economia reale italiana fermata dalla crisi del resto del mondo e dal peso insopportabile del ricatto putiniano sul gas, si aggiunge il problema della lotta tra circoli della burocrazia pubblica e delle principali istituzioni italiane che a fronte di una manifesta volontà della Meloni di operare scelte competenti, a partire dall’economia, che sappiano fare le cose nel solco tracciato da Draghi e riassicurino Europa, Bce e mercati attingendo fuori dai partiti, non riescono a fare di meglio che dividersi in fazioni contrapposte e non contribuiscono di certo a favorire scelte tanto ponderate quanto necessarie.

Vorremmo ricordare sommessamente a tutti che è in gioco il Paese. Che la qualità e la coesione della composizione della squadra di governo è la premessa indispensabile per attraversare indenne un girone infernale che ci vede già sotto osservazione delle principali agenzie di rating ancora prima che il governo sia insediato. Siamo spacciati in partenza se ripetiamo la solita scenetta della solita Italia di legioni di mezze tacche della burocrazia e della politica che premono e ottengono posti di governo e di sottogoverno senza avere nemmeno capito che cosa significa fare entro Natale la legge di bilancio più difficile della storia recente – c’è un tesoretto lasciato in eredità da Draghi, ma c’è una montagna di risorse da trovare vincendo la battaglia europea sul gas – e attuare tutte le riforme e gli investimenti concordati con Bruxelles all’interno del Piano nazionale di Ripresa e di Resilienza.

Significa non avere neppure capito che condurre nei tempi preventivati alla fase strettamente esecutiva il processo riformatore compiuto avviato da Draghi portando a regime un cambiamento effettivo della operatività delle burocrazie ministeriali e territoriali è la pre-condizione per continuare ad incassare i fondi europei del Pnrr e avere la certezza che lo scudo della Bce scatti davvero non appena la speculazione già in agguato proverà a tornare a scommettere contro l’Italia.  

Abbiamo capito o no che tra i target che ci aspettano al varco c’è l’apertura effettiva dei cantieri quando non si riescono ancora a chiudere i bandi di gara a causa del rincaro dei prezzi? Abbiamo capito o no che bisogna accelerare sulla capacità di fare le cose come avrebbe di certo fatto il governo Draghi e come ha opportunamente sottolineato  proprio la Meloni rivendicandolo come priorita? Abbiamo capito o no  che la delega fiscale va fatta così come la legge della concorrenza? Che sono tutti impegni assunti con regolari contratti firmati e sottoscritti sull’onore della Repubblica italiana? Abbiamo capito o no che alla guida politica dei ministeri chiave per l’economia servono persone capaci di studiare i dossier e non di fare propaganda annunciando ciò che non partirà mai ?

Serve uno spirito di Paese che dimostri amore e rispetto verso l’Italia altro che annunci di Aventini a vita. Serve una solidarietà collettiva per assecondare lo sforzo della prima donna premier della Repubblica italiana sia perché lo hanno voluto gli italiani sia perché il momento non consente speculazioni politiche e mediazioni al ribasso. Quello che è accaduto con le frasi irripetibili della ministra francese è davvero illuminante. Ci si permette di parlare della premier in pectore di casa nostra come mai si sarebbe fatto nei confronti di conservatori tipo Boris Johnson e Liz Truss che hanno fatto in Inghilterra più disastri in due di quanti errori possano avere commesso tutti quelli che li hanno preceduti.

Ci si permette di farlo quando viceversa l’esercizio di responsabilità  svolto dalla Meloni dal giorno dopo le elezioni dimostra l’esatto contrario. A nessuno deve essere consentito di trattare l’Italia in questo modo perché non siamo la repubblica delle banane e il solco tracciato è forte e richiede la volontà di tutti di proseguire rimanendo saldamente ancorati all’idea di una nuova Europa e di una nuova Italia.

Allora vogliamo dirla proprio tutta. È vero che a rimettere le cose a posto ci ha pensato il Capo dello Stato con la forza della sua autorevolezza e che ha fatto benissimo la Meloni a fare sentire la sua voce. Ne è mancata una, però, di voce che è quella della opposizione più rappresentativa che c’è in Italia che viceversa avrebbe dovuto esprimere la sua indignazione ancora prima che Mattarella prendesse cappello. Che è la stessa opposizione che non ne ha indovinata una in campagna elettorale perché ha dimenticato l’interesse nazionale e ha alzato bandiere fuori dalla storia. Sono gli stessi errori che compiono quei circoli della grande burocrazia italiana che invece di correre a dare una mano al Paese che ne ha bisogno e alla premier in pectore che ha l’umiltà e l’intelligenza di chiederla si fanno la guerra tra di loro. No, è in gioco l’Italia, smettiamola di fare i soliti giochini. La serietà dell’Italia riconquistata dall’azione e dal metodo di lavoro del governo Draghi è il capitale reputazionale più importante che il nostro Paese ha oggi per affrontare la stagione della recessione globale che per noi è ancora oggi rallentamento della crescita. Rendiamoci tutti almeno conto che l’alternativa a questo percorso è il baratro. A scommettere contro il Paese sono già in tanti guai se apriamo varchi interni.


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