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C’è un’inflazione da profitti e da sussidi tutta italiana dalla quale ci dobbiamo liberare in fretta. Anche perché se si vogliono vincere in Europa le battaglie del fondo sovrano comune, della grande politica industriale europea e quella urgentissima di un fondo di garanzia unico a tutela di tutti i depositi bancari, c’è bisogno di tenere la barra dritta in casa e di attivare una rete di alleanze di peso fuori casa. Di cose facili in questo quadro geopolitico non ce ne sono più. Alcune, però, vanno fatte assolutamente. La prima di questa per l’Italia è buttare giù l’inflazione nella sua componente domestica generata da extraprofitti. Questo serve al governo prima di tutti e deve capirlo.

Siamo immersi in un dibattito pubblico interno dove ci si occupa di tutto ciò che non serve e si ignora sistematicamente tutto quello che accade nel mondo. Ignorando o facendo finta di ignorare che quello che accade nel mondo cambia la nostra vita e accende ipoteche sul futuro dei nostri figli. Si è fatto di tutto per attentare al bene comune di una posizione del Paese convintamente euro-atlantica che è l’unica possibilità che l’Italia ha per esercitare un suo ruolo nel ridisegno del nuovo ordine mondiale.

Si sottovalutano le sfide cruciali del nuovo posizionamento strategico euromediterraneo dell’Europa che consegnano peraltro all’Italia un ruolo guida nella costruzione di quella economia di pace che può riunire le due sponde del Mare Nostrum mettendo insieme la filiera delle nuove energie con quella della nuova industria e del nuovo capitale umano. Non si percepisce neppure la portata di una sfida che si può vincere solo con un’Europa unita perché si tratta di espugnare territori africani e mediorientali conquistati con le armi dei russi e i soldi dei cinesi in un cambio di consegne tra protettorati coloniali franco-inglesi a nuove egemonie autocratiche cinesi e russe con finalità imperialiste.

A tutto ciò che delinea un quadro globale denso di insidie e di rischi geopolitici si aggiunge quello di importante che sta succedendo sui mercati costringendoci a fare i conti con una mandria di banche impazzite a causa di una stretta monetaria europea e globale che rischia di creare tensioni finanziarie di primaria grandezza. Chi aveva avvisato di non guidare questi processi a fari spenti perché l’inflazione non è un problema che si risolve a colpi di accetta, potrà almeno rivendicare il merito di avere segnalato per tempo i rischi di un percorso accidentato.

Così come sarebbe bene che il governo italiano si mettesse in testa che è opportuno mitigare gli eccessi di entusiasmo e che fare scendere l’inflazione al 2% è nell’interesse dell’Italia. Perché rimanere a un livello di prezzi così alti potrebbe essere per noi molto costoso come fu negli anni ottanta e novanta. Perché con l’inflazione alta e la spirale che ne consegue diventa più rischioso investire mentre se il processo diventa discendente i debitori più grandi ne avrebbero vantaggi.

È evidente che il governo deve essere contento se si pilota l’inflazione verso il basso anche se non a costo di schiantare l’economia. Perché anche uno studente universitario di primo pelo sa che l’inflazione bassa avvantaggia chi emette molti titoli sovrani, mentre l’inflazione alta costringe a pagare rendimenti molto più alti per collocarli sui mercati. È esattamente il nostro caso. È interesse dell’Italia, insomma, prima di tutti buttare giù l’inflazione. È interesse dell’Italia capire l’intervallo di tempo dentro cui ciò può avvenire.

Quello che, purtroppo, sta accadendo è che l’inflazione complessiva cala perché sono scesi i prezzi energetici, ma questa discesa non lascia un segno sugli altri beni come il carrello alimentare e questo diventa pericoloso per l’economia italiana e per il Tesoro della nostra Repubblica che deve emettere e collocare titoli sovrani per pagare stipendi e pensioni.

Siamo al punto che discutiamo di inflazione core, al netto cioè della componente energetica, mentre i costi continuano a crescere e i salari non crescono. Questo genera il circolo vizioso italiano che è determinato essenzialmente da un fatto. Le aziende italiane esportatrici stanno uscendo quasi tutte da una stagione di profitti alti perché hanno fatto bene e perché i governi sono intervenuti a loro sostegno con la finanza pubblica. Ora, però, e questo proprio non va bene, continuano a tenere i prezzi alti approfittando del disordine inflazionistico.

A questo punto, lo stesso governo, diciamo lo stesso Stato, che non possono non essere contenti dell’inflazione in calo si devono porre il problema di come guidare ulteriormente il processo disinflazionistico perché un po’ di costi vanno ancora pagati ma non a ogni costo. Non solo i salari, ma anche i profitti vanno tenuti sotto osservazione. Non è possibile che ci siano aziende con profitti alti e salari bassi approfittando del fatto che i sindacalisti alla Landini hanno pensato a fare politica e si sono addormentati. Per cui negli altri Paesi si chiedevano e ottenevano aumenti giustamente molto contenuti, ma aumenti, noi invece proprio niente.

Adesso c’è il rischio concreto che dopo il lungo sonno Landini si svegli e chieda la luna a un Paese che se non è entrato in recessione avrà un potere d’acquisto più basso e un’economia indebolita. Per cui nella distribuzione del reddito i lavoratori ci hanno rimesso rispetto alle imprese più del dovuto e questo non fa bene alla crescita dell’economia e alla tenuta sociale del Paese. La moderazione salariale di Landini è l’altra faccia della politicizzazione di chi rappresenta pensionati e lavoratori. Del ruolo alterato di un sindacato che avrebbe invece dovuto battersi come ha sempre fatto la Cisl di Sbarra per portare a casa tutto quello che era possibile ottenere in termini di produttività senza alimentare sogni e favorire le campagne elettorali della demagogia.

Ora questa spirale inflazionistica europea ancora fuori controllo, aggravata da una guida monetaria oggettivamente non all’altezza perché priva di linea e di leadership sui mercati, ha finito con il mettere in fibrillazione anche le banche e, soprattutto in Italia, si scherza con il fuoco. C’è un’inflazione da profitti e da sussidi tutta nostra che non vogliamo e dalla quale ci dobbiamo liberare in fretta.

Anche perché se si vogliono vincere in Europa le battaglie del fondo sovrano comune, della politica industriale europea dei grandi deal e della grande ricerca, e quella urgentissima di un fondo di garanzia unico a tutela di tutti i depositi bancari, c’è bisogno preliminarmente di tenere la barra dritta in casa e di attivare una rete di alleanze di peso fuori casa. Di cose facili in questo quadro geopolitico non ce ne sono più. Alcune cose, però, vanno fatte assolutamente. La prima di questa per l’Italia è buttare giù l’inflazione nella sua componente domestica generata da extraprofitti.


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