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Il ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani

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Si è percepita a Milano la forza resiliente della politica che si nutre di atti come quello del grande combattente Berlusconi. Che, però, cammina dentro un’organizzazione e vive di equilibrio, valori e coerenze. La strada del partito conservatore italiano saldamente europeista e con un progetto di sviluppo alla pari con l’Africa è la sfida da vincere. Questa sfida si innesca con la scintilla, ma ha bisogno delle donne e degli uomini di domani guidati da passione e realismo. Tajani rappresenta la forza dell’esperienza frutto di un impegno europeo con ruoli di responsabilità plurimi di altissimo livello e l’intelligenza personale di non fare mai il furbo nel senso di dire o fare capire “con Berlusconi c’ero per sbaglio” come hanno fatto molti quando hanno pensato (sbagliando) che Berlusconi era finito.

ANTONIO Tajani rappresenta nella politica italiana la forza dell’esperienza. Conta ogni giorno di più il fatto di avere alle spalle una storia importante non prettamente politicista, che vuol dire tutta interna alla lotta di correnti di partito senza una visione globale, ma frutto di un impegno europeo con ruoli di responsabilità plurimi tutti di altissimo livello che lo accreditano al di là di essere un uomo di Berlusconi. Con l’intelligenza personale che è mancata a molti di non fare mai il furbo nel senso di dire o fare capire “con Berlusconi c’ero per sbaglio” come hanno fatto appunto molti quando hanno pensato (sbagliando, il bisticcio di parole è voluto) che Berlusconi era finito.

Questo è un altro atto di serietà che connota la sua esperienza politica costruita di solido realismo interno e di ancoraggi europei fondanti senza sbandamenti di sorta. La sua collocazione nel partito popolare e la nettezza delle alleanze internazionali che escludono derive estremiste ne fanno congiuntamente un baluardo riconosciuto in casa e fuori della collocazione strategica dell’Italia dentro la grande storia europea e quella ancora più importante da costruire della nuova Europa della solidarietà. Tutto ciò fa inevitabilmente di Tajani – come ha dimostrato la due giorni milanese di Forza Italia di cui è il regista assoluto e l’affetto ombelicale che lega la sua comunità a Berlusconi – un uomo importante di questa nuova fase della politica italiana. Anche se, come è nella normalità delle società democratiche, si dovesse poi andare in un’altra direzione. È stimato Tajani, anche dagli altri. Questo valore di realismo della politica italiana può sfuggire dietro il gioco delle emozioni e il semplicismo della cronaca politica italiana, ma proprio per questo merita di essere sottolineato.

La forza indiscutibile della presa politica dell’uomo che ha governato più a lungo questo Paese, Silvio Berlusconi, che è lo stesso che ha costruito da zero un patrimonio industriale del Paese che appartiene al mondo, a cui vanno i nostri auguri di piena guarigione, sono per tutti il segno della giornata politica di oggi. Non abbiamo mai risparmiato critiche al suo pesante fardello di conflitti di interesse, ma non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscere le sue doti irraggiungibili di combattente che appartengono alla sua visione anticipatrice di costruire un’alternativa liberale e conservatrice alla sinistra del Paese che solo a sprazzi è stata quella che doveva essere, ma che resta un’intuizione strategica da capitalizzare finalmente sui binari giusti. Il grande combattente che torna a parlare è una festa della democrazia che restituisce alla storia di Berlusconi le scelte operate da statista e mette per un giorno da parte l’intreccio distorto degli errori reali e del cumulo di veleni, soprattutto giudiziari, che indubbiamente ci sono stati e lo hanno colpito.

Per questo con una decisione che riteniamo assolutamente controcorrente abbiamo deciso proprio in questa giornata storica del Cavaliere, al pari di altre che ne hanno segnato la unicità della sua esperienza di politico e di imprenditore, di occuparci del realismo di Tajani. Che significa misurarsi in casa con i problemi sociali e economici senza assecondare o stimolare l’urlo della piazza costruendo le soluzioni possibili ai bisogni delle persone. Che significa, come ha sempre fatto in politica estera, sintonizzarsi sull’interesse nazionale dentro un quadro articolato di cui tenere sempre conto. Facciamola breve. Essendo uno di quelli che ha visto come funziona il mondo sa e, quindi, fa. Da un lato conosce la forza dell’Europa, ma ne conosce come pochi anche le debolezze. Questo è fondamentale perché di fatto noi dobbiamo giocare la partita dentro quella squadra lì. Noi non possiamo fare l’Inghilterra o l’Europa che fa solo l’alleata con gli Stati Uniti, anche se questo rapporto è stato e sarà importantissimo. La nostra partita è quella di un Paese Fondatore che guida la messa in comune del suo bilancio, della sua politica estera e della sua difesa, ma soprattutto ha piena consapevolezza che sono cambiate le direttrici del mondo e che l’Italia per ragioni storiche e geografiche è quella che può meglio capitalizzare il rapporto con i quattro mediterranei.

Tajani è un realista e ha capito che l’Italia può svolgere un ruolo importante se non farà mai come Paese il bullo. Perché fare i bulli non serve e, quando come è successo con Darmanin, la Francia esagera, prende decisioni risolute e fa saltare l’incontro con la collega ministro degli Esteri. A nessuno può essere consentito di trattare l’Italia e chi la governa pro tempore senza rispetto e, addirittura, offendendo. Dentro questo realismo c’è un progetto europeo, non solo italiano, che si rende conto che l’Africa è un passaggio fondamentale perché può essere un grande polmone di sviluppo che produce la ricchezza che può servire al resto del mondo o il continente che andando alla deriva spinga la crescita abnorme dell’immigrazione illegale nel resto del mondo. Per questo l’approccio è quello di portare lo sviluppo dove non c’è, di creare in Africa il nuovo hub che produce ricchezza per loro e per noi e che diventa gemello dell’unicità del grande hub del Mediterraneo che può avere l’Europa e che siamo noi, il Mezzogiorno italiano. Solo con scelte e comportamenti di questo tipo si può concorrere in modo decisivo alla costruzione nel medio termine di quel partito conservatore italiano saldamente ancorato alle istituzioni europee e alla nostra storia democratica. Si è percepita a Milano la forza resiliente della politica che si nutre di atti d’amore come quello compiuto da Berlusconi che ne sono la base costituiva.

Queste idee devono, però, camminare dentro un’organizzazione e si nutrono di equilibrio e di valori più volte richiamati dallo stesso Cavaliere. La strada del partito conservatore italiano saldamente europeista è la sfida da combattere e vincere. Questa sfida ha bisogno della scintilla, ma cammina sulle gambe delle donne e degli uomini di domani guidati dalla passione e dal realismo. Che non ammettono scorciatoie e accomodamenti.


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