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Giorgia Meloni e Mario Draghi

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Non possiamo trovarci impreparati con meno credito internazionale davanti a una nuova crisi di origine cinese con conseguente rallentamento globale e di fronte a una situazione nazionale dove i prezzi salgono e i salari sono fermi senza che scoppi la protesta sociale grazie alla coda lunga del biennio magico di Draghi preservato dalla Meloni costruito tutto sulla fiducia. Il colpo di sole di mezza estate del pasticcio sulle banche va chiuso per togliere l’alone di populismo di ritorno che circola in Europa sulla testa della Meloni e che fa pensare a un Paese con l’acqua alla gola quando non è vero.

Non possiamo trovarci impreparati senza credibilità internazionale, o anche semplicemente con meno credibilità, davanti a una crisi internazionale di tipo economico-finanziario che nessuno può più escludere e a una situazione interna dove al netto della propaganda per fortuna la protesta continua a non esplodere ma, come ci insegna la storia, il sistema sociale delle proteste scoppia quando meno te lo aspetti. Bisogna che qualcuno trovi la forza di riferire al Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che dopo il colpo populista di mezza estate salviniano sulla più pasticciata delle supertasse alle banche a livello mondiale, i big dei grandi investitori globali hanno cominciato a porsi una sola domanda: ma se si fa una cosa così senza il ministro dell’Economia confondendo ricavi con profitti, senza avvertire governatore e banchieri, e rischiando di fare saltare decine di banche locali, non sarà allora che il bilancio pubblico italiano non tiene più?

Vuol dire, forse, che l’Italia è davvero con l’acqua alla gola e che è bene tenersene un po’ alla larga? C’è voluto il nuovo testo del ministro dell’Economia Giorgetti con il tetto allo 0,1% dell’attivo lordo e un intenso lavoro degli uomini delle istituzioni finanziarie italiane per togliere dalla testa di chi compra gran parte dei nostri titoli pubblici ragionamenti di questo tipo che confondono una mossa politica pasticciata con un problema finanziario inesistente. Il punto è che, però, questo pasticcio non è chiuso e le drammatizzazioni a uso politico interno della normale procedura di parere non vincolante obbligatorio della Bce che sarà ovviamente negativo, come lo è già stato per Spagna e Lituania, non aiutano a togliere quell’alone di populismo di ritorno che circola di nuovo in Europa sulla testa della Meloni che fino a oggi era riuscita perfettamente nell’operazione opposta.

Il punto è che siccome l’Italia non è affatto con l’acqua alla gola come confermano la stessa agenzia americana Fitch che abbassa le previsioni di Pil per tutti meno che per Italia e Francia e le performance di export e servizi della nostra economia, bisogna almeno chiedersi se è proprio necessario doversi misurare con le incognite internazionali, a partire da quella cinese, e con i problemi sociali interni mantenendosi sopra la testa questa spada di Damocle bancaria. La nostra opinione è che questa spada di Damocle va tolta all’istante. Prima, cioè, che sia troppo tardi. Non possiamo permettercela perché facciamo i conti con tre incognite internazionali. La prima riguarda la politica monetaria americana e europea, se proseguiranno o meno con gli alti tassi. La seconda incognita pone il tema del rallentamento dell’economia mondiale che per un Paese esportatore come il nostro pesa moltissimo.

La terza decisiva incognita perché ha riverberi diretti sulle prime due è rappresentata dalla bolla immobiliare cinese con il colosso Evergrande già fallito o sull’orlo della bancarotta che a sua volta mette in crisi Zhongrong, la bandiera del sistema bancario ombra cinese molto diffuso e, quindi, molto pericoloso. Anche perché questi trust raccolgono risparmio e fanno prestiti al posto delle banche come vogliono e a chi vogliono senza alcun tipo di controllo e, quindi, nessuno può escludere a priori un effetto domino. Senza dimenticarsi mai che Evergrande, che è all’origine di tutto, è una grande società di costruzioni che ha ramificazioni sul piano finanziario a livello internazionale e, quindi, anche su altri mercati avendo una seconda quotazione estera a Wall Street oltre a quella cinese.

Il che vuol dire che sono in gioco creditori esteri, ristrutturazioni in corso di asset importanti esteri che non riguardano solo l’economia cinese, dove peraltro ieri sono esplosi anche i pignoramenti immobiliari, ma l’economia globale. Non possiamo permettercela perché stando così le cose con una guerra nel cuore dell’Europa che non finisce, ci ritroviamo sul piano economico, al netto di una visione un po’ meno pessimista sugli Usa, con una Cina che per la prima volta nemmeno vuole più comunicare il tasso di disoccupazione giovanile, che chiude le sue università aumentando i controlli sui professori in ingresso, che ha una bilancia commerciale che fatica, che si muove come un’economia di guerra e alimenta dunque i peggiori sospetti. Questo va oltre il problema molto serio della bolla immobiliare e delle sue implicazioni finanziarie interne e estere.

Sul piano interno viviamo una situazione che a molti appare paradossale. Dicono: come è possibile che i prezzi volano, i salari stanno fermi e non succede niente, nessuno fa una vera protesta. Non sanno che tra tanti furbetti del listino che fanno incetta di profitti sussidiati e meriterebbero ben altro trattamento, il Paese reale soffre l’arbitrio truffaldino dei loro comportamenti macontinua a beneficiare dell’onda lunga di fiducia, crescita, nuova occupazione e sostegni sociali del biennio magico della stagione di Draghi. Attenzione, però questa onda lunga viveva di credibilità internazionale e interna, quella che si è improvvisamente follemente scalfita, e si sta esaurendo. Il sistema sociale delle proteste scoppia quando meno te lo aspetti. Non sono fenomeni prevedibili e gestibili. Sono, al contrario, cose davvero imprevedibili. Anche alla fine del Covid si previde un autunno disastroso e non successe nulla di quella catastrofe che tutti si immaginavano.

Non tornerei a scherzare con il fuoco con tutti appesi ad aspettare la finanziaria per sfruttare quella cosa lì. Il governo in positivo, le opposizioni in negativo, ma entrambi pronti a drammatizzare sia in positivo che in negativo. È proprio quello che serve ad allontanare sempre di più la gente dalla politica perché ciò che percepiscono le famiglie è se cala o meno il prezzo degli alimentari e se i figli trovano o meno un buon lavoro in Italia. Se si ritorna nella spirale populista che non risolve, ma aggrava problemi, quelle stesse famiglie cominceranno a urlare alla Meloni perché non se la prende anche con i superprofitti dell’Eni e delle grandi aziende farmaceutiche oltre che delle banche. Quello che l’Italia davvero non può permettersi è di trovarsi impreparata di fronte alla nuova possibile crisi internazionale che richiede omogeneità dell’azione di tutte le forze politiche e esclusione di ogni pulsione populista. A partire da quella bancaria che è la più pericolosa di tutte. Perché mette a rischio il patrimonio di credibilità senza il quale non si vendono i titoli pubblici e si è sconfitti in partenza.


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