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Giorgia Meloni nel giorno del suo insediamento alla cerimonia della campanella con Mario Draghi

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Ti viene almeno il dubbio che la destra è di sinistra e che la sinistra è di destra. Con 21 miliardi su 30 tutti a favore dei ceti deboli, la nuova Destra di governo, non immune da altri errori, ha mantenuto una coerenza sistemica di politica economica facendo crescere sul tronco draghiano l’albero che produce frutti concreti per chi ha meno al punto di assorbire anche gli effetti di un milione di famiglie senza più reddito di cittadinanza grillino. Il dubbio scatta soprattutto se si pensa che il Superbonus ha regalato soldi ai ricchi e ha caricato 30 miliardi di debiti l’anno sulle fasce medio base per i prossimi tre.

RICORDATE la canzone di Giorgio Gaber Destra-Sinistra pubblicata nel 1994, nell’album dal vivo Io come persona riproposta in versione registrata in studio nell’album La mia generazione ha perso (2001) e pubblicata in radio come singolo? Ricordate: “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra” e ancora: “Ma cos’è la destra, cos’è la sinistra”. Che era un modo per specificare nel 1994, sì avete capito bene, come già allora le differenze di sostanza fra le due parti, andando oltre alla mera apparenza o agli aspetti folkloristici, era difficile individuarle.

Mi è venuta in mente la canzone di Gaber scritta nell’anno in cui iniziò il bipolarismo leggendo i dati Istat di ieri che certificano che il rischio di povertà nel 2023 è sceso dal 20 al 18,8% e, cioè, di più di un punto e che, soprattutto, le politiche pubbliche di redistribuzione del reddito hanno consentito una riduzione della diseguaglianza nel passaggio dal reddito primario al reddito disponibile di ben 16,9 punti percentuali nel Mezzogiorno, di 15,2 punto al Nord e di 14,2 al Centro.

Se già nel ’94 il grande Gaber si interrogava su quali fossero le categorie di destra e di sinistra, di fronte ai dati resi noti ieri è difficile negare che tutti gli aiuti emergenziali di sostegno al reddito, dall’energia all’indicizzazione delle pensioni, in totale 21 su 30 miliardi, decisi per il 2023 con la manovra del governo della Destra, guidato da Giorgia Meloni, realizzassero sul tronco costruito da Draghi l’albero di una politica economica ancora più selettiva e attenta ai redditi medio bassi. Proseguita, peraltro, con l’ulteriore taglio dell’Irpef per il 2024 a favore dei redditi sotto i 50 mila euro. È ovvio che dall’assegno unico ai tagli dei prezzi energetici e alla riduzione del cuneo fiscale ci si è mossi in coerenza con l’impianto strategico del governo Draghi, ma è un fatto che queste misure sono state accentuate e nonostante la riduzione del reddito di cittadinanza da una certa data in poi l’effetto fortemente sociale e redistributivo di questa politica economica della Destra oggi si sente, eccome. Al punto che non mancherà neppure chi farà notare che in questa confusione di categorie saltate o intrecciate, perché di certo il reddito di cittadinanza anche con il suo carico di distorsioni è una scelta politica grillina, non può non risaltare agli occhi di tutti che il Superbonus non solo ha dato i soldi ai proprietari di case, ma ha caricato sui redditi medio bassi trenta miliardi di debito all’anno per i prossimi tre incidendo brutalmente sul bilancio pubblico. Che vuol dire andare contro l’interesse di chi ha meno che di certo non può usufruire della sanità privata, della scuola privata o dell’auto a noleggio con conducente.

La Corte costituzionale nelle sue sentenze dice che il bilancio è un bene pubblico. Il che implicitamente significa che aiuta, soprattutto, le fasce di reddito medio basse che sono quelle che hanno bisogno di una sanità pubblica che funziona, di una scuola pubblica che garantisce standard internazionali e parità di diritti civili, che ha bisogno di un trasporto pubblico efficiente per raggiungere il posto di lavoro. Questa è la realtà. Senza volere esagerare ma nemmeno metterla in canzonetta, ancorché d’autore che ha fatto la storia come è avvenuto con il grande Gaber, e riconoscendo che il sostegno a chi ha meno con lo strumento del reddito di cittadinanza, al netto di truffe e distorsioni, è stato oggettivamente potente e ancora rimane importante, non si può negare che ti viene almeno il dubbio che la destra è di sinistra e che la sinistra è di destra.

C’è una tragedia culturale, politica, umana e civile che ha fatto sì che in un certo momento la sinistra abbia dato la sensazione di avere perso completamene dimestichezza con il significato delle parole chiave povertà e diseguaglianza mentre la nuova Destra di governo, non immune da altro tipo di errori, abbia però mantenuto su questo punto una coerenza sistemica di politica economica che produce i suoi effetti concreti fino al punto di riuscire ad assorbire anche il dato di fatto oggettivo che un milione di famiglie in meno incassa il reddito di cittadinanza di stampo grillino. Un punto secco abbondante di riduzione del rischio di povertà e l’effetto redistributivo dei trasferimenti e dei prelievi di mano pubblica che hanno ridotto di 16,9 punti percentuali le diseguaglianze nel Mezzogiorno sono due dati certificati dall’Istat che scandiscono quel 2023 che si chiude con l’economia italiana nettamente in testa tra i Paesi europei rispetto ai livelli pre-Covid del 2019. Lo continuiamo a scrivere e ripetere in assoluta solitudine, ma insistiamo perché sono verità oggettive sulle quale riflettere senza pregiudizi è obbligatorio.


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