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Il gasdotto Nord Stream 2

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IL pagamento del gas in rubli costituisce una violazioni delle sanzioni contro Mosca: è questo, in estrema sintesi, il parere preliminare che i servizi giuridici della Commissione europea hanno consegnato agli ambasciatori degli stati membri.

Il decreto firmato da Vladimir Putin il 31 marzo modifica di fatto le procedure di pagamento dei contratti in essere tra Gazprom e le società acquirenti europee che dovranno necessariamente aprire due conti speciali presso la Gazprombank, uno in valuta e uno in rubli.

La procedura escogitata da Mosca, secondo gli esperti di Bruxelles, renderà praticamente impossibile alle aziende importatrici del gas russo avere il controllo sull’esito dei pagamenti, introducendo inoltre costi addizionali imprevedibili che dipenderanno dal tasso di cambio tra l’euro e il rublo stabilito dalla Banca centrale russa. Intanto l’Armenia, ha annunciato il ministro dell’Economia Vagan Kerobyan a RBC, ha già effettuato i primi pagamenti in rubli «a un tasso appropriato» per le forniture di gas russo. I prezzi, ha spiegato, dovrebbero essere in dollari ma i pagamenti in rubli. Gli effetti del decreto entreranno in vigore a partire da maggio, considerando le conseguenze sul fronte delle sanzioni, se Putin decidesse di mantenere la linea, le forniture di gas per l’Europa diventerebbero a rischio.

Nel frattempo l’Unione europea lavora a un nuovo pacchetto di sanzioni che includono lo stop al petrolio russo. Secondo quanto riporta il New York Times, la bozza del provvedimento verrà sottoposta a negoziato solo dopo il ballottaggio delle presidenziali francesi, il prossimo 24 aprile, “per garantire che l’effetto sui prezzi alla pompa non rafforzi” Marine Le Pen – contraria all’embargo – “minando così le possibilità di rielezione del presidente Emmanuel Macron”.

Raggiunto l’accordo tra i 27, l’avvio dell’embargo non avverrà comunque in tempi stretti, secondo quanto scrive l’Agence France Presse, citando fonti della Ue. “L’adozione di misure sul petrolio impone la cancellazione dei contratti esistenti e di trovare delle alternative: non si può fare dall’oggi al domani, ci vorranno dei mesi e la Commissione sta riflettendo sulle varie possibilità”, hanno spiegato le fonti.

Considerazioni che “riecheggiano” nell’articolo del vice primo ministro russo, Alexander Novak, per la rivista Energy Policy, riportato dalla Tass, e che fanno eco a Putin secondo il quale «per ora l’Europa non può sostituire il gas russo». Per Novak, infatti, “senza le risorse energetiche russe è impossibile parlare di garanzia della sicurezza energetica dell’Europa”. “La risoluzione del Parlamento europeo sul divieto di importazione delle risorse energetiche russe – scrive – rileva che la decisione dovrebbe essere accompagnata da un piano d’azione volto a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dell’Ue”. “Tuttavia, i principali attori del settore concordano sul fatto che è improbabile che i Paesi della Ue possano sostituire completamente il petrolio e il gas russi nei futuri 5-10 anni”, considera sottolineando che le forniture di petrolio ai Paesi dell’Ue dalla Russia raggiunge il 30%, il gas il 40% e la quota di carbone russo sulle importazioni totali dell’Europa è circa un terzo di tutti gli acquisti. La Commissione europea sta valutando il da farsi e nel frattempo si considera anche la possibilità di aumentare i target al 2030 per le rinnovabili e l’efficienza.

L’Italia va avanti nella sua “caccia” a nuove forniture per ridurre progressivamente la dipendenza dal gas di Mosca che rappresenta il 38% del fabbisogno del Paese. Dopo l’accordo con l’Algeria, che porterà gradualmente in Italia 9 miliardi di metri cubi per il 2023-2024, e quello siglato dall’Eni con la società di Stato egiziana Egas per 3 miliardi di Gpl, il premier andrà in Angola e in Congo – il 21 e il 22 aprile – per sottoscrivere nuovi accordi di fornitura energetica: l’obiettivo sarebbe “portare a casa” complessivamente 9 miliardi di metri cubi. A maggio volerà in Mozambico.

Il governo accelera anche sulla diversificazione delle fonti: Draghi ha annunciato un provvedimento per velocizzare le procedure autorizzative per la produzione di energia rinnovabile. Sul tavolo anche l’ipotesi di mettere in campo una commissario “anti-burocrazia”. Le misure dovrebbero essere parte del decreto con il nuovo pacchetto con, tra le altre cose, gli aiuti alle imprese più colpite dalle ricadute del conflitto in Ucraina e i provvedimenti contro il caro energia finanziato con i 6 miliardi “recuperati” nel Def. Intanto le misure messe in campo dal governo, in particolare la riduzione delle accise sui carburanti, in vigore dal 22 marzo, spiega – commenta l’Istat – la revisione al ribasso della stima dell’inflazione di marzo da 6,7% – il dato preliminare – a 6,5% su base annua (5,7% il dato di febbraio). L’energia è ancora la maggiore responsabile dei rincari, con le tariffe regolamentate che sono quasi raddoppiate in un anno e i prezzi non regolamentati, come quelli dei carburanti, che hanno segnato +36,4%.


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