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La guerra in Ucraina, con il suo bagaglio di «imprevedibilità e incertezza», i prezzi dell’energia che spingono l’inflazione e il rallentamento della crescita rendono «alto» per l’Europa «il rischio di stagnazione». La durata del conflitto, l’estensione del confronto con la Russia ai settori energetici, la fiducia degli investitori e dei consumatori, l’impatto sul commercio internazionale faranno la differenza. Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, disegna lo scenario “innescato” dall’aggressione della Russia di Vladimir Putin all’Ucraina intervenendo in videoconferenza al Forum Confcommercio Ambrosetti.

In due anni l’economia europea, rileva il commissario, ha dovuto fare i conti con «due cigni neri», prima il Covid 19, ora la guerra: «due eventi imprevedibili», «shock esterni all’Unione europea, con effetti asimmetrici» che richiedono «risposte comuni per ridurre il rischio di differenziazione tra i Paesi, che potrebbe mettere a rischio il mercato unico dell’Ue».

Gli effetti sulla crescita sono già nei numeri rimbalzati tra i diversi “bollettini” delle istituzioni internazionali e non. «Per quest’anno pensavamo a una crescita del 4% in Ue e del 4,1% in Italia, ma non sarà così», afferma Gentiloni annunciando per il 16 maggio le nuove previsioni per la Ue: «Abbiamo preso atto che la crescita sarà molto più ridotta del previsto», anticipa, per poi sottolineare come in un contesto di questo genere il Pnrr e il Next Generation Eu acquistano un’importanza ancora maggiore».

Il commissario parla soprattutto all’Italia, per cui rappresenta «una grande occasione»: «La vera sfida – afferma – è realizzare questa operazione, 200 miliardi in 4 anni, non è mai accaduta una capacità di spesa di questo tipo e di questi volumi in Italia e questa dovrebbe essere, proprio a causa del rallentamento dell’economia, l’ossessione quotidiana della politica, come so è del governo», afferma, sottolineando un terzo delle risorse finora allocate, 600 miliardi, è stato destinato all’Italia. «Questo dice quanto questa scommessa sia fondamentale innanzitutto per il nostro Paese, dato il volume della spesa, ma anche per l’Ue: se l’operazione riesce in Italia, riesce nell’insieme».

Dal bollettino della Bce e poi dalle parole del vicepresidente Luis De Guindos arriva un’ulteriore conferma della “sofferenza” del sistema economico europeo provocata dall’invasione russa che «ha gettato un’ombra sul Continente». «La ripresa sarà rallentata, l’economia dovrebbe continuare a crescere ma più lentamente delle previsioni», afferma De Guindos in audizione alla commissione Economica del Parlamento europeo. «L’impennata dei prezzi dell’energia – spiega – sta riducendo la domanda e aumentando i costi di produzione. La guerra pesa anche sulla fiducia delle imprese e dei consumatori e ha creato nuovi colli di bottiglia che sono esacerbati da ulteriori difficoltà della catena di approvvigionamento derivanti da nuove misure pandemiche in Asia. A breve – aggiunge – ci troveremo di fronte a un’inflazione più elevata e a una crescita più lenta. Ma c’è una notevole incertezza su quanto grandi saranno questi effetti».

Il vicepresidente della Bce esclude, tuttavia, rischi di recessione. «Arriveremo a una fase di crescita negativa? No. Per il momento, stando alle nostre analisi, anche nel peggior scenario possibile, nel 2022 avremo una crescita positiva». «Al tempo stesso – avverte – a causa della guerra la crescita è stata compressa e dobbiamo tener conto dell’andamento della guerra che è al di là delle nostre capacità di previsione. Per questo l’incertezza è molto elevata».

Per l’Italia il “fattore gas” gioca un ruolo di assoluto rilievo sulle prospettive di crescita, con conseguenze pesanti in caso di un’interruzione delle importazioni da Mosca. Lo rileva il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso di un’intervista con la Cnbc: «Se ci sarà uno stop» dei flussi di gas dalla Russia «prima che tutti gli aggiustamenti siano stati fatti in termini di forniture, senza dubbio ci sarà un impatto a livello di prospettive economiche. Con un blocco completo della fornitura di gas russo – sostiene – è il rischio è di una moderata recessione quest’anno e il prossimo che dovrà essere contrastata dalle politiche di bilancio. Dobbiamo garantire la sopravvivenza delle Pmi finché non avremo risolto».

Putin ha già dato il via alla guerra del gas, sospendendo i flussi verso la Polonia e la Bulgaria. La possibilità che il ricatto, che fa leva sul pagamento in rubli, coinvolga altri Paesi è più che plausibile. Intanto, «nell’immediato dobbiamo attutire il più possibile le ripercussioni del costo dell’energia e della guerra sulla ripresa economica, dobbiamo assolutamente evitare una nuova recessione sostenendo famiglie e imprese – afferma il ministro dell’Economia, Daniele Franco, di fronte alla platea di Confcommercio – La politica economica nazionale ed europea devono muoversi assieme per adattarsi al mutare delle circostanze, se necessario reperire ulteriori risorse e pensare a ulteriori interventi, anche ambiziosi». «Abbiamo indicatori sulla robustezza della nostra economia» ma, dice, ma «i rischi sono enormi».

Lunedì arriverà in Consiglio dei ministri un nuovo decreto con interventi a sostegno di imprese e famiglie alle prese con il caro-energia, insieme a misure per far fronte all’emergenza forniture di gas. «Stiamo vedendo se ci sono altre risorse disponibili. Tuttavia, con i 6 miliardi destinati con il Def al prossimo decreto arriveremo a 21 miliardi in 4 mesi». Il ministro delinea il perimetro degli interventi di sostegno: «Interverremo ancora sui prezzi di energia e carburanti, assicureremo liquidità alle imprese, daremo sostegno a famiglie e settori colpiti. Un punto importante è remunerare chi ha costruito opere pubbliche e ha sostenuto costi maggiori e chi concorrerà ai bandi in futuro, che dovrà sostenere maggiori spese». L’incertezza richiede comunque un monitoraggio continuo: «Se necessario – assicura Franco – dovremo reperire risorse per altri interventi anche ambiziosi». Anche se «dobbiamo tenere conto che ci saranno politiche monetarie meno espansive e quindi ci sono limiti a quello che possiamo fare aumentando il disavanzo pubblico. Ci muoviamo su un sentiero stretto».

Sui sostegni ai redditi, di fronte alla platea dell’assemblea di Unindustria, è andato in scena un nuovo “round” del confronto a distanza tra il leader di Confindustria, Carlo Bonomi, e il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Le famiglie e le imprese «stanno soffrendo in maniera molto forte. Dobbiamo mettere più soldi in tasca gli italiani, ma la strada non è la detassazione degli aumenti salariali» perché «le imprese non hanno spazio per un aumento» delle retribuzioni, afferma il leader degli industriali, indicando la strada della riduzione del costo del lavoro, a partire da un taglio del cuneo fiscale per almeno 16 miliardi. «Chi dice di far pagare meno l’aumento salariale è gente che non ha frequentato un solo giorno in fabbrica». «Non ho mai detto che diamo i soldi solo se si aumentano i salari», replica il ministro. La questione, dice, «è come facciamo a fare sì che una parte di quei soldi» che arrivano alle imprese dal Pnrr «vadano anche in busta paga. Le strade sono due: il cuneo fiscale, nell’ambito delle risorse che si potranno individuare, e poi c’è la contrattazione» coi rinnovi, visto che anche l’Istat oggi fotografa «sei milioni e più di lavoratori che hanno il contratto scaduto».

Al di là del confronto-scontro con Orlando, Bonomi ribadisce sostegno all’azione di governo «ma a una condizione ben precisa»: le riforme, dal fisco alla concorrenza, alle politiche attive del lavoro «bloccate da battaglie di bandierina dei partiti». Nessuna condizione invece sul fronte del gas: «Draghi su questo punto è stato chiaro e ha dato la linea al Paese – dice Bonomi –. Noi siamo con l’Europa e con le sanzioni e quindi non pagheremo in rubli».


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