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Berlino, una manifestazione davanti al Bundestag

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Il lungo addio di Angela Merkel è all’atto finale – domani in Germania si vota – e come capita solo ai grandi leader il mondo è già in preda a rimpianti e preoccupazioni. Non solo perché è stata cancelliera per 16 anni, ma soprattutto perché un vuoto a Berlino fa paura a tutti, in Europa e fuori. E l’incertezza su chi governerà la Germania è tale da rendere il panorama quasi all’“italiana”.

I SONDAGGI

La Germania torna alle urne per decidere chi prenderà il posto di “Mutti” (mammina) con ben poche certezze perché domenica, comunque vada, sarà una piccola rivoluzione per i tedeschi e per gli europei, abituati alla sua presenza, alla sua guida e alla sua autorevolezza.

A poche ore dal voto i sondaggi parlano di elezioni avviate verso un sostanziale pareggio, ma fino a pochi mesi fa la situazione era molto diversa: all’inizio, infatti, la Cdu, il partito di centrodestra di Angela Merkel ora guidato da Armin Laschet, era data per gran favorita, ma nel corso della campagna elettorale ha via via perso terreno fino a ritrovarsi a essere oggi, secondo i sondaggi, il secondo partito.

Sarebbe comunque più corretto parlare di Unione più che di Cdu, visto che quest’ultima è presente in tutto il Paese tranne che nel Land della Baviera, dove lascia il posto al suo partito-gemello, la Csu, con la quale forma appunto quella che dai tedeschi viene chiamata Union. Se la Cdu/Csu è seconda nei sondaggi, quale sarebbe il partito in testa nelle intenzioni di voto?

In cima alle preferenze degli elettori sembrano esserci i socialdemocratici di Spd guidati da Olaf Scholz, figura molto più carismatica e popolare di Laschet e, soprattutto, considerato da molti il vero erede della Merkel, poiché oltre a ricoprire la carica di ministro delle Finanze è anche vicecancelliere nell’attuale governo di grande coalizione (Grosse Koalition) formato da Cdu/Csu e Spd.

LE VARIABILI

Giova ricordare che dal 2005, cioè da quando Merkel è alla guida della Germania, la Cdu/Csu non ha mai avuto i numeri per governare da sola, ma si è alleata sia con la Spd (dal 2005 al 2009 e poi dal 2013 fino a oggi) sia con i centristi liberali della Fdp (2009-2013). Sia la Spd che la Cdu/Csu non propongono scossoni, non hanno programmi di rottura, non parlano di cambiamento e di rivoluzioni, anzi: al contrario di quel che succede in altre elezioni, la cosa migliore da promettere ai tedeschi del 2021 è la continuità con il passato.

Così, con i loro programmi fortemente europeisti contraddistinti da differenze non così enormi (del resto, riescono a governare insieme da 8 anni), i due partiti si preparano – a meno di sorprese – a ottenere un sostanziale pareggio in queste elezioni, con i sondaggi che attribuiscono loro rispettivamente il 25 e il 21% dei voti.

Alla luce di questi numeri (e della legge elettorale tedesca) né la Spd né la Cdu potranno governare da sole, ma dovranno per forza stringere accordi per cercare una maggioranza stabile in Parlamento, come ha già fatto Merkel nei suoi 16 anni da cancelliera. Al momento, però, nessuno ha davvero idea di come potrebbe comporsi una maggioranza solida.

Molto dipenderà da quanti seggi nel Bundestag prenderà ciascun partito: in particolare, andranno valutati i risultati dei Verdi (che avrebbero dovuto rappresentare la grande sorpresa di questo voto, ma che invece sono ora al 15%), della Fdp (data all’11%), dell’estrema destra di AfD (anch’essa intorno all’11%) e dell’estrema sinistra della Linke (al 7%).

LE POSSIBILI COALIZIONI

L’incertezza è così grande che l’Economist ha realizzato un modello incentrato sulle varie ipotesi di coalizione che potrebbero formarsi dopo il voto. Da questo modello emerge che oggi vi sono grosso modo le stesse possibilità che si crei una maggioranza “Semaforo” (ossia con socialdemocratici, liberali e verdi), una maggioranza “Giamaica” (con Cdu, liberali e verdi) o una maggioranza “Germania” (con Cdu, liberali e Spd).

L’unica cosa che pare davvero certa è la conventio ad excludendum nei confronti della destra sovranista e populista di AfD, con cui nessun partito vuole entrare in coalizione. Il fatto che il modello dell’Economist dia per egualmente possibili coalizioni così radicalmente diverse tra loro significa che nessuno, per ora, sa davvero cosa accadrà: a fare la differenza saranno il numero dei parlamentari ottenuti da ciascun partito e soprattutto le capacità tattiche e di negoziazione di ogni leader.

Angela Merkel ha navigato con abilità per 16 anni e quattro mandati attraverso mari tempestosi: dal Covid all’emergenza profughi, dall’ambiente ai rapporti con la Cina e con la Russia, dall’insorgere di sovranisti e xenofobi, in Germania e all’Est, alla crisi dell’euro: il successore avrà davanti un modello difficile da superare e sfide epocali da affrontare. 


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