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Immagini nei pressi del luogo dell'attentato a Nizza

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Tutto era già scritto. Come avevamo previsto la trappola di Erdogan è scattata: non si può certamente affermare che lui abbia ispirato l’attacco con i tre morti a Notre Dame a Nizza ma è chiaro che il leader turco, prendendo di mira la Francia e insultando Macron, ha incendiato il mondo musulmano con conseguenze imponderabili.
Quale è il pericolo adesso? Che cominci il ben noto “scontro di civiltà”, quella contrapposizione tra l’Occidente il mondo musulmano che si presta a strumentalizzazioni di ogni genere. E’ in momenti come questi che bisogna ricordare quanto è avvenuto nelle relazioni tra l’Europa, gli Stati Uniti e le nazioni musulmane. Una storia antica, complessa, che però se ci limitiamo agli ultimi decenni è costituita da tappe piuttosto chiare.

L’estremismo islamico non nasce dal nulla. Nel 1979 la rivoluzione di Khomeini in Iran fa fuori lo Shah considerato dagli americani il loro guardiano nel Golfo: la presa degli ostaggi nell’ambasciata americana segna una rottura che non si è mai più ricomposta anche perché l’accordo sul nucleare di Obama con Teheran nel 2015 è stato affossato da Trump. Quale fu la risposta occidentale 40 anni fa alla rivoluzione sciita khomeinista? Incoraggiare e armare insieme alle monarchie del Golfo l’Iraq di Saddam Hussein che mosse guerra all’Iran: otto anni di conflitto un milione di morti. Il “mostro” Saddam, che poi invase il Kuwait nel 1990, era stato tenuto in piedi da noi e delle monarchie sunnite del Golfo cui vendiamo armi a tutto spiano e con le quali Trump e Israele fanno una finta pace, quella di Abramo, che lascia intatte tutte le ingiustizie del Medio Oriente, occupazione della Palestina compresa.

Poi gli Usa nel 2003 decisero, sulla scorta di false prove sulle armi di distruzione di massa irachene, di distruggere il regime laico baathista aprendo la strada ad Al Qaida e poi anche al Califfato, cioè al peggiore estremismo islamico che come prime vittime ha avuto, ancora prima degli europei, proprio le popolazioni arabe. Da lì si è aperto un vaso di Pandora che nessuno ha saputo più richiudere.

Nel dicembre del 1979 l’Urss invase l’Afghanistan e il fronte occidentale costituito dagli Usa con il sostegno del Pakistan e i soldi dell’Arabia Saudita colsero l’occasione per fare la guerra a Mosca usando i mujaheddin che sulle ali della vittoria contro la superpotenza sovietica si trasformarono nei talebani e nei jihadisti contro cui si combattè la guerra all’indomani dell’attentato alle Due Torri dell’11 settembre 2001. Quei jihadisti, di cui molti originari dei Paesi arabi, avevano intanto portato guerriglia e terrorismo in Algeria, in Egitto, in Yemen, in Somalia.

Oggi con quei talebani gli americani vogliono fare la pace di Doha dopo 20 anni di guerra afghana.

La Siria è stato l’ultimo esempio di cooperazione tra l’Occidente e il mondo arabo-musulmano su come strumentalizzare il jihadismo e il radicalismo islamico. Gli Stati Uniti, su ispirazione del segretario di Stato Hillary Clinton, diedero a Erdogan carta bianca per abbattere il regime di Bashar Assad alleato dell’Iran e della Russia. La stessa Francia è stata complice di questo piano che ha portato 40 mila jihadisti dalla Turchia alla Siria.

I francesi lasciarono arrivare in Turchia i loro jihadisti che servirono a Erdogan, come quelli di molte altre molte nazionalità, a combattere il regime siriano, poi salvato da iraniani e russi. I francesi volevano persino bombardare Damasco nel settembre del 2013. O ce lo siamo dimenticato? Insomma turchi e francesi erano d’accordo a defenestrare Assad con ogni mezzo, anche i radicali islamici, con l’approvazione Usa seguendo la politica dello “stay behind” mentre gli stessi francesi, con americani e inglesi, avevano già fatto fuori Gheddafi.

Poi americani e francesi si sono tirati indietro, la Francia ha avuto in casa gli attentati jihadisti e tutto è cambiato. Ed Erdogan non deve essersi dimenticato neppure del sostegno occidentale e americano ai Fratelli Musulmani al Cairo, prima che venissero eliminati nel 2013 dal colpo di stato del generale Al Sisi.

Insomma abbiamo fatto credere a Erdogan di essere un campione del rinnovamento musulmano durante le primavere arabe e ora non ci possiamo lamentare che si creda il nuovo Sultano. Tanto più che gli abbiamo lasciato massacrare i curdi, alleati contro il Califfato, e appaltato il “lavoro sporco” sui profughi sulle rotte dell’Egeo, nei Balcani e ora anche in Libia. Ma all’esca dello “scontro di civiltà”, in tempi duri come questi, siamo tutti pronti da abboccare.

Questo non è uno scontro di civiltà ma di interessi divergenti. La Francia con la Grecia, Cipro e l’Egitto si oppone all’espansione di Erdogan nel Mediterrano orientale, ricco di gas offshore: lui rifiuta i trattati sui confini marittimi e ha così strumentalizzato le leggi francesi contro il radicalismo islamico per ergersi a protettore del mondo musulmano. Altri leader musulmani gli sono andati dietro e hanno lasciato sfogare le piazze dove le popolazioni, già provate dalla pandemia, sono impoverite e senza prospettive.

Che poi la Francia abbia un problema, e grosso, lo sappiamo tutti.

Secondo i dati ufficiali del 2018 in Francia ci sono dei 26mila individui considerati una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale, diecimila circa di questi si considera siano i radicalizzati, ovvero i più pericolosi. E per liberare il Paese da questo incubo non bastano neppure le leggi di Macron sul separatismo religioso. Ci vuole ben altro: una revisione ragionata e spassionata della storia in cui ognuno si prenda le sue responsabilità. Ma chiedere alla Turchia di Erdogan, che pure ieri ha condannato l’attentato di Nizza, di prendersi le sue responsabilità è una pura illusione.


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