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Joe Biden con Vladimir Putin

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NELLA politica da seguire nei confronti dell’aggressione russa all’Ucraina e, più in generale, nelle relazioni con la Federazione Russa, si confrontano, sia in Europa che negli USA, due tesi opposte. La prima considera la Russia un paese eurasiatico, non uno europeo. Questa è anche la “visione storica” della Russia, espressa da Putin in un suo recente scritto. Inoltre, dato l’enorme arsenale nucleare di Mosca, la disinvoltura usata nel minacciarne l’uso e le sue tendenze autoritarie e neo-imperiali, l’Occidente pensa che la Russia costituisca una costante minaccia per gli Stati vicini, specie per quelli dell’Europa orientale e baltica, che può essere dissuasa da un’aggressione solo dalla NATO e dal deterrente nucleare americano.

Per la seconda tesi, la Russia è un paese europeo per la sua storia e cultura. Potrebbe essere alleata dell’Occidente nel suo confronto con la Cina, data la sua interdipendenza con l’economia e la tecnologia occidentali, il suo timore del “pericolo giallo” e la sua crisi demografica. Sarebbero perciò possibili se non un’alleanza, almeno un sistema paneuropeo di sicurezza. La scomparsa della minaccia russa renderebbe possibile, quindi l’autonomia strategica dell’Europa dagli USA.

Le due visioni di che cosa sia la Russia hanno profonde implicazioni di carattere politico-strategico. Esse emersero chiaramente già nella commissione USA sul futuro della NATO, costituita alla fine del 1990. In essa, si confrontarono la tesi di Baker, che non solo escludeva qualsiasi allargamento della NATO a Est, ma che ne proponeva lo scioglimento, insieme a quello del Patto di Varsavia. Secondo Baker, la NATO e, soprattutto, il suo allargamento, avrebbero comportato per gli USA un costo sproporzionato rispetto ai loro benefici. Contrapposta era la tesi di Cheney. Egli non solo proponeva l’allargamento della NATO all’Europa orientale e baltica, ma anche la sua trasformazione in alleanza globale dell’Occidente nel mondo. La sicurezza dell’Europa avrebbe dovuto essere garantita dagli europei. Per evitare la proliferazione, gli americani avrebbero però continuato a fornirle il deterrente nucleare, reso però marginale nella strategia NATO dalla sua superiorità convenzionale.  

La contrapposizione fra le due visioni è stata recentemente rivitalizzata. Lo era stata anche prima del dibattito in corso sugli obiettivi da proporsi negli aiuti militari all’Ucraina, quindi sulla loro quantità e qualità. Il presidente Trump non credeva nella validità dell’art. 5 del Trattato del Nord Atlantico, che prevede l’intervento armato di tutti i membri dell’Alleanza in caso di attacco a uno di essi. Aveva, inoltre, ventilata la necessità che gli europei, anche con l’aumento dei loro bilanci militari al 2% del PIL, contribuissero a pagare, come fanno il Giappone e la Corea del Sud, le spese sostenute dagli USA per la loro sicurezza. Seppure in modo confuso, cercava un accordo con la Russia in funzione anticinese. Idea analoga fu suggerita da Macron, nel 2019, nell’articolo sull’Economist sulla “morte cerebrale della NATO”.

Il suo obiettivo era di rendere la sicurezza europea meno dipendente dagli USA, quindi, di far sì che l’UE divenisse un attore geopolitico globale. Tale proposta riprendeva, in un certo senso, l’idea del “sistema paneuropeo di sicurezza” centrato sull’OSCE, l’organizzazione tanto cara ad Andreotti.

Il dibattito è stato rinvigorito dall’aggressione russa all’Ucraina. Si è esteso alle ragioni profonde del conflitto, ai rapporti fra la NATO e l’autonomia europea della difesa, alla presunta contrapposizione di interessi fra gli USA e l’Europa e, almeno nelle “baruffe chiozzotte” della politica italiana, all’aumento delle spese militari al 2% del PIL, alla contrapposizione retorica fra guerra e negoziati di pace e, infine, all’efficacia e ai costi delle sanzioni sulle nostre economie. Tutti questi argomenti stanno dividendo le opinioni pubbliche. Col tempo potrebbero distruggere l’unità transatlantica ed europea e, negli USA, la bipartisanship ora esistente. In questa sede approfondiremo solo il tema degli obiettivi da perseguire con il sostegno militare all’Ucraina. Taluni affermano che certi paesi europei e, soprattutto, gli USA vogliono prolungare la guerra, sabotando le trattative di pace, in modo da logorare la Russia rendendola inoffensiva in Europa e insignificante come alleata della Cina. Qualcuno, fra cui alcuni generali in congedo, chiaramente vogliosi dell’applauso di qualche “circolo sportivo”, affermano anche che gli obiettivi americani sono quelli d’indebolire l’Europa, contrastandone l’autonomia strategica o, addirittura, di fare affari, vendendole shale gas liquefatto e armamenti.

A favore della loro tesi, sottolineano le espressioni “fuori dalle righe” usate da Biden nei riguardi di Putin, i massicci invii di armi all’Ucraina e la quasi ossessiva strumentalizzazione delle immagini delle stragi fatte dai russi. Altri invece affermano che gli aiuti militari all’Ucraina debbano essere calibrati su due soli obiettivi: non umiliare eccessivamente la Russia, ma solo farle infliggere perdite sufficienti a persuaderla a trattare e, soprattutto, non mettere Putin con le spalle al muro, per evitare il rischio di escalation del conflitto.

A parer mio, gli USA hanno adottato l’obiettivo minimo, specie all’inizio del conflitto. A fine febbraio, proposero a Zelensky di portarlo in salvo, lontano da Kiev. Quando si accorsero dell’efficacia della resistenza ucraina decisero di sostenere l’Ucraina con maggiore vigore, senza però oltrepassare la fornitura di armi – quali missili antinave o cruise in grado di colpire Mosca – che avrebbe scatenato l’escalation russa. Anche gli europei si sono divisi fra i due obiettivi. Puntano ad un’umiliante sconfitta della Russia l’UK e i paesi dell’Europa orientale -baltica. La Germania e, soprattutto, l’Italia sono più cauti. Si propongono di convincere Putin a negoziare seriamente e a interrompere l’invasione. Stranamente i fautori dell’autonomia strategica dell’UE, che non ha un proprio deterrente nucleare se non quello americano, sono stati fra coloro che più hanno nicchiato nell’aiutare la resistenza ucraina. 


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