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Una trincea in Ucraina

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LA FRASE “Non dobbiamo umiliare Putin”, pronunciata domenica scorsa dal presidente francese Macron al Parlamento Europeo, riprende un concetto che aveva già espresso tre anni fa nella sua famosa intervista all’Economist: che cioè un’UE autonoma politicamente e strategicamente dagli USA fosse possibile solo con un’intesa con la Russia, anche per staccare Mosca da Pechino, di cui sarebbe inevitabilmente divenuta suddita.

Tale concetto era già stato espresso da Mitterrand negli anni Novanta. Macron non ha precisato che cosa intende per “non umiliare Putin. Certamente non ha inteso affermare che l’Ucraina dovrebbe cedere parti del suo territorio alla Russia, neppure la Crimea. Ha infatti subito dopo aggiunto che deve essere salvaguardata la sua integrità territoriale, quindi non ha riconosciuto l’annessione della penisola alla Russia. I soliti “benpensanti” nostrani hanno subito colto la palla al balzo, facendo Macron paladino della pace, contrapposto a Biden che vorrebbe prolungare la guerra. Essi affermano che l’Europa ha interessi opposti a quelli degli USA e che dovrebbe dissociarsi da essi, ricercando la trattativa ad ogni costo, in particolare cessando l’invio di armi all’Ucraina.

Beninteso, la contrapposizione fra i due “fronti” – quello “bellicista” e quello “pacifista” – per quanto accesa a parole, non è molto chiara nella realtà. Coloro che sostengono la resistenza ucraina non sono contrari a un negoziato e alla pace. Anzi, propongono proprio che l’Ucraina e la Russia si mettano d’accordo sul terminare il conflitto. Aiutano l’Ucraina perché possa negoziare. Se fosse occupata, nessuna trattativa avrebbe senso. Non vogliono solo la pace, ma una pace giusta e sostenibile. Una pace che duri cioè nel tempo e che non dipenda dagli umori di Putin o di qualche altro – peraltro improbabile a breve termine – “padrone del Cremlino”. Per loro, l’offerta di Zelensky di una neutralità garantita internazionalmente ha senso. Come garantirla costituisce l’essenza del loro intervento nei negoziati.

Le decisioni sulle questioni territoriali dovrebbero invece essere decise da Kiev e da Mosca. Coloro che sostengono la trattativa a ogni costo, con la fine degli scontri armati e con il congelamento del controllo dei territori controllati dalle proprie truppe, eventualmente congelati da una forza d’interposizione internazionale, non precisano su che cosa dovrebbero accordarsi Mosca e Kiev, anzi i sostenitori di quest’ultima, utilizzando come strumento di pressione la fornitura di armamenti. Trascurano l’ostilità esistente fra i due governi e il fatto che il conflitto sia divenuto anche una guerra di religione. Essi si sono accusati a vicenda di essere “nazisti”. I “sedicenti pacifisti” accusano Stati Uniti e NATO di essere istigatori o, almeno, corresponsabili, del conflitto. Non affermano, come ha dichiarato Putin, “che la Russia sia stata obbligata ad un intervento preventivo per evitare un attacco della NATO’’. Avrebbero senz’altro applaudito Putin se avesse bevuto una buona bottiglia di Barbera d’Asti, affermando di aver sentito l’“abbaiare della NATO” alle frontiere della Santa Russia.

I più sofisticati, come Conte e Salvini, nella loro malcelata ipocrisia, affermano di voler sostenere la legittima difesa dell’Ucraina, ma solo con armi leggere, con armi cioè che non servono nella guerra di logoramento ora in atto. Tanto varrebbe – se non altro per evitare qualche figura “a pene di segugio”, come quella già rimediata da uno dei due in Polonia – evitare del tutto di dare nuove armi a “quei rompiballe di ucraini” che si ostinano a combattere. Per fortuna, il nostro governo non dà loro retta. Non solo rischierebbe il sarcasmo generale, ma sarebbe tagliato fuori per inaffidabilità da ogni serio accordo sul futuro ordine europeo. Nel frattempo la guerra continua, con modalità molto più simili alla prima guerra mondiale che alla seconda. Contrariamente ad ogni previsione, nel suo discorso in occasione della parata per la Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, Putin ha usato toni più moderati del solito, pur continuando a sostenere la necessità di estirpare il nazismo dall’Ucraina e segnalando il suo intendimento a continuare la guerra. Lo ha sottolineato facendo colpire con missili le città ucraine. Non ha infatti né dichiarato guerra all’Ucraina; né decretato la mobilitazione e il richiamo dei riservisti; né minacciato di rappresaglie nucleari gli Stati che sostengono l’Ucraina con armamenti; né fatto sfilare i prigionieri di guerra. Sembra rassegnato a una lunga e sanguinosa guerra.

Come è stato sostenuto nella TV russa, la mobilitazione generale non sarebbe giustificata: le armi russe non reggono il confronto con quelle fornite dagli USA all’Ucraina. L’invio di ulteriori soldati, armati con le migliaia di mezzi corazzati tenuti in magazzino comporterebbe solo un aumento delle perdite. L’unica strategia possibile è quella del logoramento delle forze e della popolazione ucraina, con il massiccio uso dell’artiglieria, dei missili e dei lanciarazzi, nel quale la Russia ha una netta superiorità. Anche l’Occidente deve prepararsi a tale eventualità, Gli ucraini devono essere riforniti di armi pesanti. L’unica possibilità di tregua armata, consiste nell’infliggere ai russi perdite di soldati e di territori tanto elevate da indurre Putin a trattative. Per un autocrate non esiste un exit facile da un conflitto senza vittoria.

Accade anche nelle democrazie. Diventa possibile solo con un cambiamento di responsabili; per il Vietnam, c’è voluta la vittoria di Nixon; per l’Afghanistan quella di Biden. Il potere di Putin è ben saldo. Puntare sulla sua caduta è un wishful thinking. La guerra in Ucraina durerà ancora mesi. L’unico modo per farla cessare è consentire all’Ucraina un esito vittorioso sul campo di battaglia. Solo così si potrà convincere Putin a trattare. La mancata umiliazione di Putin consiste nel convincerlo a negoziare per evitare il peggio.


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