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Ucraini in fuga da Mariupol

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STOP alla difesa di Mariupol. All’esiguo numero di militari e miliziani ancora asserragliati nella roccaforte di Azovstal ieri è arrivato, da Kiev, l’ordine di interrompere i combattimenti. «Ci hanno detto di smettere di difendere la città per salvare la vita dei soldati della guarnigione» ha detto in un videomessaggio il comandante del battaglione Azov, Denis Prokopenko. «Nonostante i pesanti combattimenti la difesa e la mancanza di rifornimenti – ha continuato – abbiamo costantemente sottolineato le tre condizioni più importanti per noi: civili, feriti e morti. I civili sono riusciti a essere evacuati, i feriti gravi hanno ricevuto l’assistenza necessaria e sono stati trasferiti con un ulteriore scambio nel territorio controllato dall’Ucraina. Per quanto riguarda gli eroi morti, la procedura continua».

E sui profili social dei soldati hanno iniziato a essere postati commossi messaggi di addio all’acciaieria, l’avamposto difeso per settimane dall’assedio del nemico. «Beh, questo è tutto. Grazie per il rifugio, Azovstal è il luogo della mia morte e della mia vita – ha twittato un altro membro di Azov, Dmytro Kozatsky, soprannominato “Orest” – A proposito, mentre sono in cattività, vi lascio le foto della migliore qualità, mandatele a tutti i premi giornalistici e concorsi fotografici. Se vinco qualcosa, sarà molto bello… Grazie a tutti per il tuo sostegno. Ci vediamo».

Il cessate il fuoco unilaterale, ovviamente, non risolve in toto la questione. L’obiettivo di Kiev resta quello di assicurare la completa evacuazione dei militari ma per raggiungere lo scopo bisogna prima trattare con i russi, ammesso e non concesso che tutti i combattenti di Azovstal siano d’accordo con la resa. Il capo negoziatore ucraino e consigliere della presidenza, Mykhaylo Podolyak, ha parlato di «colloqui in corso molto difficili per l’evacuazione». Che la battaglia di Azovstal stesse prendendo una piega sfavorevole agli ucraini era diventato fin troppo evidente negli ultimi giorni con la fuoriuscita e il trasferimento di centinaia di combattenti. 

Secondo il ministro russo della Difesa, Serghei Shoigu, sinora ad alzare bandiera bianca sarebbero stati circa 2mila soldati nemici. Il dramma di Mariupol si inserisce in quello più ampio del Donbass, target principe dell’offensiva russa. «Le forze armate dell’Ucraina continuano la liberazione della regione di Kharkiv. Ma nel Donbass, le forze di occupazione stanno cercando di aumentare la pressione. E’ l’inferno, e non è un’esagerazione – ha spiegato Volodymyr Zelensky in un aggiornamento sulla guerra – la regione è completamente distrutta». Ma gli attacchi proseguono: a Severodonetsk le autorità ucraine hanno denunciato la distruzione di una scuola nella quale avevano trovato rifugio almeno 200 persone fra cui numerosi bambini. Zelensky ha parlato tra l’altro anche di «continui attacchi alla regione di Odessa, alle città dell’Ucraina centrale».

Sul fronte dei negoziati una delle novità più significative è la presentazione all’Onu del piano italiano per la pace. «La nostra – ha chiarito il ministro Luigi Di Maio – è un proposta di cui ho parlato anche con il segretario generale delle Nazioni Unite, vogliamo procedere per step e fare in modo che ci sia un gruppo di facilitazione che possa partire per esempio da tregue localizzate, evacuazioni di civili, la possibilità di costruire corridoi umanitari sicuri per salire di livello e arrivare a un cessate il fuoco generale e a una pace duratura con un vero e proprio accordo». Fredda la reazione del responsabile della Pesc Ue, Josep Borrell. «Prendiamo nota del piano italiano – ha commentato – ma la fine del conflitto, nella prospettiva europea, passa attraverso una immediata cessazione delle ostilità e il ritiro incondizionato delle truppe russe fuori dal territorio ucraino».

Posizione che ricalca quella di Kiev. «Ci sono alcune cose sacre nel diritto internazionale e l’integrità territoriale e la sovranità non possono mai essere barattate o contrattate – ha dichiarato la viceministra ucraina degli Esteri Emine Dzhaparova –  Quando diciamo che vogliamo la pace, la soluzione non può essere quella di mettere in discussione i nostri interessi vitali, per noi la fine di questa guerra è la fine dell’occupazione della Crimea del Donbass e delle altre regioni del nostro Paese, quando non ci sarà più nessun soldato russo».


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