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Una cosa è sicura dopo, la guerra Russia Ucraina del 2022: la geografia dell’energia cambierà radicalmente nei prossimi anni e vedrà l’Europa spostarsi da est a sud, dalla Russia verso l’Africa, passando per il Mediterraneo.

Per l’Italia è un’occasione irripetibile, ma anche inevitabile, che le dà anche una grande responsabilità, in particolare per chi gestisce i territori del nostro Sud Italia. L’Unione europea dipende dalla Russia per 155 miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari al 40% dei suoi consumi. Per il petrolio, le importazioni sono di quasi 3 milioni di barili giorno, circa un terzo dei consumi. Non lo farà subito, ma le dichiarazioni e gli impegni sono inequivocabili: la Ue applicherà un bando alle importazioni di gas e di petrolio dalla Russia e trovare i volumi per sostituirli non sarà facile.

OBIETTIVO AFRICA

L’Africa è il continente più vicino e quello che ha le maggiori risorse disponibili ora e molte per il futuro, non ancora esplorate. Allo stesso tempo è il continente più povero e quello che più sale come crescita della popolazione che, guarda caso, vista anche la paradossale loro povertà energetica, vuole scappare, guarda caso, verso la vicina Europa, meglio, verso l’altra sponda del Mediterraneo.

Anche nel caso, per il momento assurdo, che scoppiasse la pace fra Ucraina e la Russia, le cose non saranno più le stesse e dovremo, giocoforza, orientarci verso l’Africa. Se poi da domani, invece, dovessimo fare l’embargo duro, la spinta sarà ancora più forte, in linea, del resto, con quanto sta già accadendo. Israele, Cipro, con la complicazione della Turchia, Egitto, sono pieni di gas nei loro mari e da anni, ancora prima della crisi, ci vogliono mandare del gas: che poi questo arrivi via tubo o via rigassificatore è un’altra questione.

Libia e Algeria sono già collegati con l’Europa, attraverso due linee che oggi sono oro, che quando vennero costruite, rispettivamente nei primi anni ’80 e a inizio anni 2000, a molti sembrarono inutili, ma che oggi ci consentono immediatamente di cercare ingenti volumi per sostituire i 29 miliardi di metri cubi di gas che l’Italia importa dalla Russia.

L’ordine di grandezza dei volumi aggiuntivi da questi due è di 10 miliardi di metri cubi, non certo immediatamente nei prossimi mesi, ma nei prossimi anni non ci saranno problemi fisici, basta dare il tempo di realizzare gli investimenti di esplorazione e produzione.

LE FONTI RINNOVABILI

E poi, per quanto lentamente, procederà il percorso di sviluppo delle fonti rinnovabili, per la gioia dei sostenitori della transizione verde, in inglese green transition. Le fonti rinnovabili, per un Paese povero di risorse come l’Italia, sono sempre state necessarie, lo sono diventate di più con gli incentivi e gli obiettivi ambientali degli ultimi 20 anni, e oggi lo sono ancora di più con la questione della sicurezza dopo la crisi in Russia.

Occorre qui maggiore realismo e speriamo che ce ne porti un po’ la guerra, la minaccia dell’embargo e il rischio di dolorosi razionamenti. Invece, si continua a parlare di soluzioni lontane dall’immediato, roba da laboratori scientifici, come l’idrogeno verde o l’elettricità da moto ondoso, molto utili per suggestioni visionarie, meno per risolvere i problemi di quest’inverno, e forse nemmeno quelli del prossimo decennio. Si facciano più pannelli e più pale eoliche, ma senza violentare i territori, e si cominci a lavorare di più sugli accumuli, le grandi centrali idroelettriche, senza le quali l’intermittenza del sole e del vento rimarrà un grave ostacolo.

Per questo serviranno anche molti investimenti e quelli del Pnrr potrebbero qui urgentemente trovare un’ottimale ed efficace collocazione. Il Mediterraneo e il Sud tornano al centro e all’Italia tocca una grande responsabilità, all’altezza della sua storia.


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