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Hugo Sanchez

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Chiedete a un foggiano del 14 agosto e vi darà due risposte: la Madonna dei sette veli (che in estate si celebra dal 13 al 16 del mese) e Foggia-Real Madrid. Sacro, profano e le rispettive fedi, spesso vissute con eguale enfasi ma in distinte sfere del sentire umano, per gli abitanti del capoluogo pugliese finirono col confondersi alla vigilia di Ferragosto del 1987, nella cornice dello stadio “Pino Zaccheria”, tempio del calcio locale che vide scendere in campo i “satanelli” allora guidati da Giuseppe Marchioro contro una delle generazioni leggendarie della cantera madrilena: quella della “Quinta del Buitre”. 

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«La festa patronale si fece sentire. Il clima allo stadio era da sagra, alticcio» ricorda con piacere Giancarlo Pugliese, editore e redattore di IlFoggia.com, che ci ha aiutato a ricostruire, 32 anni dopo, la notte magica dello sport foggiano. Magica non solo per il pedigree dell’avversario ma anche per la portata profetica che ebbe sul club acquistato un anno prima da Pasquale Casillo, magnate del grano e della semola, ai massimi livelli in Italia ed Europa. «Riuscì a organizzare la partita grazie ai suoi rapporti con Ramòn Mendoza, presidente eletto del Real, che era un altro imprenditore del settore».

Ne venne fuori un quadrangolare, cui parteciparono anche la Sampdoria e il Porto, fresco vincitore della Coppa dei Campioni. Il nome del torneo? Coppa Durum, come una particolare qualità di grano duro. Di certo non un caso. «Col Porto avevamo già giocato a inizio giugno – ricorda Pugliese – finì 7 a 1 per loro, ma con queste amichevoli i foggiani cominciarono ad abituarsi a un calcio di alto livello».

E fecero bene. Perché proprio dall’87 partì la favola del Foggia di Casillo. Nell’89 sarebbe arrivata la promozione in Serie B, categoria poi vinta nel 1991 sotto la guida di Zdenek Zeman, che avrebbe fatto del Foggia la squadra pioniera di un calcio d’avanguardia capace di stupire anche in Serie A. Zeman, per la verità, sulla panchina dei rossoneri si era già seduto nell’86-87, ma venne esonerato. Al suo posto subentrò Roberto Balestri che concluse la stagione. Il boemo, dunque, il Real riuscì solo a sfiorarlo. Il compito di affrontarlo spettò a Marchioro, “altro profeta della zona”.

 Questo il clima di grandi aspettative che trovarono i blancos al loro arrivo in Puglia. «C’era entusiasmo – spiega Pugliese – molti tifosi interruppero le vacanze per poter assistere alla partita. Conosco persone che si fecero 400-500 chilometri per rientrare a Foggia». Unica nota stonata della serata: la scelta della casacca dei giocatori. «Bruno Pizzul durante la telecronaca la definì una ‘strana maglia’. In effetti era bianca con strisce alternate nere, bianche e rosse. Una scelta insensata visto che il Real vestiva di bianco. I foggiani tengono ai loro colori e si arrabbiarono, in particolare quelli che videro la partita in tv, perché non era facile distinguere i calciatori». Meno rumore fece l’assenza del protagonista assoluto di quella stagione di storia madrilena, il bomber Emilio Butragueno (il “Buitre”), sostituito da Julio Llorente. «C’erano comunque grandissimi come Sanchis, Martin Vasquez e Hugo Sanchez, che fece una delle sue proverbiali capriole anche allo Zaccheria dopo un assist», precisa Pugliese. Anche quel Foggia, in ogni caso, aveva le sue leggende. Oltre al capitano Delio Rossi – autore del passaggio che portò all’unico gol rossonero – il terzino Maurizio Codispoti di cui si ricorda un particolare aneddoto: «Era velocissimo, si lanciava da solo, ma quando arrivava sul fondo sbagliava regolarmente il cross. Un giorno Casillo cominciò a mettergli 100mila lire nello scarpino dicendogli che per ogni traversone azzeccato gliele avrebbe regalate. Non sbagliò più».

 Storie che conferiscono a quel match un’aurea mitica, che va oltre il risultato. Per la cronaca finì 3-1 per il Real, che segnò con Michel, Santillana e grazie all’autogol di Abate. Il Foggia, al 61’, accorciò momentaneamente le distanze con Silvestri. «I nostri giocatori ci dissero di aver ricevuto i complimenti degli avversari. Fecero, in effetti, una grande partita. Li fecero correre».

 Ricordi che oggi servono ad alleviare il momento sportivamente drammatico vissuto dai tifosi rossoneri. La promozione in B, maturata dal campo, è stata vanificata dall’ennesimo fallimento del club, retrocesso in Serie D. «C’era grande entusiasmo per il ritorno in B dopo 19 anni. Durante il campionato si respirava un bel clima. Sono però convinto che la squadra sarà comunque sostenuta, anche fra i dilettanti». Con una speranza mai sopita nel cuore della città: «I tifosi del Foggia hanno una fede quasi messianica, sono certi che i bei tempi torneranno. È frutto di un mix di orgoglio, identità e amore per i colori rossoneri».  


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