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Pubblichiamo la prefazione, scritta da Paolo Gentiloni, del libro “Democrazie sotto stress” di Sergio Fabbrini, edito da Il Sole 24 Ore.

di PAOLO GENTILONI  

La pandemia da Covid-19 ha messo a dura prova non solo i nostri sistemi sanitari e le nostre economie, ma anche la capacità delle nostre democrazie di rispondere efficacemente alle crisi. Sergio Fabbrini lo ha definito uno stress test per i sistemi democratici. Nei primi mesi del 2020, non vi era certezza che l’Europa avrebbe superato questa prova. Le critiche all’Unione europea, alle sue divisioni, alle sue lungaggini decisionali, si accompagnavano ai confronti con regimi autoritari che non hanno perso l’occasione per accreditarsi come più adatti ad affrontare le sfide del nostro tempo. Preoccupava la crescita del sentimento euroscettico.

Eppure, parafrasando Mark Twain, anche in questa occasione gli annunci della fine dell’Europa si sono rivelati grandemente esagerati. In questa fase così delicata, l’Unione europea è stata all’altezza delle aspettative. Messa di fronte a un bivio, l’Unione ha imboccato la strada della solidarietà, del coraggio e dell’ambizione.

L’Unione ha adottato misure di contrasto alla pandemia e di sostegno all’economia senza precedenti. Il procurement comune sui vaccini ha assicurato a tutti i 27 paesi Ue dosi a sufficienza e alle medesime condizioni, evitando quelle tensioni che abbiamo invece visto in qualche caso rispetto a paesi terzi. Il digital green pass ha ispirato fiducia e garantito la libertà di movimento all’interno dell’Unione. Un anno dopo l’avvio della campagna vaccinale, l’Unione europea può vantare alcuni tra i tassi di copertura più alti al mondo, nonché di aver esportato più vaccini di qualunque altro Paese. Sul versante economico, l’intervento tempestivo e coordinato delle istituzioni europee e dei governi nazionali ha evitato una recessione ancora più profonda e posto le basi per la ripresa. Le ingenti misure di sostegno messe in campo stanno riportando l’economia europea ai livelli pre-crisi.

Paolo Gentiloni

Guardando avanti, Next Generation EU – il programma di rilancio da 800 miliardi (in prezzi correnti) articolato nei rispettivi piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) – offre la prospettiva all’Europa, e soprattutto all’Italia, di una crescita più sostenuta e sostenibile nei prossimi anni; oltre ad aver aperto la strada all’emissione di debito comune europeo, un passo avanti nel percorso di integrazione a lungo ritenuto irrealizzabile. Il modello istituzionale e sociale europeo ha saputo rispondere a questa crisi epocale meglio di altri. Lo stress test – per riprendere l’espressione di Fabbrini – è stato superato.

Missione compiuta, dunque? Niente affatto. Il coronavirus, nella sua ultima evoluzione, continua a mettere sotto pressione i nostri sistemi sanitari, sebbene in misura inferiore rispetto alle fasi iniziali della pandemia. Questo ed altri fattori di rischio, legati in particolare alla tenuta delle catene di approvvigionamento globali, all’andamento dell’inflazione e alle tensioni geopolitiche, continueranno a pesare sulla ripresa. Nei prossimi mesi dovremo vigilare rispetto a tali rischi e rimanere pronti a intervenire se necessario. Dobbiamo, inoltre, continuare a dare concreta attuazione alla nostra strategia di rilancio, soprattutto agli investimenti e alle riforme previste dai PNRR e già avviate in quasi tutti i paesi europei.

L’Italia dovrà proseguire questo impegno su un orizzonte pluriennale. E sarà una sfida storica. Next Generation EU ha poi una rilevanza strategica più ampia per la costruzione europea, ed è per questo che nei prossimi anni l’attuazione dei PNRR resterà al centro della politica e dell’economia europea. Su di essi poggiano le prospettive di una crescita più elevata nel medio termine, con una spinta in particolare sulla transizione verde e digitale: due temi cruciali per la competitività e la sostenibilità dell’economia europea. Ma per raggiungere gli obiettivi che si è fissata, l’Unione deve anche dotarsi di un quadro di regole fiscali che incoraggi questo tipo di investimenti e più in generale la crescita, nel rispetto della sostenibilità dei conti nel medio periodo.  È in questa direzione che dovrà muoversi la discussione sulla riforma del patto di stabilità e crescita rilanciata dalla Commissione e che sta entrando nel vivo.

Sono fiducioso che nei prossimi mesi riusciremo a costruire un ampio consenso intorno a un nuovo sistema di regole più semplice, credibile e adatto al nuovo contesto economico. Next Generation EU, lo ricorda Sergio Fabbrini in questo volume, è uno strumento temporaneo. Tuttavia, come hanno osservato anche Mario Draghi e Emmanuel Macron sul Financial Times lo scorso 23 dicembre, si tratta di un “utile modello per il futuro”. Dal successo dei PNRR dipende la riproposizione di uno strumento simile in futuro e la sua possibile evoluzione in un’autentica capacità fiscale permanente per l’Europa, con le necessarie implicazioni sulla governance economica e le regole fiscali europee. L’emissione su larga scala di nuovi bond europei con cui finanziare i nostri obiettivi comuni – un’iniziativa che finora i mercati hanno ampiamente premiato – ha per effetto anche quello di creare una nuova categoria di titoli sicuri denominati in euro, che a sua volta garantisce maggiore stabilità finanziaria ed accresce il ruolo internazionale della moneta unica.  

Rilanciare la crescita, rendendola più sostenibile e più equa, è uno dei modi con cui possiamo rafforzare le nostre democrazie, dimostrandone la capacità non solo di reagire ad eventi di crisi, ma di migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini. Da Next Generation EU verrà un contributo decisivo in tal senso. Le nostre democrazie saranno poi più solide se sapranno affrontare le grandi sfide del nostro tempo. La sfida ambientale, su cui l’Unione europea ha ormai assunto la leadership globale, rimane una priorità inderogabile anche mentre affrontiamo la pandemia. Penso inoltre alla crescita delle disuguaglianze, una tendenza che negli ultimi due anni si è perfino acuita. Lo storico accordo globale sulla tassazione delle multinazionali – un risultato per il quale la Commissione ha lavorato con tenacia e che va tradotto ora a livello europeo – mira a correggere alcune di queste storture.

Possiamo, infine, far progredire la democrazia europea migliorandone l’architettura istituzionale: completando i cantieri ancora aperti dell’unione bancaria e dei mercati dei capitali; elevando a livello europeo le competenze su tematiche di interesse comune, come la gestione di alcuni aspetti di politica sanitaria; superando il principio dell’unanimità nelle materie in cui vige ancora, come la politica estera e di difesa, che produce stallo decisionale e danneggia la credibilità dell’Unione a livello internazionale.

Dobbiamo, in definitiva, compiere ulteriori passi verso un’Unione che non sia solo economica ma anche politica. È solo potenziando la sua dimensione interna che l’Europa potrà anche acquisire un maggiore peso geopolitico e capacità di incidere sullo scacchiere globale. Su tutti questi aspetti sarà importante raccogliere i contributi e le raccomandazioni della Conferenza sul futuro dell’Europa, un grande esercizio di democrazia partecipativa, per un’Europa più attenta alle istanze dei cittadini.

Gli editoriali domenicali di Sergio Fabbrini rappresentano un appuntamento fisso per chiunque sia interessato a capire i cambiamenti in corso nel mondo e le sfide a cui sono chiamate l’Europa e l’Italia. Gli articoli raccolti in questo volume ci ricordano che la democrazia liberale rappresenta un bene prezioso, che dobbiamo continuare a difendere e rafforzare.


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