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Michael Ryan (OMS)

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Il 2021 sarà l’anno dei vaccini ma, probabilmente, non quello che sancirà la fine della pandemia di Covid. Secondo Michael Ryan, direttore esecutivo dell’Oms, è oggi «prematuro» e «irrealistico» pensare che il virus ci abbandonerà nei prossimi mesi.

Intervenendo durante una conferenza stampa a Ginevra, l’esperto ha spiegato che «se le vaccinazioni cominceranno ad avere un impatto non solo sulla mortalità e sui ricoveri, ma anche sulle dinamiche di trasmissione e sul rischio della stessa, avremo fatto un passo in avanti verso il controllo della pandemia».

Le parole di Ryan vengono confermate dai dati diffusi dall’Oms, che registrano una ricrescita dei casi a livello globale dopo tre settimane consecutive di calo. Un cambio di trend che il direttore generale dell’organizzazione, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha definito «deludente ma non sorprendente».

Sei le regioni più interessate da questa, preoccupante, inversione di tendenza: il continente americano, l’Europa, il sud-est asiatico e il Mediterraneo centrale. «Stiamo cercando di comprendere i motivi di questo aumento di trasmissione – ha commentato Tedros – alcuni di questi contagi sembrano essere dovuti all’allentamento delle misure restrittive, alla continua circolazione di varianti e a un calo di attenzione da parte delle persone».

Il dg dell’Oms ha poi avvertito che se è vero che i vaccini possono salvare vite umane «affidarsi solo a questi da parte dei Paesi è un errore». E ha ricordato che le «misure di salute pubblica rimangono il fondamento della risposta» all’attacco del virus. Tedros ha poi dedicato a un passaggio del suo intervento alle emergenti disuguaglianze nell’accesso ai vaccini, accogliendo con favore le prime distribuzioni di siero anti Covid avvenute lunedì in Africa, specie in Costa D’Avorio e Ghana.

«È deplorevole – ha aggiunto – che questo avvenga a quasi tre mesi dall’inizio della campagna vaccinale nei Paesi più ricchi». Ed è «sempre deplorevole che alcune nazioni continuino a dare priorità nelle somministrazioni agli adulti più giovani e più sani della loro popolazione, a minor rischio con la malattia, piuttosto che agli operatori sanitari e agli anziani che vivono altrove».

I Paesi, ha continuato, «non sono in competizione fra loro, questa è una guerra comune contro il virus. Non chiediamo a nessuno Stato di mettere a rischio i propri cittadini. Chiediamo a tutti i Paesi di fare uno sforzo comune per debellare il virus dovunque».

Tedros si è, infine, detto preoccupato per i teatri bellici, nei quali la risposta al Covid potrebbe rallentare a causa degli scontri, citando i casi della Birmania dell’Etiopia. In quest’ultima nazione è in corso un conflitto nella regione del Tigray che sta rendendo inutilizzabili strutture sanitarie ospedali.


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