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La Politica agricola europea (PAC) va adeguata ai mutamenti degli ultimi anni, ma non va cancellata, come invece chiedono tanti promotori della protesta della “marcia dei trattori”


Protestare, ma per negoziare. E a Bruxelles. Le manifestazioni che si stanno svolgendo in quasi tutti i Paesi europei e in Italia hanno connotazioni diverse. È importante sensibilizzare le istituzioni europee sui problemi che stanno dilaniando le aziende agricole, ma con un obiettivo preciso: ottenere risultati. È questa la linea, per esempio, adottata da Coldiretti, che ha da tempo rafforzato la sua presenza a Bruxelles perché, come ha detto più volte il presidente Ettore Prandini, è lì che vanno cambiate le regole. Ed è nelle istituzioni comunitarie che l’Italia deve inviare i suoi funzionari migliori (oltre agli europarlamentari).

PROTESTE DEI TRATTORI, CRITICITÀ DA CORREGGERE NELLA PAC MA ANCHE TANTI SOLDI

Va dunque tenuta la barra dritta su un principio: la Politica agricola europea (PAC) va rivista, stravolta, comunque adeguata ai cambiamenti profondi che hanno segnato questi ultimi anni, dalla pandemia alle due guerre, con un’inflazione galoppante che solo negli ultimi mesi sta tornando sulla giusta strada, anche se a gennaio c’è stata una ripresa, pur se lieve, dell’aumento dei prezzi, ma senza cancellarla, come invece stanno chiedendo con la protesta alcuni dei promotori della marcia dei trattori (comitati spontanei, Cobas, ecc) che sta toccando tutti i territori nazionali, dal Nord al Sud.

Insomma: giù le mani dalla Pac. Pochi numeri chiave per capire l’importanza della Politica agricola comune, che è la seconda posta del bilancio dell’Unione europea. La nuova programmazione 2021/2027, entrata in vigore in ritardo solo nel 2023, mette in campo per i 27 Paesi Ue la cifra di 387 miliardi. Gli agricoltori italiani possono far conto ogni anno su un tesoretto di circa sei miliardi. Se poi si aggiunge l’altra “cassaforte” del Pnrr, con una dote di otto miliardi, è evidente che della Ue non si possa fare a meno.

LA POSIZIONE DELLA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

È vero che ci sono delle prese di posizioni illogiche e insostenibili, riconosciute dalla stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. La stessa che per la verità aveva già aggiustato il tiro prima che iniziasse la rivolta dei trattori in Germania e che l’altro ieri, nel giorno della protesta a Bruxelles, ha espresso sostegno al piano presentato dalla Coldiretti “Non è l’Europa che vogliamo”. Già nel corso di un intervento nei primi giorni di dicembre von der Leyen aveva rimarcato il ruolo chiave degli agricoltori europei con i quali concordare le politiche.

Non la pensava così, invece, Frans Timmermans a cui era delegata la partita ambientale. E la sua linea d’azione ha aperto una profonda frattura tra ambiente e agricoltura. Si è spinta la Pac troppo sulla tutela ambientale in linea con il Green Deal. Tanto che sembrava che la strategia verde della Ue dovesse pesare esclusivamente sulle spalle dei produttori agricoli.

La burocrazia comunitaria ha interpretato i dieci obiettivi indicati – cioè garantire un reddito equo agli agricoltori, aumentare la competitività, migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare, agire contro i cambiamenti climatici, tutelare l’ambiente, salvaguardare il paesaggio e la biodiversità, sostenere il ricambio generazionale, sviluppare aree rurali dinamiche, proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute e promuovere le conoscenze e l’innovazione – in chiave anti-agricola.

I DISTINGUO TRA LE PROTESTE

«Non si può pensare di attuare le riforme andando contro gli agricoltori che operano sul 70% delle terre della Ue. I progetti vanno portati avanti solo con loro» ha detto l’europarlamentare Paolo De Castro. Politico che di battaglie ne ha affrontate molte e in quest’ultima legislatura ha contribuito in modo incisivo a condurre al traguardo alcuni provvedimenti importanti (come la riforma delle Ig e la direttiva contro le pratiche commerciali sleali) e a bloccare, invece, alcune misure come il taglio dei fitofarmaci (senza offrire alternative), l’equiparazione delle stalle alle industrie e la legge sul ripristino della Natura, definite “follie” dagli agricoltori.

Va dunque fatto un distinguo tra i temi delle protesta delle associazioni agricole europee, da quelle francesi alle tedesche che hanno affiancato Coldiretti, e le denunce spot sulle farine di grillo e la carne sintetica. Due questioni già affrontate dal governo con una norma che impone indicazioni chiare sulla farina di insetti con l’obbligo di esporle nei negozi su scaffali dedicati e ben indicati, e la legge, unica in Europa, che vieta la produzione, vendita e importazione di cibi realizzati in laboratorio.

Una normativa diventata un faro anche per gran parte dei partner comunitari che hanno sottoscritto un documento comune per chiedere una moratoria alla Commissione. E anche sul tema delicatissimo dei prezzi riconosciuti agli agricoltori che non riescono a coprire i costi. Il problema è grave, come il nostro giornale ha denunciato più volte, in relazione, per esempio, alle clementine calabresi pagate pochi spiccioli agli agricoltori. Ma anche su questo fronte la Ue è intervenuta con la direttiva per contrastare le pratiche commerciali sleali, adottata, anche se in ritardo, dall’Italia che non era riuscita invece a far applicare un’analoga norma varata durante il governo Monti.

PROTESTA TRATTORI E PAC: I RICAVI DEGLI AGRICOLTORI

La legge – ha precisato Prandini – prevede che i prezzi pagati ad agricoltori e allevatori non scendano mai sotto i costi di produzione, e a questo si è appellata la Coldiretti nella denuncia contro la multinazionale Lactalis.
Il latte è solo l’inizio, si procederà infatti su tutte le filiere per impedire altre pratiche sleali contro gli agricoltori. Il gruppo Laclatis ha modificato unilateralmente le condizioni contrattuali applicando un taglio dei prezzi non concordato con gli allevatori, una pratica che rientra tra quelle vietate dalla legge.

Dopo la denuncia sono scattate le verifiche e sotto la lente dell’Icqrf (l’istituto del ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare al quale sono affidati i controlli) sono finiti tutti i contratti e le variazioni intervenute da parte della multinazionale. E sono scattate le contestazioni. Se il procedimento si concluderà con la condanna del più grande gruppo industriale del latte in Italia e in Europa sarà un risultato importante – ha affermato la Coldiretti – per tutto il mondo agricolo.

LA POSIZIONE DI COLDIRETTI E IL PNRR

Il fatto che sia scesa in campo la rappresentanza garantisce una vera tutela alle singole aziende che da sole possono rischiare ritorsioni da grandi gruppi industriali e catene distributive. In questo modo la denuncia risulta “firmata” solo da Coldiretti, mentre gli imprenditori restano anonimi. Una battaglia particolarmente lunga e difficile, ma resa possibile da una direttiva europea, questa volta giusta e a favore delle imprese agricole.
Così come è fondamentale il contributo del Pnrr al rafforzamento delle filiere per consentire di spalmare in modo più equo il valore aggiunto tra tutti gli operatori, ma anche agli interventi nel campo delle infrastrutture idriche, perché l’acqua è l’altra priorità per gli agricoltori.

In occasione della Fiera agricola di Verona, Massimo Gargano, direttore generale dell’Anbi ( Associazione nazionale dei Consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue) ha fornito un primo bilancio relativo alle opere avviate. Tutti i cantieri del Piano di sviluppo rurale nazionale (il secondo pilastro della Pac) sono avviati e il 62 per cento è nelle fasi conclusive.
Per quanto riguarda il Pnrr, Gargano ha reso noto che è in corso il 75% dei lavori e il 27% ha superato la metà dell’opera. Il valore complessivo degli interventi previsti supera il miliardo e interessa 478.004 ettari, di cui l’87% colpito da siccità e ondate di calore negli ultimi cinque anni. Anche questa è la Ue.


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