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Que serà serà, cantava Doris Day. Ma quello che serà non è bello: fra minacce di recessione, record di inflazione e virus che risorge, l’economia, italiana e internazionale corrono brutti rischi. Ed è tanto più importante, allora, capire la capacità dei diversi Paesi di affrontare questi rischi: la resilienza, insomma, per usare un termine che è ormai entrato nel linguaggio comune.

IL VANTAGGIO ITALIANO

Come è equipaggiata l’economia italiana di fronte a queste minacce? Il grafico, aggiornato a giugno, dei superindici anticipatori elaborati dalla Commissione Ue, mostra la tendenza al rallentamento in Italia e nel resto dell’Eurozona. Come si vede dai dati destagionalizzati, l’Italia mantiene un leggero vantaggio (questi indici collassano molti indicatori relativi alla fiducia delle famiglie, all’industria, alle costruzioni, ai servizi e al commercio al dettaglio). Guardando più a fondo, soffermiamoci sul settore manifatturiero.

L’Italia, come si sa, ha il più forte settore manifatturiero d’Europa, dopo la Germania, e la salute di questo comparto è molto importante per la capacità di traino dell’economia tutta. Si dice che il manifatturiero è la “sala macchine” dell’economia, e questa definizione va al di là del peso del settore nel Pil totale, dato che, per funzionare, la “sala macchine” ha bisogno di molti servizi e attiva quindi altri comparti del sistema economico.

Confrontando gli andamenti della produzione manifatturiera nei tre grandi dell’Eurozona – Germania, Francia e Italia – possiamo constatare come il manifatturiero italiano abbia allungato il passo in Europa. È interessante vedere come, al momento dell’urto da Covid, l’indice in Italia fosse andato cadendo più degli altri. Poi, però, si è ripreso più fortemente, e oggi è l’unico che sfiora i massimi precedenti alla crisi da Covid, massimi da cui Francia e Germania sono invece ancora lontane. È come se la caduta più brusca avesse spinto le imprese italiane, se non altro per istinto di sopravvivenza, a innovare processi e prodotti più rapidamente che altrove.

LA VIRTÙ DELLE CRISI

Insomma, non tutto il male viene per nuocere. La virtù purificatrice delle crisi fu magnificata da Keynes in una divertente osservazione di tanti decenni fa: era il 1945, la Seconda guerra volgeva al termine, con la vittoria degli alleati, e Keynes poteva ormai solo sperare, per rinnovare l’industria inglese, nel “fuoco amico”!

Il grande economista, un anno prima di morire (è quasi un testamento…) scrisse: «Se per qualche sprovveduto equivoco geografico le forze aeree americane – è ormai troppo tardi per sperare qualcosa dai tedeschi – potessero distruggere ogni fabbrica nella costa del Nord-Est e nel Lancashire (in un’ora in cui dentro ci sono solo i manager e nessun altro), non avremmo niente da temere. Non vedo come potremmo altrimenti riguadagnare quella esuberante inesperienza che è necessaria, sembra, per aver successo…».

E LA FIDUCIA CRESCE

L’ottima performance dell’industria italiana si vede anche nel fatturato. Certamente, questa è una grandezza nominale, non reale come l’indice della produzione manifatturiera, e l’impennata recente del fatturato in valore deve molto all’inflazione (vedi grafico). Tuttavia, esistono anche dati sul fatturato reale per il settore manifatturiero (per qualche misteriosa ragione l’Istat non li cita nei comunicati stampa sul fatturato, ma si possono trovare scavando nella banca dati).

Naturalmente, il fatturato reale non cresce a tassi a due cifre, come quello nominale, ma la performance è egualmente di tutto rispetto: l’ultimo dato disponibile dà una crescita in volume del 5,2% sull’anno, e una costante risalita negli ultimi mesi. Confrontando, sempre per il settore manifatturiero, gli andamenti della produzione e del fatturato reale si vede che il secondo allunga il passo. Probabilmente le imprese soddisfano la domanda anche attingendo alle scorte, cioè alla produzione passata.

I dati buoni su industria e servizi si vedono anche negli indici di fiducia delle imprese, che l’Istat ha aggiornato a giugno, e che segnano lusinghieri progressi, malgrado tutto e tutti. Insomma, l’economia mostra resilienza: gli stantuffi della sala macchine battono regolari, sfidando le intemperie del ciclo e della geopolitica.


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