X
<
>

Mario Draghi

Condividi:
4 minuti per la lettura

NON vedrà la luce prima della fine della prossima settimana – se non la successiva che è quella preelettorale – il nuovo decreto con aiuti alle famiglie e alle imprese in sofferenza di fronte alla corsa forsennata del gas che spinge le bollette a quote stellari. Il provvedimento dovrebbe poter disporre di una dote di circa 12-13 miliardi ma prima di impegnare le risorse il governo attende il via libera alla Relazione del Mef al Parlamento – approvata ieri in Cdm – che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica sulla base di un extra gettito di 6,2 miliardi, che rappresentano il contributo più consistente al budget del nuovo dl.

Nessuno scostamento di bilancio all’orizzonte, quindi, come ribadito più volte dal premier Draghi e dal ministro dell’Economia Franco. Alla composizione della dote dovrebbero poi contribuire gli extra profitti delle imprese dell’energia, e fondi “recuperati” tra le pieghe del bilancio. Un quadro più chiaro sui numeri da poter mettere in campo si avrà nei prossimi giorni. Dalla definizione del plafond dipende lo spazio di manovra del governo e il perimetro dei diversi interventi al vaglio. Con lo sguardo rivolto a Bruxelles e la massima attenzione agli sviluppi sul quel price cap che il governo Draghi ha posto sul tavolo già mesi fa, e alle altre misure che oggi saranno intanto discusse dai ministri dell’Energia dei 27. “Il governo fa quello che può per accelerare l’iter, ora è tutto nelle mani del Parlamento”, dicono da Palazzo Chigi.

Sono le Camere a dettare i tempi stavolta. L’approdo del pacchetto a Palazzo Chigi verrà definita, infatti, una volta ottenuto il via libera – a maggioranza assoluta – delle Aule di Palazzo Madama e Montecitorio sulla Relazione del ministro Franco: nella prima il voto è in programma per martedì 13, giovedì 15 nella seconda, e in entrambi i casi si incrocia con quello sul dl Aiuti Bis da 17 miliardi, su cui si è consumato l’ennesimo scontro tra il governo e il Movimento 5 Stelle sui crediti per il superbonus, con l’avvicinarsi dell’appuntamento con le urne, il 25, a inasprire i toni della politica, in aula oltre che nelle piazze.

Se la consultazione parlamentare sulle risorse rappresenta anche un atto di trasparenza nei confronti del Parlamento, alla massima efficienza Draghi intende improntare l’avvicendamento a Palazzo Chigi: durante il Cdm ha invitato i suoi ministri a preparare “un ordinato passaggio di consegne volto a fornire al nuovo governo un quadro organico delle attività in corso, degli adempimenti e delle scadenze ravvicinate, con l’obiettivo di trasmettere tutte le informazioni utili al pronto esercizio delle proprie funzioni”.

Affidandone la “regia” al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. Intanto nel provvedimento al vaglio del governo dovrebbe rientrare la proroga del credito d’imposta per le imprese energivore e gasivore anche nel quarto trimestre, che pesa tra i 4 e 5 miliardi, il bonus sociale per le famiglie, la rateizzazione delle bollette. In un messaggio in occasione dell’evento Coldiretti/Filiera Italia, il premier ha assicurato anche nuovi interventi anche per il settore agroalimentare.

Ancora in bilico invece la cassa integrazione “scontata”. Una misura quest’ultima che la Cisl considera essenziale in attesa delle decisioni di Bruxelles sul price cap e sulla riforma del mercato dell’elettricità. Il nuovo assetto sugli ammortizzatori sociali ordinario, si sostiene, “non è in grado di affrontare emergenze straordinarie come quelle di questi mesi e che ulteriormente si prospettano”, mettendo a rischio tanti posti di lavoro. Dal Nord al Sud le imprese rilanciano l’sos e cominciano ad essere tante quelle che fermano gli impianti. Ieri le Acciaierie di Sicilia – una produzione annua di 500mila tonnellate di acciaio e un fatturato di 150 milioni di euro – hanno annunciato uno stop di 14 giorni e 500 operai in cassa integrazione di fronte a un aumento delle spese del 200%.

“Rischiamo una ecatombe di imprese”, è l’allarme di Confartigianato, secondo cui il caro energia mette a rischio 881.264 micro e piccole imprese con 3.529.000 addetti, pari al 20,6% dell’occupazione del sistema imprenditoriale italiano. Tra i settori maggiormente esposti alla minaccia del lockdown energetico, se non addirittura della chiusura – evidenzia il rapporto dell’associazione – ci sono quelle energy intensive: ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo.

Ma soffrono anche altri 16 comparti manifatturieri in cui spiccano il tessile, la lavorazione del legno, le attività di stampa, la produzione di accumulatori elettrici e di apparecchi per uso domestico, di motori e accessori per auto, la fornitura e gestione di acqua e rifiuti. E gli effetti del caro energia non risparmiano il settore dei servizi, con 17 comparti sotto pressione a causa dell’escalation dei prezzi di energia elettrica, gas e carburanti: dal commercio di materie prime agricole e di prodotti alimentari alla ristorazione, dai servizi di assistenza sociale residenziale e di asili nido alle attività sportive.

E poi ci sono le realtà territoriali: solo in Lombardia – prima in questa triste classifica – sono a rischio 139mila aziende con 751mila addetti. Non va meglio per il Veneto dove a soffrire sono 77mila piccole imprese con 376mila occupati. Seguono a breve distanza l’Emilia-Romagna (72mila piccole imprese con 357mila addetti), il Lazio (79mila imprese e 304mila addetti), il Piemonte (con 62mila aziende che danno lavoro a 262mila addetti), la Campania (77mila imprese con 240mila addetti), la Toscana (63mila imprese e 228mila addetti), la Puglia (57mila piccole imprese e 177mila addetti) e la Sicilia (63mila imprese con 165mila occupati).


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE