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Giorgia Meloni

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Corre l’inflazione, con performance da primati, e sale l’allarme per le ricadute sulle famiglie, che soffrono la progressiva erosione del potere d’acquisto, e le imprese, tra il crollo dei consumi e l’impennata dei costi. L’accelerazione straordinaria stimata dall’Istat per ottobre – fino a sfiorare quota 12% su base annua – e la revisione al rialzo delle previsioni per l’Eurozona della Bce per il prossimo triennio, danno la misura dello shock per il sistema economico e sociale e che il nuovo esecutivo si prepara a tamponare.

Un primo intervento potrebbe arrivare entro la metà di novembre. Si procederà sostanzialmente al rinnovo delle misure messe in campo dal governo Draghi, dalla proroga del credito d’imposta per le imprese al taglio delle accise sui carburanti – in scadenza, quest’ultimo, il 18 novembre – fino al 31 dicembre. Misure che dovrebbero assorbire circa 4 miliardi.

Un intervento più incisivo contro il carovita e il caro-bollette sarà affidato alla manovra – da trasmettere a Bruxelles entro fine novembre – che assorbirà la maggior parte delle risorse disponibili. Sul pacchetto energia il governo si prepara a investire tre quarti delle risorse destinate alla legge di Bilancio, il restante 25% verrà distribuito tra le altre misure previste nell’articolato. La dote di partenza, secondo le stime del Mef, potrebbe aggirarsi tra i 10 e i 21 miliardi. Giorgia Meloni lo ha detto chiaramente durante il suo discorso programmatico nell’aula di Montecitorio, avvertendo i suoi alleati del necessario ridimensionamento e/o rinvio di alcuni provvedimenti “annunciati” nella manovra durante la campagna elettorale. L’emergenza, ha sottolineato il presidente, «è mettere un argine al caro energia» e «accrescere il potere d’acquisto delle famiglie» di fronte al caro prezzi.

Va in questo senso, quindi, la riduzione delle imposte sui premi di produttività, un ulteriore innalzamento della soglia di esenzione dei fringe benefit (il bonus bollette che Draghi aveva già portato da 250 a 600 euro), il potenziamento del welfare aziendale, e l’allargamento della platea dei beni di prima necessità che godono dell’IVA ridotta al 5 per cento. Tutti interventi, ha anticipato Meloni, che troveranno posto nella legge di Stabilità.

Un impegno a medio termine è poi il taglio fino a 5 punti del cuneo fiscale, due terzi per i lavoratori, un terzo per le imprese, per aumentare le buste paga degli uni e alleggerire i costi delle altre. E che è uno dei pilastri del patto fiscale del governo, insieme all’intervento sul quoziente familiare, speculare alla riforma dell’Irpef, e la tregua fiscale. L’introduzione di un tetto al prezzo del gas atteso dell’Europa, insieme agli altri interventi contro il caro energia allo studio di Bruxelles, è considerato l’allato principale nella lotta degli Stati all’inflazione su cui il caro gas ha un peso ancora rilevante: ieri le quotazioni al Ttf di Amsterdam sono tornate a salire e il prezzo ha chiuso a 112,21 euro per Megavattora, segnando +4,53%.

Il neo ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, rientrato da poco dalla riunione dei ministri dell’Energia a Lussemburgo, ha parlato di passi avanti su questo fronte, segnalando che «anche la Germania (finora uno dei principali ostacoli sul cammino della proposta messa sul tavolo Ue da Draghi già lo scorso marzo) non si è opposta a che la Commissione presenti in tempi rapidi una proposta sul price cap dinamico».

Ieri, nel corso di un colloquio telefonico, Meloni ha ribadito al cancelliere Olaf Scholz l’importanza dei passi avanti compiuti a livello europeo e ha ribadito l’urgenza di arrivare, quanto prima, a misure concrete per ridurre i prezzi dell’energia». I due leader hanno discusso poi dell’impegno a sostegno di Kiev, della gestione dei flussi migratori e affrontato il tema della crescita economica, anche alla luce delle fosche previsioni per il Vecchio Continente pubblicate ieri dalla Bce.

Quanto al disallineamento dei prezzi dell’energia elettrica da rinnovabili da quelli del gas, ha affermato il ministro, nel caso non si arrivasse a una soluzione a livello comunitario, l’Italia è pronta a introdurre un meccanismo ad hoc sul piano nazionale.

Intanto sul fronte interno è già partita la caccia del Mef, capitanato da Giancarlo Giorgetti, alle risorse necessarie e mettere in atto la strategia nazionale contro il carovita. Il precedente esecutivo ha lasciato in cassa un “tesoretto” di 10 miliardi. Si attingerà dalle “solite” pieghe di bilancio, dall’extragettito prodotto dall’inflazione e dai proventi di una tassa sugli extraprofitti che il nuovo governo intende ridisegnare in modo da centrare l’obiettivo che l’esecutivo Draghi ha mancato, incassando solo due miliardi sui dieci attesi.

Uno spazio di manovra tra i 9,5 e i 20,8 miliardi dovrebbe arrivare dall’innalzamento del deficit programmatico per il 2023 stimato tra il 3,9% e il 4,5% del Pil previsto nelle previsioni aggiornate della Nadef, rispetto al tendenziale pari al 3,4% messo nero su bianco in quella firmata dal ministro Daniele Franco.


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