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Giancarlo Giorgetti

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Non c’è solo il fronte interno a impensierire Palazzo Chigi. Da quelle parti preoccupano il dossier migranti, i rapporti con la Francia, il nodo Mes. Ecco perché un ministro di peso arriva a sostenere che «solo il fattore Europa può farci destabilizzare». Per fattore Europa si intende l’insieme composto dalla commissione Europea, dal Consiglio europeo e dalla Banca centrale europea.

La prossima settimana arriverà il verdetto dei commissari di Bruxelles sulla legge finanziaria. Da lì si comprenderà quali saranno i margini di manovra di un Paese, l’Italia, che detiene un debito pubblico non sostenibile e un’evasione fiscale fuori controllo. Non aiuta in questo frangente la decisione della Corte costituzionale tedesca che ieri ha annunciato che «il ricorso contro gli atti di approvazione degli emendamenti (al trattato) del Meccanismo europeo di stabilità e all’accordo intergovernativo non è andato a buon fine».

Di conseguenza i tedeschi non potranno che ratificare il nuovo trattato di riforma del Mes. E l’Italia cosa farà? Solo un mese fa il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, incalzato dai cronisti sul Mes, aveva risposto così: «Mi attesto sulle posizioni del precedente governo di cui facevo parte. Aspettiamo la decisione della Corte tedesca per decidere».

Non è un mistero che lo stesso titolare del dicastero di via Venti Settembre abbia definito questo strumento «obsoleto». Oltretutto il 30 novembre, prima ancora della decisione della Corte tedesca, il Parlamento ha approvato una mozione del centrodestra nella quale si impegna l’esecutivo di Giorgia Meloni a non ratificare   disegno di legge di ratifica della riforma del Trattato istitutivo del Mes.

E ora? La polemica divampa in Italia e mette in crisi gli equilibri di governo. Di sicuro Lega e Fratelli d’Italia hanno sempre contestato lo strumento del Mes. Ma non accodarsi al resto d’Europa significherebbe mettere in discussione l’Unione bancaria.

Le opposizioni incalzano. Matteo Richetti, parlamentare di Azione, la mette così: «Qualcuno informi il ministro Giorgetti che la decisione della Corte costituzionale tedesca è arrivata: è stato bocciato il ricorso contro il Mes, non sussiste traccia di incostituzionalità. Ora la Germania potrà ratificare il trattato, sfruttando un’ulteriore potente forma di sostegno alla propria economia. Cosa aspettiamo qui in Italia a fare altrettanto? Trentasette miliardi per la sanità, per decongestionare i pronto soccorso, ridurre realmente le liste di attesa, immettere fondi cospicui nella formazione del personale sanitario sono forse elementi poco sovranisti per procedere spediti?». Gli fa eco il senatore Pd, Antonio Misiani: «Approvare il trattato per il nuovo Mes è nell’interesse dell’Italia».

In questo contesto il vertice Med 9 di Alicante sarebbe dovuto servire per addolcire il clima con i cugini d’Oltralpe. Si sarebbero dovuto incrociare Emmanuel Macron e Giorgia Meloni, dopo il caso della nave Ong Ocean Viking. La vicenda, al di là del lavoro diplomatico del capo dello Stato Sergio Mattarella, non è rientrata. Anzi.

L’ultimo scontro  con la Francia risale a 24 ore fa, quando l’Eliseo fa sapere che «da quanto sappiamo la signora Meloni continua a cercare una data per la sua visita a Parigi per la quale si è impegnata a lavorare dopo il caso Ocean Viking». Replica piccata di Palazzo Chigi: «Non ci risulta alcun impegno assunto dal presidente Meloni a Parigi. Né al presidente è giunto alcun invito ufficiale, immaginando che determinati inviti non si facciano a mezzo stampa». Insomma, si registra un nuovo incidente diplomatico a poche ore dal summit di Alicante. Il caso vuole che alla fine Meloni sia costretta a disertare il vertice Med9 «a causa di influenza».

Non ci sarà nessun faccia a faccia con Macron. La delegazione italiana è guidata dal vicepresidente e ministro degli Esteri Tajani che partecipa al pranzo di lavoro con il premier spagnolo Pedro Sanchez e gli altri leader Ue. Fra i presenti c’è anche Emmanuel Macron. Tajani si scambia un saluto con il presidente francese, i due si confrontano per diversi minuti, ma il vicepremier italiano giura di non aver parlato della visita di Meloni a Parigi.

E poi aggiunge: «Non ci sono state dichiarazioni ufficiali, ci sono state dichiarazioni informali ma non c’era nessuna visita programmata del presidente Meloni, andiamo avanti. Per il faccia a faccia chiarificatorio, si dovrà aspettare. Non è dato sapere quando. Forse si terrà alla conferenza sulla pace, convocata dal presidente francese, il prossimo 13 dicembre. Le distanze tra Francia e Italia restano le stesse sulla questione migranti. Ed è per tal ragione se più di una fonte qualificata continua a sottolineare che «il fattore Europa è l’unico che può oggi destabilizzarci».


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