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Forum di Davos sottotono, dibattito su inflazione e tecnologia mentre il mondo chiede a Cina e Usa di invertire il passo

L’edizione del Forum di Davos appena conclusa ha avuto un rilievo minore rispetto a quelle pre-pandemia: pochi i rappresentanti politici che hanno frequentato l’innevata ed esclusiva località alpina questa settimana, sempre meno di tendenza è il tema della globalizzazione, di cui il World Economic Forum è sempre stato paladino.

Analizzando il dibattito intercorso nelle varie sessioni emergono tuttavia aspetti interessanti che ci aiutano ad inquadrare le sfide che più impatteranno sul futuro prossimo del nostro Pianeta. Ne evidenzio, tra le altre, tre.

Non posso non partire dal sentiment complessivo condiviso dalla platea dei partecipanti circa le previsioni economiche del 2023; a dispetto dell’inflazione galoppante e delle tensioni internazionali, ormai quasi croniche, è emerso un cauto ottimismo: andamento (decrescente) dei prezzi dell’energia, riapertura della Cina e dati economici delle ultime settimane hanno infatti indotto gli esperti a ritenere che l’economia incontrerà sì delle difficoltà nei prossimi mesi ma in misura inferiore a quanto preventivato. È del tutto evidente che la battaglia più insidiosa riguarderà l’andamento dell’inflazione; in questo senso, politiche monetarie delle Banche Centrali e sistema delle aspettative faranno la differenza.

Un secondo tema particolarmente dibattuto ha riguardato la tecnologia e in particolare l’intelligenza artificiale (AI). Perché? Se siamo ormai abituati alle tecnologie digitali come strumento al servizio delle nostre attività quotidiane – basti pensare all’ecommerce e agli smartphone – il tema che emerge oggi, e sarà sempre più centrale domani, riguarda l’effetto di potenziale sostituzione dei sistemi basati sull’AI rispetto all’uomo; è, questo, un dibattito che emerge ogni qual volta si affaccia nel mondo una discontinuità tecnologica, che produce evidentemente paura.

Di certo nei prossimi anni i Governi dovranno varare politiche a sostegno della crescita delle competenze delle persone, che dovranno dedicarsi a realizzare sempre più attività difficilmente codificabili e quindi non gestibili attraverso sistemi automatici basati su intelligenza artificiale.

Altrettanto rilevante è il quadro geopolitico che emerge a valle della settimana di dibattito; due sono stati gli interventi, che più di altri ci aiutano ad inquadrare lo scenario del prossimo futuro. In primo luogo, la dichiarazione di Liu He – fidato luogotenente di Xi Jinping nonché vice primo ministro della Repubblica Popolare -, che ha voluto ribadire al mondo che Pechino intende tornare alla normalità di una Cina aperta al mondo, agli investimenti privati e alle big tech, manifestando in questo senso una vera e propria virata ad U rispetto alle politiche post Maoiste portate avanti da Xi in questo ultimo triennio.

Non meno rilevante è stata la dichiarazione della Presidente Von der Leyen che ha inteso evidenziare la creazione in seno alla Unione Europea di un fondo sovrano a sostegno degli investimenti verdi delle imprese del Vecchio Continente: una mossa, questa, per contrastare l’enorme piano – Inflaction Reduction Act, che Biden ha varato, attraverso lo stanziamento di 380 miliardi di dollari, per sostenere la transizione energetica delle imprese americane.

Il quadro che nel complesso ne emerge è dunque di un sistema geo-politico che continua ad aumentare il suo livello di complessità: alla guerra in Ucraina e alla transizione energetica, che di per sé, sono due determinanti da far tremare i polsi alla politica, si aggiungono ulteriori sfide legate al ruolo sempre più rilevante giocato dalla tecnologia per la competitività dei sistemi industriali e territoriali e le propulsioni nazionaliste che USA, Unione Europea e Cina hanno ormai intrapreso con tutta evidenza.

Affrontare il futuro con quel cauto ottimismo, che si respirava a Davos, richiede a mio avviso una cosa sola: che Usa e Cina ritornino a dialogare per definire quella condizione di equilibrio (bipolare), che abbiamo perso a valle di decenni di incontrastata leadership americana che di fatto ha portato ad una situazione di generale instabilità. Dobbiamo insomma sperare in un’altra inversione ad U: questa volta nell’atteggiamento di entrambe le superpotenze; non a caso, il titolo dell’edizione di quest’anno del Forum di Davos era proprio “Cooperation in a fragmented world”.


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