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Un cantiere

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Nel nostro Paese dal dopo guerra ad oggi sono stati redatti circa 90 Piani Generali con valenza nazionale; ricordo, solo a titolo di esempio il Progetto ’80 (Programma economico nazionale per il quinquennio 1971 – 1975 elaborato tra il 1969 ed il 1971), il Piano Nazionale integrato per l’energia ed il clima per gli anni 2021 – 2030, il Piano Strategico Nazionale per la politica agricola, il Piano Generale dei Trasporti, ecc.

Questa lunga serie di atti pianificatori si è praticamente conclusa ed in questa numerosa serie di strumentazioni pianificatorie quella che, sicuramente, ha inciso sulla evoluzione funzionale della intera realtà nazionale è quella relativa al Piano Generale dei Trasporti. Una intuizione dell’allora Ministro dei Trasporti Claudio Signorile e di un Governo, quello presieduto da Bettino Craxi, che voleva, a tutti i costi, lasciare un segno riformatore nell’assetto non solo della offerta infrastrutturale ma anche in quella più spiccatamente legata alla non disponibilità di servizi efficienti nel comparto della mobilità delle persone e delle merci. Una intuizione che, nata in un periodo in cui la Unione Europea era ancora formata da 12 Stati, perseguiva anche una finalità sovra nazionale e cercava, in tutti i modi, di disegnare nuovi spazi e nuove funzioni degli organismi preposti alla gestione della mobilità ed alla ottimizzazione di ciò che oggi chiamiamo “logistica” ma che quarant’anni fa chiamavamo “trasporto delle merci”.

Dopo il Piano Generale dei Trasporti abbiamo vissuto di eredità; infatti anche se la Legge istitutiva di tale strumento ne prevedeva un sistematico aggiornamento ogni tre anni, questa sistematicità è stata rispettata solo tre – quattro volte. Poi, insisto, abbiamo vissuto di una eredità, sicuramente importante ed incisiva, per almeno venti anni. Infatti la Legge 443/2001 (Legge Obiettivo) del 2001 ha praticamente dato forza e concretezza alle scelte del Piano Generale dei Trasporti e dei suoi aggiornamenti ed al tempo stesso non possiamo dimenticare che i lavori di tale Piano sono stati anche il motore del Maser Plan dei trasporti della Unione Europea e, quindi, il vero anticipatore delle Reti Trans European Network (TEN – T). Ripeto, dopo questo grande impegno, il nostro approccio alla pianificazione, quella vera e lungimirante, si è praticamente spento.

Una delle motivazioni, sono pienamente convinto, debba essere ricercata nel crollo davvero inimmaginabile della qualità dei Governi e degli schieramenti politici che si sono susseguiti soprattutto con i Governi Conte 1 e 2. Non posso, a tale proposito, non ricordare i danni rilevanti prodotti da questi due Governi relativamente alla costruzione di reti essenziali della rete infrastrutturale italiana e comunitaria come il blocco per mesi ed in alcuni casi per anni di alcune opere strategiche come il nuovo tunnel ferroviario Torino – Lione, il Terzo Valico dei Giovi lungo l’asse ferroviario ad alta velocità Genova – Milano, l’asse ferroviario ad alta velocità Verona – Vicenza – Padova, il nodo ferroviario di Firenze, ecc. 

Tuttavia, per le cose che dirò dopo, anche l’approccio tenuto sempre dall’ex Premier Conte nella predisposizione del primo documento di PNRR ha continuato ad ignorare i riferimenti di base di una corretta pianificazione. Ebbene, oggi questa lunga stasi intellettuale, questo lungo vuoto di intelligenze pianificatorie forse potrebbe terminare e potrebbe accendersi una nuova fase creata proprio dalla constatazione dell’approccio mediocre con cui è stato impostato inizialmente il PNRR. Ho più volte riconosciuto al Presidente Mario Draghi il merito di aver riletto e corretto il primo PNRR (quello prodotto dal mese di giugno 2020 al gennaio 2021), tuttavia non posso, come d’altra parte più volte ricordato, ribadire che tale strumento era e purtroppo è rimasto lontano anni luce dalle categorie classiche di un processo pianificatorio organico.

Oggi, cioè in questi giorni, il lavoro che sta portando avanti il Ministro Fitto si configura come un primo atto di ritorno corretto ad una grammatica pianificatoria non più frantumata, non più sommatoria di componenti e di assetti lontani da una visione organica. Un processo pianificatorio non basato su un bilancio paritetico tra distinti ambiti regionali, in realtà come se con il Piano si dovesse perseguire il raggiungimento di una equidistribuzione delle risorse. Una rivisitazione non solo del PNRR ma di ben sei atti  (PNNR, PNC, Fondi di Sviluppo e Coesione, Repower e Reti TEN) che, purtroppo, non hanno un corretto respiro pianificatorio ma sono solo una elencazione di interventi con una stima di risorse necessarie per la concreta realizzazione degli stessi. Dobbiamo ammetterlo questi, definiti scorrettamente, Piani o Programmi sono solo una banale ed inutile elencazione di opere da attuare e di risorse da spendere entro e non oltre un determinato arco temporale ma completamente slegate da un quadro programmatico, sono, in realtà, tessere di un mosaico inesistente. 

Basterebbero pochi riferimenti, pochi esempi per capire cosa sarebbe potuto e dovuto essere ciò che chiamiamo “processo pianificatorio”. Provo ad indicare solo due ipotesi:

1. Il costo del trasporto delle merci nel nostro Paese è superiore del 18 – 20% di quello degli altri Paesi della Unione Europea; la causa di tale grave differenza è legata alla mancata adeguata qualità della offerta infrastrutturale. Tale danno è stato anche quantificato da diversi organismi come Confetra, Conftrasporto, ecc. ed è pari a circa 60 miliardi di euro all’anno. Un processo pianificatorio corretto disegnerebbe in modo dettagliato e corretto le azioni e gli strumenti capaci di ridurre tale grave anomalia, capaci di ridare capacità concorrenziale ai nostri prodotti rispetto a quelli degli altri Paesi interni ed esterni alla stessa Unione Europea

2. Il livello della disuguaglianza all’interno del Paese è superiore alla media europea, cioè esistono otto Regioni su 20 in cui il reddito pro capite è al di sotto della metà di quello del reddito delle altre 12 Regioni. Pianificare significa pesare, in modo dettagliato, quanto le scelte incidano nel perseguimento di un obiettivo mirato all’abbattimento di tutti gli ostacoli che bloccano un concreto avvio verso assetti socio economici omogenei ed al tempo stesso in grado di incidere sulla crescita degli indicatori socio economici di realtà territoriali non adeguatamente servite, non adeguatamente collegate con i mercati della convenienza

La rilettura degli strumenti di Piano può quindi diventare una occasione per ritornare ad indossare le lenti corrette che potrebbero portarci a scelte coerenti con un quadro misurabile di finalità, con un disegno condiviso di scenari. Quindi, dalla presa d’atto del fallimento di un approccio concettuale e metodologico errato legato al tentativo di redigere un riassetto funzionale della offerta infrastrutturale del Paese, può prendere corpo un modello pianificatorio capace di dare corrette risposte a quei due obiettivi prima indicati. Può prendere corpo così una scelta di interventi:

Non parziali come l’asse ferroviario ad alta velocità Salerno – Reggio Calabria, un asse che senza il ponte sullo Stretto diventa un segmento ferroviario inutile alla Calabria, inutile alla Sicilia ed inutile per l’intero Paese

Non incoerenti come l’asse ferroviario ad alta velocità Roma – Pescara, in cui, esclusi alcuni interventi sui nodi di Pescara e di Roma, non garantisce alcun intervento adeguato lungo l’intero asse

Coerenti con una esigenza di messa in sicurezza di reti viarie essenziali per la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno come l’asse viario 106 jonica, come l’asse viario Palermo – Agrigento – Caltanissetta, come l’autostrada Ragusa – Catania o come assi strategici con forte valenza industriale come l’asse autostradale tirrenico con l’aggancio alla A1 attraverso la Pontina o come l’asse Fano – Grosseto

Coerenti con una ristrutturazione funzionale della nostra offerta portuale attraverso la trasformazione in S.p.A. dei nostri porti.

Forse questa serie di esempi potrebbe trovare adeguata collocazione nell’impianto programmatico portato avanti dalla Unione Europea attraverso il sistema delle Reti Trans European Network (TEN – T); in tal modo ridaremmo ruolo e funzione all’intero approccio pianificatorio del Paese e saremmo a tutti gli effetti una tessera coerente al mosaico comunitario.

Il Ministro Fitto, sono sicuro, sa bene che questa è una sfida difficile ma è una sfida che può rappresentare davvero il successo della intera Legislatura. So bene che per la Unione Europea, come d’altra parte si evince dalle prime indiscrezioni, le linee strategiche del Ministro Fitto non trovano un condiviso consenso e altrettanto può dirsi per quanto concerne le dichiarazioni di alcune Regioni che vedono nel processo riformatore del Ministro un rafforzamento dell’organo centrale, tuttavia queste difficoltà vanno vinte proprio in questa fase d’avvio della Legislatura, vanno vinte in presenza di scadenze temporali che se non rispettate porterebbero il Paese verso una crisi socio economica irreversibile. Questa fase non facile forse è un vero e misurabile segnale del ritorno alla “pianificazione”.


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