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Le tensioni geopolitiche ed economiche non frenano l’export italiano. Il report Istat sul commercio estero  e  i prezzi all’import segnala per febbraio una lieve crescita delle spedizioni sul mese precedente (+0,4%) e una flessione per l’import (-1,4%). L’aumento è stato trainato dall’area extra Ue con +1,7%, mentre frena il fronte Ue.

L’andamento su base annua conferma la crescita dell’export che mette a segno +10,8%, ma con volumi quasi stabili (+0,1%). Il made in Italy vola sui mercati extra europei (+17,2%) a fronte di un  più contenuto 5,5% nell’area Ue.  Nei Paesi non europei all’andamento positivo delle vendite si affianca una flessione degli acquisti del 6,5%. Nella Ue, invece, l’import segna +11,4%.

LE PERFORMANCE

Per quanto riguarda i settori, le migliori perfomance  premiano gli articoli farmaceutici e chimico-medicinali, con un balzo  del 51,3%,  alimentari e bevande con + 12,4% e coke e prodotti petroliferi raffinati (+29%). I Paesi che hanno consentito di raggiungere i risultati positivi  del commercio sono stati   Cina (+131,3%),  Usa (+18,2%),  Francia (+9,8%),  Spagna (+12,9%) e  Turchia (+26,2%). Male, invece,  Belgio (-3%) e Giappone (-7,5%). Export ancora più in corsa nei primi due mesi sullo stesso periodo del 2022 grazie a tre settori: farmaceutici, chimico-medicali e botanici (+52,5%), macchinari e apparecchi  (+15,8%) e prodotti alimentari, bevande e tabacco (+15%).

L’andamento favorevole migliora anche il saldo commerciale, che ha raggiunto quota +2.108 milioni di euro, mentre a febbraio 2022 era precipitato a – 1.475 milioni. Si alleggerisce anche il deficit energetico: da -6.864 milioni a -5.811 milioni.

Per quanto riguarda i prezzi  all’importazione, l’Istat ha rilevato una riduzione dell’1,7% su base mensile e un +1,3% a livello tendenziale, in ridimensionamento però dal +4,7% di gennaio.

Anche sul fronte del commercio, quindi, si percepiscono segnali rassicuranti. In particolare, l’Istituto di statistica, nel suo commento, ha evidenziato il progressivo calo da settembre delle importazioni grazie all’energia e ai ribassi del prezzo del gas naturale. Su base annua – evidenzia il report – la crescita dell’export in valore resta sostenuta ed è molto intensa per l’area extra Ue, dove è trainata in larga misura dalle vendite di prodotti farmaceutici.

Rispetto a un anno prima, si riduce il deficit energetico, aumenta l’avanzo nell’interscambio di prodotti non energetici e il saldo commerciale torna positivo. Si vendono più prodotti farmaceutici  soprattutto in Cina e più macchine e apparecchi in Germania e Usa.

A pesare sull’import i maggiori acquisti di gas naturale e petrolio greggio dai Paesi Opec, mentre è crollato l’import di gas naturale,  petrolio greggio e coke dalla Russia. Per quanto riguarda i valori, per l’export sono aumentati del 10,7%, mentre per l’import si sono fermati a +5,8%. I volumi sono rimasti stabili per l’export (+0,1%) e sono calati del 2,5% per l’import.

LE SPECULAZIONI

Si tratta, dunque, di una situazione nel complesso positiva per i conti dell’Azienda Italia, anche se a rovinare  la festa del settore agroalimentare (e non solo)  che viene da un 2022 super e da un inizio d’anno brillante, è arrivata la questione grano, che è già esplosa nell’Unione europea dopo la decisione di  Polonia, Ungheria e Slovacchia  di fermarne l’import per l’eccesso di ribassi dei prezzi.

Anche Coldiretti ha segnalato una situazione difficile in Italia, con gli acquisti di grano proveniente dall’Ucraina triplicati: in un anno un balzo del 193% che ha fatto schizzare gli acquisti a 358 milioni di chili. Risultato: quotazioni in caduta libera e agricoltori che non coprono i costi. Il grano sbloccato faticosamente dai porti dell’Ucraina (l’ultimo accordo siglato a marzo dura però  solo due mesi) doveva andare nel Paesi del Nord Africa e in Asia, ma i carichi hanno incontrato molte difficoltà a raggiungere le aree dove le popolazioni sono  in   condizione di grave insicurezza alimentare. La quantità di cereali  entrata nei Paesi Ue ha invece portato al crollo delle quotazioni che in Italia hanno perso in un anno il 30, toccando i 28 centesimi al chilo.

Secondo l’analisi di Coldiretti sul report di Unearthed e Lighthouse sarebbero stati realizzati  dai 10 principali hedge fund mondiali profitti di 1,9 miliardi di dollari tramite manovre speculative sui prezzi nel commercio di cereali e semi di soia. L’azione degli hedge fund, secondo lo studio, «ha creato prima una bolla speculativa facendo rialzare i prezzi dei prodotti agricoli e rendendoli inaccessibili alle popolazioni più povere del mondo, e poi, anche a seguito dei rallentamenti del trasporto via mare, ha inondato via treno la Ue di prodotti di bassa qualità e basso costo che hanno fatto partire anche in Italia una spirale al ribasso che  ha portato al crollo delle quotazioni del grano nazionale».

Il Centro studi Divulga ha infatti rilevato che solo il 55% dei prodotti agricoli che ha lasciato l’Ucraina, dopo l’accordo, ha raggiunto i Paesi in via di sviluppo. La Cina con ben 5,2 milioni di tonnellate di materie prime tra grano, mais e olio di girasole,  si è accaparrata il 21,5% del totale, a seguire la Spagna con 4,1 milioni di tonnellate  e la Turchia con 2,7 milioni di tonnellate. Anche in  Italia  sono sbarcati quantitativi considerevole per 1,76 milioni di tonnellate .

LA GUERRA DEL GRANO

Intanto sta per ripartire la guerra del grano. Ieri l’alto rappresentante della politica estera della Ue, Josep Borrell, ha denunciato che la Russia sta nuovamente bloccando 50 navi cariche di grano nei porti del Mar Nero. Se ripartisse l’infernale spirale,  in una situazione dove già prevalgono i fenomeni speculativi, si rischierebbe un nuovo corto circuito devastante per la nostra economia che sta uscendo a fatica dalla fase d’impennata dei prezzi, come  conferma l’ultima rilevazione Istat di marzo. 

Perché, seguendo un copione già visto, quando si muovono fenomeni speculativi che partano dal gas o dai cereali l’impatto colpisce l’intero sistema. E, visti i dati tutti di segno positivo, sia per quanto riguarda la produzione industriale che le esportazioni, che restano il motore del nostro sistema economico, sarebbe davvero una beffa.

Basta però davvero poco per far sprofondare la situazione mondiale legata ai prezzi dell’energia in primis, ma anche a quelli delle materie prime e, soprattutto, dei beni alimentari, con Paesi del Nord Africa che versano in condizioni di gravi difficoltà aggravate dalla siccità che taglia i raccolti e favorisce le carestie. Ancora una volta la partita è tutta nelle mani dell’Unione europea.


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