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Si aggiunge anche l’Ocse alla lista dei previsori istituzionali “sorpresi” dalla tenuta prima e dalla crescita poi dell’economia italiana, nonostante la sequenza di shock – dalla pandemia alla crisi energetica, dalla guerra in Ucraina alla corsa dell’inflazione – che ha messo dura prova il sistema globale. Così, nel suo Economic Outlook, l’organizzazione con sede a Parigi ha raddoppiato la stima sul Pil mettendo mero su bianco una crescita dell’1,2% nel 2023 (+0,6% nel primo trimestre) rispetto allo 0,6% indicato lo scorso 17 marzo, mentre sul 2024 è invece confermata l’attesa di un più 1%. L’Italia quindi supera le aspettative e anche la media europea che si attesta allo 0,9%, ponendosi di gran lunga davanti alle altre principali economie dell’Eurozona: se la Francia si ferma allo 0,8%, secondo l’organizzazione internazionale, l’economia tedesca segnerà una battuta d’arresto.

«L’Ocse certifica che noi siamo cresciuti più di tutte le altre potenze occidentali. Una volta tanto abbiamo fatto di più e meglio degli altri grandi attori economici», sottolinea il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, aggiungendo che anche «rispetto alla seconda parte dell’anno le stime sono lusinghiere, e questa è una sorpresa perché stanno incentivando gli investimenti nel nostro Paese».

Ma, avverte l’Ocse, per mantenere questa traiettoria è essenziale spingere sul Pnrr: “I ritardi nell’attuazione del Piano di ripresa e resilienza potrebbero ridurre la crescita del Pil”, è l’avvertimento, con la raccomandazione quindi di mettere in campo rapidamente le riforme strutturali e i piani di investimento del Recovery, in modo da “risollevare in modo duraturo il Pil, l’ulteriore vantaggio di esercitare un’ulteriore pressione al ribasso sul rapporto debito/Pil”, rapporto, quest’ultimo, che l’organizzazione vede in discesa al 140,7% nel 2023 – a fronte del 144,3% del 2022 – e 139,4% nel 2024, consigliando  l’adozione di “misure ambiziose” sul fronte della lotta all’inflazione e una revisione completa della spesa per aumentare l’efficienza della spesa pubblica per portarlo su un percorso più sostenibile.

Nel report intanto si evidenzia che “la spesa dei fondi del Ngeu è molto in ritardo rispetto al calendario, con una spesa cumulata alla fine del 2022 inferiore di circa il 50% rispetto ai piani di spesa iniziali”, il che riflette principalmente i ritardi nell’attuazione degli investimenti pubblici. In questo momento quindi, si sostiene, la priorità dovrebbe essere quella di “sostituire rapidamente progetti non fattibili con progetti fattibili e di rafforzare la capacità della pubblica amministrazione di gestire e realizzare i progetti di spesa pubblica previsti dal Pnrr”. Si considera “cruciale” la spesa infrastrutturale per facilitare la transizione digitale e verde, l’espansione dei servizi pubblici di assistenza all’infanzia in età prescolare per promuovere la partecipazione femminile al mercato del lavoro nel contesto di una popolazione in età lavorativa in rapida diminuzione.

Secondo l’Ocse, la crescita sarà “modesta” nei due anni considerati soprattutto se paragonati al +3,8% del 2022 e nonostante il recente calo dei prezzi dell’energia e il previsto rafforzamento della spesa relativa al Next Generation Eu. A pesare sono i “venti contrari” che si abbattono su consumi e investimenti compensati “solo in parte” dal calo dell’inflazione, che in Italia si stima al 6,4% nel 2023 e al 3% nel 2024, confermando sostanzialmente le previsioni dello scorso novembre. Resterà elevata l’inflazione core – esclusa energia, cibo alcol e tabacchi – vista al 5,2% nel 2023 (in precedenza era atteso un calo al 4,3%) e al 3,6% nel 2024 (contro il 3,1% della previsione di novembre). Nel rapporto si rileva poi come il tasso di disoccupazione – dato all’8,1% quest’anno e il prossimo – sia “storicamente basso”, i posti vacanti sono elevati e l’occupazione continua a crescere in modo robusto, nonostante la contrazione della popolazione in età lavorativa. Al “vivace” mercato del lavoro e al calo dei prezzi dell’energia intanto l’Ocse attribuisce il merito della stabilizzazione dei redditi reali delle famiglie a beneficio di una modesta ripresa dei consumi privati nella prima metà del 2023.

Spingendosi oltre i confini nazionali la scena è quella di un’economia che ha cominciato a migliorare – in crescita a livello mondiale del 2,7% quest’anno (era al 3,3% nel 2022), del 2,9% nel 2024 -, ma che resta comunque fragile e incerta, con incognite, a cominciare dalla guerra in Ucraina, e rischi persistenti, come quelli legati alla “tenacia” dell’inflazione core che, secondo gli economisti, manterrà  stretti i cordoni della politica monetaria, con le banche centrali pronte eventualmente a intervenire nuovamente, con un occhio attento a valutare gli effetti ancora incerti dei recenti rialzi dei tassi.


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