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A maggio aumenta il fatturato dell’1,5% sul mese precedente dell’industria agroalimentare: andamento positivo sul mercato interno ed export

Si rimette in marcia il fatturato dell’industria italiana, nonostante la difficile situazione politica ed economica a livello mondiale, con una guerra ancora in corso che, con le ultime mosse del capo del Cremlino Putin (intensificazione degli attacchi e blocco dei corridoi per il grano), rischia di appesantire ancora di più il quadro geopolitico.

Ma l’Italia continua a farcela e a maggio, secondo le rilevazioni dell’Istat pubblicate ieri, il fatturato ha segnato un aumento dell’1,5% con un andamento positivo sia sul mercato interno (+2%), sia su quello estero (+0,6%).

SI RITROVA LO SLANCIO CON UNA CRESCITA RISPETTO AI PERIODI PRECEDENTI

Dopo due cali consecutivi dunque si ritrova lo slancio. Nel trimestre marzo-maggio 2023 c’è stata una flessione dello 0,9% rispetto al trimestre precedente. Su maggio dell’anno precedente il calo si è attestato allo 0,5%. Se si considera il periodo gennaio-maggio rispetto ai primi cinque mesi del 2022 ritroviamo un andamento positivo (+3,1%).

A pesare sulla riduzione su base annuale sono stati i beni intermedi e l’energia, mentre sono aumentati quelli di consumo (+8,4%) e strumentali (+11,5%).
Per quanto riguarda i settori produttivi forte calo per le attività estrattive (-46%), a seguire i prodotti chimici (-19,4%) e legno, carta e stampa (-14%). A guidare la crescita i mezzi da trasporto con un balzo del 28,4%, bene anche i prodotti farmaceutici (+13%), computer, elettronica e industria alimentare (+10,5%). Sull’aumento del fatturato, in particolare dei prodotti alimentari, ha inciso sicuramente la crescita dei prezzi particolarmente pesante per il cibo su cui è scattata un’operazione di contenimento da parte del governo.

L’EXPORT DELL’INDUSTRIA AGROALIMENTARE CRESCE

C’è anche da dire che l’industria agroalimentare trova una spinta dall’export che continua a macinare successi dopo il boom del 2022, quando ha raggiunto quota 61 miliardi. E un ulteriore traino dovrebbe arrivare dal Pnrr. La rimodulazione del piano ha infatti stanziato ulteriori 2,5 miliardi per gli accordi di filiera, la logistica e le misure agricole. “Una risposta importante alle nostre richieste – ha affermato Coldiretti – che contribuirà a salvare la spesa delle famiglie con l’inflazione alimentare all’11%”.

Ma è anche un intervento per sostenere l’intero settore agroalimentare che si trova ad affrontare la doppia sfida dei cambiamenti climatici e dell’impennata dei costi per la guerra in Ucraina. “L’agroalimentare made in Italy – ha dichiarato il presidente Ettore Prandini – ha dimostrato concretamente la propria capacità di saper cogliere l’opportunità del Pnrr con richieste di investimenti superiori alla dotazione e l’incremento dei fondi va nella direzione auspicata di aumentare la produzione in settori cardine della Dieta Mediterranea”.

INDUSTRIA AGROALIMENTARE, EXPORT E CONTRATTI DI FILIERA

Con i contratti di filiera si punta anche a ristabilire una situazione di equilibrio tra i diversi soggetti. Oggi, per esempio, il grano, una delle produzioni strategiche in particolare per il Mezzogiorno, viene pagato – ha ricordato Coldiretti – a un prezzo inferiore del 40% rispetto allo scorso anno. E anche le risorse aggiuntive per la logistica potranno ridurre i costi tenendo conto che nel nostro Paese l’88% delle merci viaggia su strada con oneri proibitivi. Si sta dunque creando un clima che potrebbe favorire un ulteriore slancio del fatturato, cercando almeno all’interno di superare le criticità che comunque restano a livello esterno. L’Italia, infatti, opera in un contesto in cui l’economia anche a livello europeo marcia al rallentatore.

La Commissione europea ha reso noto che l’indice che misura la fiducia nelle prospettive dell’economie ha segnato un calo dello 0,8% nella Ue e dello 0,5% nell’eurozona con un andamento particolarmente negativo per quanto riguarda l’occupazione che invece nel nostro Paese cresce. Dopo l’Istat anche il Report di Bankitalia “Il mercato del lavoro, dati e analisi” con l’Anpal e il ministero del Lavoro ha evidenziato un incremento a maggio e giugno di occupati. Nella prima metà dell’anno sono stati creati 278mila posti di lavoro nel settore privato non agricolo, il 15% in più rispetto allo stesso periodo 2022, + 55% nel confronto con il secondo semestre. Il saldo tra attivazioni e cessazioni – ha precisato lo studio – è stato positivo soprattutto per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato. E questo spiega la maggiore fiducia rilevata in Italia dalla Commissione europea rispetto ai cali significativi di Francia, Germania e Olanda.

LA GRANDE SFIDA RESTA L’INFLAZIONE

Per il nostro Paese oggi la grande sfida resta l’inflazione che continua a erodere il potere di acquisto delle famiglie e rende anche difficile percepire lo sviluppo in atto nel sistema produttivo. Un aiuto al raffreddamento del caro prezzi può arrivare, accanto all’azione del Governo sui beni di largo consumo che pesano maggiormente sui bilanci familiari, dal trend discendente dei prezzi alla produzione dell’industria che a giugno sono calati dello 0,3% sul mese precedente e del 5,5% su base annua. Sul mercato interno – ha spiegato l’Istat – la diminuzione è stata dello 0,4% rispetto a maggio e dell’8,2% su base annua (da -6,8% del mese precedente). Sul mercato estero la flessione è dello 0,1% sul mese precedente, mentre è in rialzo dell’1,1% rispetto al 2022. Nel secondo trimestre 2023, rispetto al trimestre precedente, i prezzi alla produzione dell’industria sono scesi del 7,6% soprattutto sul mercato interno (-10,2%).

A giugno 2023, fra le attività manifatturiere, gli aumenti tendenziali più elevati hanno riguardato i settori computer, prodotti di elettronica e ottica (+8,6% area non euro), industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+8,1% mercato interno), industrie alimentari, bevande e tabacco (+6,3% mercato interno, +5,8% area euro, +8,0% area non euro) e mezzi di trasporto (+8,0% area non euro). Cali tendenziali su tutti e tre i mercati per coke e prodotti petroliferi raffinati (-22,6% mercato interno, -3,9% area euro, -20,9% area non euro), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-6,2% mercato interno, -12,6% area euro, -10,6% area non euro).

Sul mercato interno, si è ampliata ulteriormente la flessione tendenziale dei prezzi per attività estrattive (-47,6%) e fornitura di energia elettrica e gas (-28,4%).

UN NODO ESSENZIALE RESTA IL RUOLO DEI PRODOTTI ENERGETICI

L’Istat nel suo commento ha sottolineato come l’ulteriore riduzione dei prezzi di produzione in calo da gennaio sia dovuto soprattutto ai prodotti energetici.

“Su base annua – si legge nel report – si è accentuata la dinamica negativa iniziata lo scorso aprile”. Si tratta di un segnale importante che potrebbe avere un impatto sui prezzi al consumo, favorendo la frenata di una corsa che già ha segnato rallentamenti negli ultimi mesi, anche se ancora non soddisfacenti.


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