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Il gasdotto Nord Stream 2

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La “guerra fredda” tra la Russia e l’Occidente continua. E accresce le preoccupazioni per la tenuta in prospettiva degli stoccaggi comuni in vista dell’inverno nelle capitali europee.

In Italia la riduzione delle forniture russe è più che compensata dal calo dei consumi, dall’incremento dell’import dall’Algeria e dal gas naturale liquefatto degli Usa, che interessa, però, marginalmente il Paese che ancora non dispone di un numero adeguato di impianti di rigassificazione. Sicché l’eccedenza tra import e consumi è accantonata come riserva strategica e, in parte, prende la via dell’export.

Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani verificherà mercoledì prossimo la situazione degli approvvigionamenti di gas, dopo le riduzioni degli ultimi giorni da parte della Russia. Il Governo, ad ogni modo, ha già predisposto un piano di emergenza che prevede, come rimedio estremo, il razionamento e la riduzione dei consumi. “Bisogna essere rapidi ma non precipitosi” avverte Cingolani.

Ma, con il passare dei giorni, si sta delineando in modo evidente la strategia del Cremlino: mettere il Vecchio Continente in difficoltà e indurlo se non proprio alla revoca, all’alleggerimento delle sanzioni. Al 25° Forum economico internazionale di San Pietroburgo, concluso ieri, il presidente russo, Vladimir Putin del resto è stato chiaro in proposito sostenendo che le sanzioni non hanno danneggiato Mosca e che se i Paesi europei vorranno ancora il gas lo avranno alle condizioni stabilite dai russi e ai prezzi di mercato. Che stanno crescendo proprio per i “tagli” di Mosca: il costo del metano alla borsa di Amsterdam è balzato del 43% in una settimana: da 82,5 a 117,74 euro, con un picco di 134 euro al MWh registrato dopo i nuovi tagli russi. Il petrolio viaggia, invece, nella direzione opposta: il future luglio sul Wti ha ceduto il 5,79% a 110,78 dollari al barile, mentre la consegna agosto sul Brent ha perduto il 5,3% a 113,46 dollari.

I prezzi delle materie prime restano elevati, ma inferiori ai picchi innescati dalla guerra. Cresce, inoltre, la volatilità e la complessità di gestione per le imprese denuncia Assolombarda. Anche l’apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro impatta sui costi di approvvigionamento delle imprese considerato che la maggior parte delle commodities è contrattata in valuta statunitense e che il tasso di cambio ora a 1,04 euro-dollaro era 1,21 a gennaio 2021.

I prezzi delle materie prime della filiera agroalimentare si stanno stabilizzando: il prezzo del frumento è calato del 22%, assestandosi a quota 10,2 euro per bushel (misura di capacità per aridi e liquidi che corrisponde a 35,239 litri), quello del mais del 6% (7,4 euro /bushel)
Il record dei rincari tra i generi alimentari, secondo l’Unione nazionale consumatori, spetta all’olio di girasole (+70,2% rispetto a maggio 2021) e al burro (+23,3%).

Tra i metalli ferrosi, l’acciaio registra una diminuzione del 34% (130 euro a tonnellate) rispetto al picco. Sul fronte dei metalli non ferrosi, il nichel ha parzialmente riassorbito lo shock che aveva determinato la sospensione delle contrattazioni sul London Metal Exchange (-36% dal picco), con un prezzo che si attesta intorno ai 25mila euro per tonnellata (+106,8% su gennaio 2020). Il prezzo dell’alluminio, cresciuto in modo costante fino a marzo, è sceso sotto i livelli di inizio febbraio (2476,6 /Ton, +55,2% rispetto al pre-Covid-19). Il prezzo del rame, infine, si è stabilizzato (+60% rispetto al pre-Covid-19), interrompendo così la lenta crescita degli ultimi mesi (8885,2 €/Ton).


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